THE DOORS omonimo (1°)

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THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Hairless Heart »

“Ladies and gentlemen, from Los Angeles, California: THE DOORS!!!!!”
Così lo speaker annuncia l’entrata in scena della band in una famosa versione live di “Roadhouse blues”…..
Torniamo indietro di qualche anno. Jim Morrison e Ray Manzarek, conosciutisi all’UCLA (l’università di Los Angeles), si reincontrano casualmente sulla spiaggia di Venice. Manzarek suonava l’organo con i fratelli nei Rick and the Ravens; Jim, sino a quel momento dedito alla poesia ed alla cinematografia, gli rivela di avere un immaginario concerto nella sua testa in cui lui sarebbe stato il cantante, e di avere scritto svariate canzoni. Come dicono le biografie (o la leggenda??) comincia ad intonare “Moonlight drive” all’amico, il quale, sorpreso, dice di non aver mai sentito parole come quelle in una canzone rock.
-Come la chiamiamo la band?
-The Doors. Esiste il noto e l’ignoto, in mezzo c’è una porta: io voglio essere quella porta. I wanna be the door….
Tutto è nato da questo episodio. Reclutati prima il batterista John Densmore e successivamente il chitarrista Robby Krieger, iniziano ad arrangiare i pezzi scritti da Morrison, integrandoli con classici blues. I primi due album dei Doors e parte del terzo nascono in questo primissimo periodo.
A digiuno completo di nozioni musicali, Morrison adotta questo sistema: elaborata mentalmente una melodia, non avendo modo di “fissarla” sul pentagramma ci mette subito le parole (magari una delle tante poesie che aveva scritto), queste poteva annotarle e fare in modo di ricordare anche la musica.
L’album “The Doors” esce nel gennaio del 1967, preceduto dal singolo che ne costituisce le prima traccia.

Track no.1: BREAK ON THROUGH (to the other side).



Un brano che è già una dichiarazione programmatica. Sfonda le barriere, irrompi dall’altra parte.
Un invito alla ribellione, un inno alla libertà personale. Ritmicamente la strofa è quasi una bossa-nova, per poi virare verso un rock tiratissimo nel ritornello. Assolo di tastiera di Manzarek che diventerà un marchio di fabbrica. L’inserto strumentale si presterà dal vivo (come molte altre canzoni) ad improvvisazioni sia musicali che recitative di Morrison. Un esempio si trova nel disco “Absolutely live” del 1970.
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Watcher »

Bè, un esordio niente male con questo disco.
A volte mi chiedo cosa ne sarebbe stato degli altri se non ci fosse stato quel genio (pazzoide) di Jim Morrison.
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Progknight94 »

Break on trough to the other side... Break on trough to the other side...

Che Pezzo [smile]
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TRE
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da TRE »

questo è un disco spettacolare. un disco dei sessanta acido e asciutto, senza tutte quelle moine e quegli yeah che la musica degli anni60 dispensavano a iosa.

un poeta capace di vette inarrivabili con le liriche ed al tempo stesso capace di coinvolgere il pubblico nelle sue avventure della mente, e dietro un gruppo compatto e forse un po' troppo sottovalutato.

una miscela esplosiva che, a mio parere, è forse la band che più resiste alle insidie del tempo, quella che risulta più facilmente assimilabile.

il primo pezzo, manco a dirlo, è da 5 stelle
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Hairless Heart
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Hairless Heart »

A quanto pare il disco piace...
Track no.2: SOUL KITCHEN



Il secondo brano è un blues-rock più standard. Qui decisamente la fa da padrone l’organetto lisergico di Manzarek, a partire dall’introduzione, che riproporrà molto simile nel disco successivo per “When the music’s over”(in effetti il suo modus ritmandi è sempre abbastanza ripetitivo e piuttosto facilmente riproducibile, anche da parte di tastierari non così tecnicamente dotati, parlo per esperienza….).



