Peter Gabriel (intervista)
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Peter Gabriel (intervista)
Tutto in fondo, comincia e finisce con i suoi figli. Nel 1974 fu la primogenita Anna, che a pochi giorni di vita aveva contratto una grave infezione, la principale causa di dissidio tra Peter Gabriel e gli altri componenti dei leggendari Genesis. «Mi accusavano, tra l'altro, di non avere più tempo per il gruppo, finchè ne uscii. Lei, del resto, veniva prima di ogni altra cosa», mi racconta oggi questo gigante della musica, da molti considerato il più grande genio del nostro tempo. Calma Zen e umorismo british, vita professionale equamente divisa tra successo e impegno umanitario, in quella personale i figli sono il metro e la misura di ogni cosa. Nasconde con disinvoltura il sovrappeso tra le pieghe degli abiti e non distoglie neanche per un attimo il suo sguardo dal mio. Nel suo nuovo album, New Blood, reinterpreta hit del passato con un'orchestra e - stravolgendo i dogmi del pop - senza chitarra né batteria. Il risultato lascia senza fiato. «Ci ho ragionato sopra parecchio: essendo un batterista fallito, il ritmo per me è una faccenda delicata», mi spiega con modestia. Con lui canta la sua seconda figlia, Melanie. E Anna? «Gira documentari sui miei concerti.
Nepotismo galoppante», (ride).
Sta scherzando, ma solo fino a un certo punto.
Non c'è nulla di male in questo, credo. A quanti figli capita di aiutare i genitori nell'attività di famiglia, come un bar o un ristorante?
A molti. Ma in genere il loro padre non è amico di Nelson Mandela. Né ha vinto un Polar, il Nobel della musica.
Capisco quel che vuol dire. Non è facile crescere costantemente all'ombra di qualcuno. E’ bello avere un genitore famoso finché sei piccolo: tutti vogliono venire a casa tua a giocare, gli amici di papà sono molto cool. Poi cresci e la gente comincia ad avere pregiudizi nei tuoi confronti: se sei “figlio di”, qualcuno ti fa sempre la tara addosso. Il punto di partenza e che non vali nulla, scoprire chi sei e quel che vuoi ti costa fatica doppia. Ma dopo tanti anni - e tanti errori - finalmente ho la sensazione che le mie figlie abbiano trovato la loro strada.
E i "nuovi" figli? È diventato padre due volte quand'era molto giovane e poi altre due volte nell'ultimo decennio, grazie al suo secondo matrimonio.
Un'esperienza massacrante ma anche un'opportunita straordinaria, La nascita di Isaac, nel 2002, mi ha aiutato a uscire dalla depressione. Essendomi separato dalla loro mamma, con le figlie grandi sono stato un triste «papa da weekend». E la mia priorità oggi non è il successo personale, ma il benessere dei bambini. Quando devo portare Isaac a scuola, pazienza se arrivo tardi alle prove. Con le mie prime figlie non l'avrei fatto. Rispetto a quand’ero giovane, poi, ho molto più tempo e più energie emotive.
Che compensano la mancanza di quelle fisiche?
Forse, In parte. Il vantaggio di diventare genitore a quasi sessant'anni è che sei molto più bravo a fare il muro.
Prego?
I bambini hanno bisogno di un muro contro cui andare a sbattere. E tu, da genitore, devi restare fermo. Il trucco non e spostarsi per schivare il colpo ma farsi appena più morbidi per assorbire la botta. L'ho capito col tempo, è una delle ragioni per cui sono felice di essere invecchiato. Certo, dall'altro lato mi infastidisce non riuscire più a inseguire un pallone in un prato.
Com'è cambiato, negli anni, il suo rapporto con la voce?
Domanda in parte imbarazzante. Come tutte le cose, ehm, nel tempo anche la voce tende a scivolare verso terra. La mia non fa eccezione: per il disco ho dovuto in parte usare il falsetto, in parte rifare le canzoni abbassandole di un tono. A voler vedere il lato positivo della cosa, oggi sono un dio delle note basse. E mi vengono in mente Bob Dylan e Leonard Cohen, che con la loro voce hanno fatto più da vecchi che da giovani.
Ha ricantato anche canzoni molto personali. Come Digging in the dirt, sull'importanza dello "scavare nella sporcizia" per salvarsi.
In effetti può aiutare. Bisogna tuffarsi, senza paura di spezzarsi le unghie né di quel che si scoprirà. Un'altra cosa che ho capito in questi anni è che quando hai un mostro che ti vive dentro, se lo tieni chiuso al buio si rafforza. Se invece apri le finestre e fai entrare la luce, s'indebolisce.
Negli anni ha imparato un sacco di cose, a quanto pare.
Sa com'è, non è che la vecchiaia in sé offra tanti vantaggi. Però sono meno attento di prima all'aspetto fisico e il giudizio degli altri m'importa molto poco. E sono diventato più coraggioso, al punto di fare un disco fuori dagli schemi, come questo. Mi fa sentire più vulnerabile ed esposto che mai, ma riesco a sopportarlo.
Un altro vecchio pezzo che compare in scaletta è lntruder, che parla di una violenza sessuale. Una scelta solo artistica o anche simbolica?
