THE ALAN PARSONS PROJECT: Tales of mystery and imagination - Edgar Allan Poe

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Il mago di Floz
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THE ALAN PARSONS PROJECT: Tales of mystery and imagination - Edgar Allan Poe

Messaggio da Il mago di Floz »

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"L'orologio batté la mezzanotte e, mentre dormivo, sentii bussare alla mia porta.
Guardai, ma nel buio non vidi nulla; così mi volsi per rientrare.
Con mio grande stupore, mi trovai davanti un corvo, la cui ombra era sospesa sopra alla porta.
Fu allora che, nel silenzio, esso pronunciò quell'unica parola che io dovrò udire per l'eternità."


Alan Parsons, nato a Londra nel 1949, ha sempre avuto due passioni: la musica e la tecnologia che ad essa può essere applicata.
L’alternanza di questi due fattori, il modo in cui si sono intrecciati nella sua formazione prima e nella sua produzione musicale poi, è storia relativamente nota: da bambino imparare a suonare diversi strumenti, ma sente che la sua strada è nella tecnologia: finiti gli studi, nel giro di pochi anni entra nel ramo di produzione di nastri magnetici.
Come per tantissimi in quegli anni, la folgorazione avviene ascoltando i Beatles: decide di voler lavorare presso gli studi di Abbey Road, al punto di accettare di cominciare come fattorino.
Il giovane Alan non ci mette comunque molto a mettere in luce le sue doti, al punto che collabora già agli ultimi lavori del quartetto di Liverpool; seguono tre anni di collaborazioni varie (su tutte quella coi Wings del fedele Paul McCartney), finché non arriva il 1973, e con esso il misero compenso – trentacinque sterline a settimana – elargitogli dai Pink Floyd per le sue intuizioni sonore che contribuiscono a fare di The dark side of the Moon uno dei più grandi successi di ogni tempo.

Parsons continua la sua carriera di tecnico del suono fino all'incontro con Eric Woolfson, manager ed ex politico peraltro dotato di una voce cristallina, e con Andrew Powell, direttore d’orchestra, compositore – sua la colonna sonora di Ladyhawke – e produttore – tra l’altro dei primi album di Kate Bush. I tre decidono di lanciarsi in un progetto musicale che possa fondere tematiche concettuali, orchestra e tecnologie innovative su di una solida matrice pop-rock.

Mentre Powell si dedica ad arrangiamenti e orchestrazioni, il duo Parsons/Woolfson scrive e compone. Entrambi sono peraltro validi polistrumentisti, ma capiscono di aver bisogno di uno zoccolo duro di musicisti di professione: vengono quindi ingaggiati il chitarrista Ian Bairnson, il bassista David Paton (sebbene nell'album d'esordio in taluni brani il basso sia suonato da Joe Puerta, con Paton che imbraccia la chitarra) ed il batterista Stuart Tosh.
(Nel 1978 Tosh sarà sostituito da Stuart Elliott in quella che, da quel momento, sarà sostanzialmente la band base dell'intera vicenda musicale del progetto. I tre, peraltro, sono apprezzati turnisti dalle mille collaborazioni: in particolare Paton si è messo in luce con Elton John, Fish, Wakeman e coi Camel, mentre Elliott e Bairnson – tra le altre, numerose collaborazioni - vantano quelle per il già citato debutto di Kate Bush: proprio di Bairnson è il celebre assolo che chiude la stupenda Wuthering Heights.)

A questa formazione base, nel corso degli undici anni di vita del progetto, si uniranno di volta in volta famosi musicisti (ad esempio, negli anni ottanta, il fiatista Mel Collins) e cantanti, questi ultimi scelti di volta in volta a seconda di quello che ogni brano vuole rappresentare (pare che Parsons facesse eseguire ogni canzone ad almeno due diversi artisti, per poi scegliere – in fase di produzione – quale versione inserire negli album). Nei dieci lavori che – dal 1976 al 1987 – portano la sigla del progetto di Alan Parsons si ascoltano, tra gli altri, gli stessi Eric Woolfson e David Paton, i fedeli Chris Rainbow (voce di alcune delle pagine più dolci e melodiche del Parsons autore) e Lenny Zakatek, Gary Brooker dei Procol Harum, John Miles (il cantante della celeberrima, splendida Music), e Clare Torry, interprete di The great gig in the sky, cuore del citato album dei Pink Floyd.

Nel 1976, dopo una lunga gestazione, esce Tales of Mystery and Imagination - Edgar Allan Poe , il più acerbo e forse il più meraviglioso dei dieci album del progetto.
Ogni traccia dell’album d'esordio del progetto è ispirata ad un racconto dello scrittore E.A. Poe (1809-1849), pilastro della letteratura nera, considerato peraltro l’inventore del genere poliziesco.
Dello scrittore statunitense l’album manifesta le evidenti, oscure venature gotiche, ottenute grazie a claustrofobici incastri strumentali e vocali e sfruttando – e talvolta ampliando – le possibilità tecnologiche dell’epoca.