Track no.3: THE CRYSTAL SHIP



E qui, signore e signori, siamo al capolavoro. La voce del futuro “Lizard King”, con il supporto del pianoforte, ci accompagna in un crescendo emotivo di rara intensità. Quattro strofe, inframezzate da un solo dello stesso pianoforte, di pura poesia.
Riporto uno stralcio di una recensione trovata su internet che meglio non potrebbe descrivere il brano:
“L'inquietudine si trasfigura in sogno, in una sorta di dolce dormiveglia. Il canto baritonale di Morrison favoleggia di luoghi surreali e di mondi remoti, nei quali ritrovarsi dopo aver abbattuto ogni barriera ("We'll meet again, we'll meet again"), dopo aver valicato quelle "porte della percezione" che limitano la mente umana. Il disagio e il dolore ("The days are bright and filled with pain") sembrano quasi evaporare in una lenta perdita dei sensi ("Before you slip into unconsciousness/ I'd like to have another kiss"), in un oblio dalle tinte psichedeliche, sublimato da una melodia da incanto e dal crescendo finale del piano”.
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da TRE »

e tutto in soli due minuti e mezzo!!!!!
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Watcher »

Quello che non ho mai capito è chi componeva. I testi sicuramente di Morrison, ma le liriche?
Nei primi due album le firme sono di tutti e quattro, probabilmente per motivi di contratto , ma Light My Fire è totalmente di Krieger. Nel In the Soft Parade le composizioni sono di Krieger per le musiche e Morrison per i testi. Ero convinto che Manzarek fosse più presente nelle composizioni.
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Hairless Heart »

Era lo stesso Morrison a comporre, con il sistema che ho a grandi linee descritto. Certo poi gli altri tre vestivano i pezzi come li conosciamo, e quindi in questo caso è riduttivo parlare di semplice arrangiamento. Altre volte partivano da basi musicali su cui lo sciamano adattava uno dei suoi testi (è il caso, ad es., di Peace frog). Se ci pensiamo, non sempre le linee melodiche dei Doors sono così elaborate, a volte sono poco più di un recitato.
In un certo senso, non hanno cambiato poi tanto metodo di lavoro per il discusso "An american prayer".
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Hairless Heart »

Track no.4: TWENTIETH CENTURY FOX



Di nuovo un blues-rock, qui introdotto dalla chitarra di Krieger. Il bridge che precede il ritornello è costituito da una sequenza di accordi ribattuti che sono un’altra caratteristica dei Doors (li ritroveremo, ad esempio, nel brano “Strange days” ed in “The unknown soldier”).
L’atmosfera è comunque più leggera, e qui ben s’inserisce la descrizione di una stella del cinema fatale e fredda allo stesso tempo.



Track no.5: ALABAMA SONG (whisky bar)



Quasi un pezzo di cabaret, opera del duo Kurt Weill-Bertold Brecht. “Indicami dove si trova il prossimo whisky-bar”, parole che avrebbero potuto essere state scritte dallo stesso Morrison, che non era esattamente astemio. Un pezzo reinterpretato in seguito anche da David Bowie.
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da TRE »

è un pezzo che ci sta proprio bene nel disco. sembra divertente ma ha un retrogusto "malato".
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Hairless Heart »

Track no.6: LIGHT MY FIRE



Probabilmente la canzone in assoluto più famosa dei Doors, sicuramente la più coverizzata (ce ne fosse uno che non l’abbia stravolta e strarovinata). Uno dei grandi controsensi della storia del rock: i Doors famosi per la figura di Jim Morrison che scrive quasi tutte le canzoni, Light my fire la loro canzone più famosa, che però non è di Jim Morrison, ma del chitarrista Robby Krieger (di Morrison sono solo le parole della seconda strofa). Anche Manzarek ci mette del suo, aggiungendoci un inizio tra il circense ed il carnascialesco, dal quale parte la prima strofa:
-You know that it would be untrue
You know that I would be a liar
If I was to say to you
Girl, we couldn't get much higher



E siamo al ritornello, semplice e diretto, che farà la fortuna del pezzo:
-Come on baby, light my fire
Come on baby, light my fire
Try to set the night on fire.


La seconda strofa è, come detto, opera di Morrison, e si sente, dal tono molto più cupo:
-The time to hesitate is through
No time to wallow in the mire
Try now we can only lose
And our love become a funeral pyre.