Preferisco non darle una risposta univoca. Se l'ascolto di questa nuova versione le comunica un senso d'urgenza e di inquietudine, vuol dire che ho colto nel segno. In generale, il tema dell'aggressione e dell”intrusione nella vita altrui mi affascina e mi preoccupa. Da padre le rispondo invece che la mia paura è che i ragazzi scoprano la violenza, non certo il sesso. Anche se lo stupro, purtroppo, mette assieme le due cose. Di recente sono arrivato a capire i meccanismi per cui alcuni giovani sono attratti dal fondamentalismo islamico: promette una vita pura e retta, anche se non è il tipo di vita che sceglierei.
Per molti anni, invece, ha praticato yoga e meditazione.
Da quando ho avuto gli ultimi bambini, nell'ultimo decennio, ho smesso di fare yoga perché mi portava via troppo tempo. Ma l'altro giorno stavo giocando a ping pong, mi sono girato all'improvviso e ho sentito un crack! alla schiena. E lo yoga, indovini un po', è l'unica cosa che riesce a farmelo passare.
Forse il suo corpo le sta dicendo qualcosa.
(Ride) Sì, ma sono anche molto bravo a non ascoltarlo se ho qualcosa di più importante da fare.
Per esempio, cantare? Laurie Anderson ha raccontato che una volta si addormentò in sala di registrazione.
Avevamo solo tre giorni per incidere un pezzo assieme. Non era previsto che dormissimo, non c'era tempo. lo ero seduto su uno sgabello, davanti al microfono, a provare. Lei nella stanza accanto sentì che la mia voce a un certo punto era diventata strana, sognante. Venne da me e si accorse che mi ero addormentato, ma continuavo a cantare.
Ligio al dovere.
In realtà non troppo, Non sono mai stato il secchione che fa bene tutti i compitini. Piuttosto, mi definisco un cantante emozionale: ho sempre seguito il mio cuore e il mio naso, e ho fatto viaggi molto interessanti. Sono stato bravo a capire quand’era il momento di lasciarsi andare e perdere completamente il controllo.
Erano anni di grandi sperimentazioni. Che rapporto avevo con le droghe?
Di scetticismo: di mio, facevo sogni molto vividi, corne oggi mio figlio di nove anni, e non avevo nessun desiderio di amplificarli. Una volta ho mangiato una torta all'hashish e sono tornato a casa a piedi, barcollando: in mano tenevo un registratore su cui, pensavo nel mio delirio, mi sarebbe piaciuto registrare le mie ultime volontà. Invece sono caduto in un fosso e ho inciso solo parolacce. Quando sono tornato a casa, tutto graffiato e sanguinante ma sempre con il registratore in mano, mia moglie pensava che avessi avuto un incidente stradale.
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Re: Peter Gabriel (intervista)
ma continua?
Re: Peter Gabriel (intervista)
No, finisce così, col Peter tutto insanguinato.
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Re: Peter Gabriel (intervista)
lo amo.
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Re: Peter Gabriel (intervista)
...........Come tutte le cose, ehm, nel tempo anche la voce tende a scivolare verso terra.
Re: Peter Gabriel (intervista)
Non so che pensare di Peter... Secondo me è un gran mascalzone...
Per quanto riguarda la voce che scivola in basso, credo che non si riferisse ad un abbassamento di qualità, ma, come dice dopo, ad un abbassamento dell'estensione vocale, caro Progknight.
Per quanto riguarda la voce che scivola in basso, credo che non si riferisse ad un abbassamento di qualità, ma, come dice dopo, ad un abbassamento dell'estensione vocale, caro Progknight.
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Re: Peter Gabriel (intervista)
Dicasi doppio senso invece chi ha orecchie...
Re: Peter Gabriel (intervista)
io lo ho sentito dal vivo e la sua voce è più bella che mai
piena di forza e sentimento
più anziana, ma ancora più mistica
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Re: Peter Gabriel (intervista)
Scusate, ho letto male io o in basso a sinistra c'è scritto '62 anni'. Non ne ha 61?
Secondo di New York: lasso di tempo che intercorre tra quando scatta il verde e il tassista dietro di voi comincia a suonarvi il clacson
La vita è uno stato mentale
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Re: Peter Gabriel (intervista)
Si legge male ma è scritto 61, ho controllato con la rivista.
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Re: Peter Gabriel (intervista)
meglio così. ormai, di "quei" genesis, la proprietà, anche se solo morale, è solo nostra e di chi con noi li ha amati e li ama.
per il resto, sul discorso personale del triste "papà da week-end, ricordo all'epoca un'intervista su mtv ripresa dall'allora videomusic) in cui affermava di essersi divertito alla grande e di essere stato un grandissimo amatore.
Come musicista, è qualcosa di oltre. come persona, come tutti, ha un armadio pieno di scheletri che neanche Jurassic park...
per il resto, sul discorso personale del triste "papà da week-end, ricordo all'epoca un'intervista su mtv ripresa dall'allora videomusic) in cui affermava di essersi divertito alla grande e di essere stato un grandissimo amatore.
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Re: Peter Gabriel (intervista)
Come tutti chi?Henry Hamilton ha scritto:Come persona, come tutti, ha un armadio pieno di scheletri che neanche Jurassic park...
Missà che quegli scheletri di là non li smuove nessuno. Peccato.
« La vita è la palingenetica obliterazione dell’io trascendentale che s’infutura nell’archetipo prototipo dell’autocoscienza cosmica. »
Ettore Petrolini
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