L’idea originale di Parsons e di Woolfson prevede un’introduzione recitata: i due pensano al regista Orson Welles che, senza peraltro mai incontrarli di persona, registra la sua voce e spedisce i nastri – probabilmente troppo tardi. I nastri, insieme ad un paio di assoli di Ian Bairnson esclusi dall’edizione originale in vinile, verrano sovraincisi alle tracce proprio occasione della - curatissima - rimasterizzazione su cd del 1987 ("Penso che Poe, affascinato dall'idea della resurrezione, avrebbe approvato queste aggiunte", ipotizza Parsons nelle note del CD). In questa recensione si parla proprio di questa versione dell’album.

“E così ho catturato questa fantasia, dove tutto ciò che noi vediamo, o che ci sembra di vedere, non è che un sogno dentro un sogno”

Un crescendo strumentale accompagna le parole di Orson Welles fino a sfociare nel liquido tema pulsante ben presto scandito dalla batteria; A dream within a dream, il brano con cui apre l’album, è una strumentale di grande fascino, dominata da un secondo crescendo, questa volta molto più intenso e retto dalla chitarra, che tuttavia si affievolisce proprio nel momento culminante. Il cambio d’atmosfera è sottolineato dai rapidi colpi di timpani che introducono il primo capolavoro dell’album, The raven.
Si tratta di un brano di grande angoscia, giocato non tanto sulla frenesia musicale – ritornello a parte è anzi piuttosto pacato – quanto sull’ineluttabilità e nei toni della sofferenza descritta; fondamentale, in questo senso, il ruolo della Bob Howes and the English chorale orchestra, diretti da Powell.

“Allora, nel silenzio, disse quell’unica parola che dovrò sentire per l’eternità: mai più. Così disse il corvo: mai più!”

Prima dell’ossessivo echeggiare di questa parola (in inglese, nevermore), il brano raggiunge il culmine emotivo con l’assolo di Bairnson, decisamente inquietante e peraltro non presente nell’edizione originaria in vinile. La canzone, come detto meravigliosa, è da segnalare anche per altri due motivi: è uno dei rarissimi brani del progetto cui presta la voce lo stesso Alan Parsons (oltre a Leonard Whiting) ed è in assoluto il primo brano rock caratterizzato dall’utilizzo del vocoder per la distorsione vocale. VI è inoltre una seconda batteria (suonata da Burleigh Drummond).

Più nervosa nel suo alternare furia vocale e placidità strumentale è invece The Tell-tale heart, variopinto mosaico che vede al microfono Arthur Brown (quello del suo pazzo mondo) e Jack Harris. Nel brano, di non facile descrizione, si ascoltano sfuriate corali e momenti di inquieta tranquillità sorretti da una ritmica inquieta; è presente un altro efficace assolo di chitarra inserito solo a seguito della rimasterizzazione.

“Ho visto molte cose all’inferno; ma il suo occhi d’avvoltoio di un freddo, pallido azzuro è l’occhio del diavolo stesso. Portatemi via, ora; ma lasciate che il silenzio anneghi il battito del suo cuore.”)

Accordi di pianoforte e delicate trame di archi introducono la bella voce di John Miles nella melodica e irrequieta The cask of Amontillado, che - dietro ad un rassicurante bicchiere di vino al riparo dalla neve - cova malcelati desideri di vendetta.

“Che prezzo ha la corona di un re sul suo trono, quando si è incatenati nel buio, da soli? […] Una parte di te muore ogni giorno che passa: sentirai la tua vita scivolare via."

Musicalmente è un altro brano splendido, caratterizzato da strofe solenni, da uno splendido controcanto nel ritornello e da una breve coda per band, coro e orchestra che sfocia nella confusione fieristica che introduce (The system of) Doctor Tarr and professor Fether. Il brano che chiude la prima facciata del vinile originario è un tirato rock che racconta dei poco affidabili metodi proposti dai due altisonanti - e stravaganti - signori per la cura dei malati mentali ("Trova la fine dell'arcobaleno, vola ovunque i venti soffino, ridi della vita come se fosse un baraccone: tutto quello che ti serve per sentirti meglio - completa soddisfazione garantita dal dottor Tarr e dal professor Fether."); al microfono ci sono ancora John Miles e Jack Harris. La rimasterizzazione ha arricchito - ed impreziosito - il brano di uno strepitoso organo a canne, suonato dallo stesso Parsons.