Dopo il secondo ritornello la band da il via ad una sezione con due lunghi assoli, il primo di organo, il secondo di chitarra elettrica, sulla base di un ritmo ipnotico con due accordi che si susseguono instancabilmente (La- e Si-, per la precisione). Dal vivo, in questa sezione ci buttano dentro di tutto, a volte spezzoni di brani anche inediti, in alcuni casi persino la gershwiniana Summertime.
Alla fine degli assoli, il Manzarek circense introduce di nuovo le due strofe, stavolta in ordine inverso, e con il ritornello conclusivo leggermente variato. Il brano termina così come era iniziato, con il giro di organetto.
Nelle apparizioni televisive, che iniziavano a fioccare, i Doors proponevano Light my fire in versione… “light”, cioè priva della sezione centrale strumentale. Simpatico l’aneddoto riguardante l’Ed Sullivan show. Prima dell’esibizione, alla band fu richiesto di modificare la frase “Girl, we couldn't get much higher”: non si poteva dire in televisione! I Doors acconsentirono, o almeno così fecero credere ai produttori. Nelle prove Jim cantò una frase sostitutiva, mentre in diretta tv cantò quella originale: il regista andò su tutte le furie….e naturalmente non ci furono più esibizioni in quello show.
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Hairless Heart »

Track no.7: BACKDOOR MAN



Secondo ed ultimo brano non originale dell’album, un bel bluesaccio di quelli tosti, sembra fatto apposta per la voce roca di Jim Morrison. Dal vivo la eseguivano spesso, anche come apertura del concerto.


Track no.8: I LOOKED AT YOU



Forse il pezzo più debole di “The Doors”, un blues-rock veloce non particolarmente attraente, anche se la scalata di accordi nella seconda parte del ritornello non è poi così male.
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Harold Barrel »

Hairless Heart ha scritto: Track no.8: I LOOKED AT YOU
Forse il pezzo più debole di “The Doors”, un blues-rock veloce non particolarmente attraente, anche se la scalata di accordi nella seconda parte del ritornello non è poi così male.
Questo brano mi ha sempre fatto sorridere, credo per la semplicità estrema del testo, che oserei definire beatlesiana (e qui gli animi si infiammano [smile] )
L'album di cui si sta parlando è certamente un grande capolavoro, ma come tutti i grandi capolavori, ha dei punti deboli. Però a mio avviso una canzoncina così, tra tanti gioielli, ci può stare.
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Hairless Heart »

che oserei definire beatlesiana (e qui gli animi si infiammano)
Ma no, ti ho solo bucato tutte e tre le ruote della bici. [smile]

Track no.9: END OF THE NIGHT



L’atmosfera si fa tetra e pesante con questo lento. Qui è la chitarra di Krieger in primo piano, distorta e “svisata” al limite della scordatura nell’assolo.


Track no.10: TAKE IT AS IT COMES



Uno dei pezzi che preferisco del disco. Un bel rock-blues veloce, dal ritornello molto sixties e con uno dei migliori assoli (brevi) di Manzarek.
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Harold Barrel »

Hairless Heart ha scritto:
che oserei definire beatlesiana (e qui gli animi si infiammano)
Ma no, ti ho solo bucato tutte e tre le ruote della bici. [smile]
Non arrabbiarti, Hairless. Ovviamente mi riferivo alla primissima produzione dei Beatles, canzoni del tipo "Io amo te e tu ami me". (produzione che, tra l'altro, non disprezzo)
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Hairless Heart »

Dai che scherzavo! ;)
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Hairless Heart »

Track no.11: THE END



Qui i Doors si consegnano direttamente alla leggenda, dopo un solo album inciso. Musicalmente hanno fatto di meglio, ma le emozioni che sa provocare l’ascolto (e magari la visione, per questo ne propongo una versione live estesa) di The end, hanno pochi eguali nel rock.
Era partita come una canzone sulla fine di un amore, successivi aggiustamenti ed aggiunte l’hanno portata ad una durata di quasi 12 minuti.

Questa è la fine, bella amica.
Questa è la fine, mia unica amica. (La fine).
Dei nostri elaborati progetti. (La fine).
Di tutto ciò che sopravvive. (La fine).
Nessuna salvezza o sorpresa. (La fine).
Non guarderò mai più dentro i tuoi occhi.


