MIKE OLDFIELD

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FIVE MILES OUT (1982)

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E’ stata una disavventura a bordo del proprio velivolo personale ad ispirare copertina, titolo e contenuti del nuovo disco di Mike Oldfield, uscito nel marzo del 1982. Un disco che è la naturale prosecuzione del precedente QE2, del quale riprende anche alcuni temi riarrangiandoli. Il folk è corroborato da una massiccia presenza di chitarra elettrica suonata in modo “rock”, a tratti quasi metal. Ormai l’artista ha un suo gruppo di lavoro ben definito (quello del tour precedente), gruppo che contribuisce in qualche modo anche sotto il profilo della composizione e degli arrangiamenti (due brani, Family man e Orabidoo sono accreditati ad Oldfield / Cross / Fenn / Frye / Reilly / Pert).
Five Miles Out è strutturato in un modo che Oldfield riprenderà per alcuni album a venire, e cioè una lunga suite in un lato e canzoni più o meno brevi nell’altro.
Taurus II, con i suoi 25 minuti, occupa l’intero Lato A. Non si tratta ovviamente di una suite alla Hergest Ridge o una suite tipicamente progressive, anche se ci si può avvicinare per il continuo susseguirsi e sormontarsi delle varie sezioni, piuttosto è una suite folk-rock, non per questo meno entusiasmante. Da sottolineare specialmente la seconda sezione, davvero una chicca per tastiere e percussioni. Un’altra sezione ricorda molto da vicino l’Inno alla gioia di Beethoven. In tutto, 25 minuti davvero pregni. Appare di nuovo Paddy Moloney con le uileann pipes, una specie di cornamusa però irlandese, non scozzese. Nell’interno di copertina del vinile è raffigurato lo schema della suite, sparito nella mia edizione in cd.
Family man è una canzone pop senza troppe pretese, cantata da Maggie Reilly. Lanciata come singolo, non ottenne un gran successo, ma riproposta l’anno dopo come cover dal duo Hall & Oates, raggiungerà la top 10 negli Usa.
Orabidoo è un’altra mini-suite di 13 minuti, o meglio un collage di 5 parti ben distinte: un’introduzione ninna-nanna con effetto carillon, un pezzo cantato (con la voce filtrata dal vocoder) su base di percussioni, la riproposizione del pezzo di tastiere e percussioni di cui parlavo prima, una track strumentale con l’elettrica solista, e a chiudere un altro pezzo cantato da Maggie Reilly accompagnata dalla chitarra acustica dal sottotitolo Ireland’s eye. Non avendo grossi momenti di stanca, Orabidoo è probabilmente la cosa migliore di tutto il disco.
Come fosse la sesta parte del collage, ecco partire Mount Teidi, gustoso strumentale dalla ritmica pazzoide, dove alla batteria troviamo nientepopodimeno che Carl Palmer.
A chiudere, il brano che dà il titolo a tutto l’album, Five miles out. Brano costruito attorno al tema principale di Taurus II, con le voci della Reilly e dello stesso Oldfield; un piccolo capolavoro di artigianeria pop.
A parte il ritornello di Orabidoo, nell’album troviamo per la prima volta dei testi veri e propri, e non semplicemente onomatopeici; questo per una ragione molto semplice: per la prima volta l’autore ha qualcosa di cui parlare, la sua passione per gli aeroplani.
Con la sola Family man di livello un po’ inferiore, Five Miles Out è probabilmente il miglior disco di Mike Oldfield versione ’80, ed in patria guadagnerà il settimo posto in classifica. E’ il disco che consiglierei a chi volesse introdursi da neofita nella discografia oldfieldiana. Il tour che ne segue sarà il più grande in assoluto della carriera, con un centinaio di date sparse in tutto il globo. Le cose sono semplificate rispetto al passato, perché il disco è stato concepito per essere eseguito sul palco, con una rotazione programmata meticolosamente dei musicisti ai vari strumenti.
Nello stesso anno, esce su 45 giri Mistake, brano pop sulla falsariga di Family man, assolutamente trascurabile. Più interessante il suo retro, lo strumentale Waldberg (the peak).

Nei video, i primi sette minuti di Taurus II, la delicata Ireland’s eye e la title track.