Ma è tempo di girare il vinile (perlomeno metaforicamente) e di essere assorbiti dalla straordinaria strumentale The fall of the house of Usher. Introdotta da un altro recitato di Orson Welles, la suite si compone di cinque parti, tre delle quali orchestrali.
Prelude è una lunga (sette minuti), emozionante ed oscura introduzione, in grado di generare sentimenti irrequieti e tenebrosi culminanti dapprima nelle grida degli archi e poi in un improvviso temporale. (Occorre aggiungere - come si legge nelle note del CD e a differenza di quanto si crede - che la versione originale dell'album non utilizza quasi per nulla gli allora nuovi sintetizzatori: il loro utilizzo è riservato esclusivamente alla creazione del vento che apre Arrival. Tutti i suoni sintetizzati - peraltro mai invasivi - che si sentono nelle tracce sono stati aggiunti in fase di rimasterizzazione.)
Dal canto suo, il secondo movimento è un bellissimo brano suonato dalla band e retto da un prezioso organo che mantiene vivi i sentimenti agitati del preludio; e se l'Intermezzoè un brevissimo intervento orchestrale volto ad incrementare ulteriormente l'angoscia, la successiva, splendida Pavane è una cristallina, illusoria liberazione dalla sofferenza affidata al suono del mandolino, del clavicembalo e del salterio, ben presto risucchiato da una batteria irrequieta e dai lamenti dell'organo (qui suonato da Powell) nella disperazione, nell'urlo orchestrale di Fall. Non c'è più melodia, non c'è più armonia, non c'è più vitalità: solo una desolata cacofonia. Capolavoro.

Sembra finita; e invece quel grido dell'orchestra, come in un'incanto, diviene un ammaliante arpeggio di chitarra in un mare di suoni celesti.
To one in Paradise è una stupenda ballata, ora eterea, ora dal suono pieno, impreziosita dal soave coro che incornicia la voce di Terry Sylvester e guida il brano verso una conclusione melodica, ariosa, potenzialente inifinita, splendida. Chiude il brano - e l'album - la narrazione di Leonard Whiting (questa sì presente nel vinile originale).

"Io credevo nei miei sogni; niente ha potuto farmi cambiare idea, finché non ho capito cosa essi significhino: niente mi può salvare, ora."

Allo strepitoso disco d’esordio seguiranno altri nove album usciti a nome del progetto (poi Alan Parsons ed Eric Woolfson intraprenderanno le rispettive carriere solistiche, entrambi garantendo comunque continuità qualitativa e tematica alle idee del progetto stesso.)
Dopo Tales of mystery and imagination - Edgar Allan Poe, la crescita passerà per ottimi lavori caratterizzati da una chiara idea concettuale di fondo e da tinte talvolta oscure, talvolta epiche: I robot, considerato una pietra miliare della musica elettronica; Pyramid, Eve e The turn of a friendly card; il successo commerciale – clamoroso – arriverà nei primi anni ottanta, con il celeberrimo Eye in the sky e verrà mantenuto anche grazie all'utilizzo delle composizioni strumentali del progetto in sigle, colonne sonore ed eventi sportivi i più disparati. Negli anni ottanta il progetto virerà verso una formula via via più semplice, ma senza mai penalizzare raffinatezza compositiva, qualità d’incisione e resa sonora – e senza che vi sia un solo album scevro da almeno una canzone che possa essere considerata magari non un capolavoro, ma quantomeno un grandissimo brano.

Il vertice della loro produzione, tuttavia, probabilmente è proprio quel primo lavoro, ingenuo e tremendamente ambizioso, affascinante ed oscuro come colui che – fin dal titolo – l’ha ispirato.
Tales of mystery and imaginations - Edgar Alla Poe, peraltro, ha un ideale seguito nel bellissmo Poe: More Tales of Mystery and Imagination (2003) del povero Eric Woolfson, purtroppo scomparso nel dicembre del 2009.

“And all my days are trances,
and all my nightly dreams
are where thy dark eye glances
and where thy footstep gleams;
In what ethereal dances,
by what eternal streams.”




La dedica è a mio padre, che il progetto di Alan Parsons me l'ha fatto adorare.

La copertina riportata è quella dell'edizione originaria in vinile.
Chi fosse interessato, qui può ascoltare il lato A ed il lato B dell'edizione originaria del 1976.
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dario m
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Re: THE ALAN PARSONS PROJECT: Tales of mystery and imagination - Edgar Allan Poe

Messaggio da dario m »

tutti belli i dischi degli alan parsons project, gaudi (dell'87) così così ma da avere lo stesso. complimenti per la recensione, concept strepitoso, probabilmente il disco più complesso che hanno fatto, anche se per niente ostico
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Hairless Heart
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Re: THE ALAN PARSONS PROJECT: Tales of mystery and imagination - Edgar Allan Poe

Messaggio da Hairless Heart »

Personalmente Gaudi lo preferisco sia a Stereotomy che a Vulture Culture.
Comunque mi associo nel complimentarmi col Mago.
-Non ci sono più le mezze stagioni.
-Si stava meglio quando si stava peggio.
-Band on the Run è troppo bassa.
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Il mago di Floz
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Re: THE ALAN PARSONS PROJECT: Tales of mystery and imagination - Edgar Allan Poe

Messaggio da Il mago di Floz »

Grazie a entrambi. :-)
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