L’accompagnamento alla voce è essenzialmente un arpeggio di chitarra indian-style, ripetuto ossessivamente, con variazioni di umore sottolineati dall’organo e dalla batteria.
La prima volta che Morrison propose live il testo integrale (al Whiskey a Go-Go di Los Angeles), fu una sorpresa anche per il resto della band, che assecondava in tempo reale il recitato del cantante.
L’ampia sezione centrale del brano è una lunga litania, con il Morrison recitante ed i tre musicisti che insistono nel ricamare nello stesso accordo. Un incubo musicale, un vortice ossessivo. O come l’ha sapientemente definito qualcuno, una cottura a fuoco lento. Sino ad arrivare al punto focale, che sarà meglio proporre in lingua originale:

The killer awoke before dawn
He put his boots on
He took a face from the ancient gallery
And he walked on down the hall
He went into the room where his sister lived
And then he paid a visit to his brother
And then he walked on down the hall
And he came to a door
And he looked inside
Father….
Yes son?
I want to kill you!
Mother, I want to……FUCK YOU!!!!!!!!



La riproposizione del complesso di Edipo, mai azzardata sino ad allora in ambito rock’n’roll!!
Molto si è detto e scritto su queste parole di Morrison, una spiegazione pare averla data lo stesso cantante:
“Uccidi tuo padre” significa uccidi tutte le cose dentro di te che ti sono state inculcate e non sono davvero tue .“Sc..a tua madre” è molto elementare: ritorna all’essenza.
Sarà, ma eviterei di dirlo a casa a babbo e mammina….

Dopo un breve ritorno alla calma per pochi versi, parte quella che sembra una danza tribale (ben rappresentata sul palco da Morrison), infine il brano ritorna alla melodia iniziale, arriva finalmente la seconda strofa.

Questa è la fine, bella amica.
Questa è la fine, mia unica amica. La fine.
Mi fa male liberarti
Ma tanto non mi seguiresti mai
La fine delle risate e delle bugie innocue
La fine delle notti in cui tentammo di morire
Questa è proprio la FINE
.

Come molti sapranno, il brano è stato inserito nel film Apocalypse now di Francis Ford Coppola. Quest’ultimo e Morrison si erano conosciuti all’UCLA.


In ultima analisi, “The Doors” è sicuramente uno dei dischi d’esordio più folgoranti della storia del rock, vi possiamo accostare le opere prime di Hendrix, Velvet Underground, King Crimson e pochi altri. Certo in questo campo Beatles, Stones e Genesis non possono competere.

Più in generale, parlando della band: fu vera gloria? I puristi del rock e del blues storcono il naso, vista l’assenza di uno strumento basilare quale il basso elettrico (quasi sempre presente in studio di registrazione, sostituito da un’apposita tastiera suonata da Ray Manzarek nei concerti).
E poi: fu Morrison fortunato a trovare tre musicisti così eterogenei e preparati (anche se non futilmente virtuosi) che mettessero in musica così mirabilmente i suoi deliri, o piuttosto fu lui a portare tre strumentisti ad un successo che altrimenti non avrebbero mai raggiunto? I risultati dei due albums pubblicati dopo la sua morte (presunta???....ma qui si aprirebbe un altro capitolo…..) paiono avvalorare la seconda ipotesi.
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mario62
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da mario62 »

Complimenti per la recensione, Hairless, che ho seguito man mano che la scrivevi. I Doors sono il mio gruppo Rock preferito e devo dire che questo disco mi ha cambiato la vita. Come dicevi tu, un esordio come pochi, anzi pochissimi: in questo album non c'è una sola canzone che non mi piaccia.

The End è un capolavoro assoluto. Un brano assolutamente immortale: è terrificante, psichedelica. Sembra scavare dentro di te, mentre l'ascolti.
Francis Ford Coppola non poteva fare una scelta migliore.
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Watcher »

Sì, con The End, nel vero senso della parola, hai chiuso una bellissima recensione. 8-)
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Re: THE DOORS omonimo (1°)

Messaggio da Hairless Heart »

Grazie ad entrambi tutti e due. ;)

Mario62, ti aspettavo... avevo il sospetto che avresti apprezzato la scelta del disco. [smile]
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