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CRISES (1983)

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Dopo un decennio passato ad essere “quello di Tubular bells”, ecco che dal 1983 Mike Oldfield diventa, almeno per il pubblico più giovane, “quello di Moonlight shadow”, la celeberrima canzone che sarà nel tempo croce e delizia per il suo autore (e tutti a chiedersi “ma che bella voce squillante ha, questo maicolfil?”)
L’album dell’83, Crises, segue la struttura del precedente: suite nel lato A (per la propria soddisfazione personale) e canzoni brevi nel lato B (per la soddisfazione di Branson e della Virgin). Per il resto un album completamente diverso specie nel suono, ormai davvero pienamente “anni 80”, nel bene e nel male. La produzione è a quattro mani tra Oldfield e Simon Phillips, batterista già con Who e Toto.
Il lungo “quasi-strumentale” porta lo stesso titolo dell’album e inizia, dopo un breve prologo, con una sezione per tastiere che ricorda molto da vicino il tema-tormentone di Tubular bells, seguito da una serie di spezzoni (a partire da un simil-blues) in cui è soprattutto la chitarra a farla da padrona. Ci sono anche un paio di parti cantate, dove è lo stesso Oldfield ad esibirsi; nella seconda, le parole traggono spunto dal disegno di copertina: “The Watcher and the tower, waiting hour by hour…..”. Ai 13 minuti circa, la vera perla della suite e di tutto il disco, una cavalcata di tastiere sottolineata dal drumming forsennato di Simon Phillips. È stato questo pezzo a farmi scoccare la scintilla per Mike Oldfield, dopo avere visto un concerto trasmesso in televisione, quindi per me ha anche un certo valore affettivo! La suite chiude con il ritorno del tema iniziale, stavolta sostenuto dalla batteria “forsennata”. E fin qui Oldfield si è già abbondantemente guadagnato la pagnotta.
Moonlight shadow, dicevamo. Canzone pop arrangiata in maniera magistrale, con un sapiente uso degli effetti sulla voce di Maggie Reilly, e con un doppio assolo di Fender stratocaster (uno più melodico, l’altro più rock). Sarà pure una canzoncina, ma che canzoncina! In patria arriverà alla top10 dei singoli, ma in molti paesi europei sarà numero 1 e per diverse settimane. Per anni si è pensato che il testo si riferisse all’assassinio di John Lennon di tre anni prima, ma la cosa pare sia stata smentita.
In high places vede la partecipazione della prima delle due “guest stars”: Jon Anderson con la sua voce cristallina arricchisce un brano gustoso basato sulle tastiere. Qui Oldfield si diverte ogni tanto a togliere un quarto a fine battuta, e addirittura un’ottavo alla fine di ogni sezione….. Al vibrafono torna il vecchio amico Pierre Moerlen.
Altro brano famosissimo e super ballato in discoteca è Foreign affair, ancora con la voce di Maggie Reilly, che qui partecipa anche alla stesura del testo. Un brano un po’ ripetitivo caratterizzato da un particolare suono di tastiera, dall’andamento fluttuante. Questo suono era già stato usato in Taurus II da Five miles out; si presume venga dal Fairlight, macchinone costosissimo di cui Oldfield disponeva da anni.
Taurus 3, a dispetto del nome, ha poco a che vedere con i due brani dei due album precedenti: è un breve pezzo spagnoleggiante, con un ritornello ritmico costituito da una serie di chitarre acustiche sovraincise.
L’ultimo pezzo, Shadow on the wall, vede alla voce il secondo ospite, Roger Chapman dei Family. La sua voce spigolosa e il riff hard della chitarra sono i tratti caratteristici di questo ennesimo hit-single.
Crises giunge fino alla 6° posizione in UK, ed in vetta un po’ in tutta Europa ed in Australia, riportando in auge il nome dell’artista di Reading.
Di seguito, la seconda metà della suite eseguita dal vivo e, non poteva mancare, Moonlight shadow.





Nel gennaio successivo esce il singolo Crime of passion/Jungle gardenia, in cui la prima canzone è un po’ la copia carbone di Moonlight shadow, con lo stesso arrangiamento ed il doppio assolo finale di chitarra; cambia solo il vocalist, che qui è Barry Palmer. Molto carino lo strumentale del lato B.
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DISCOVERY (1984)

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Non si poteva non sfruttare il momento favorevole per quanto riguarda vendite e rotazioni radiofoniche, ecco così che il nuovo lavoro oldfieldiano estremizza ulteriormente il concetto di Crises: canzoni pop come se piovesse.
Il gruppo di lavoro che partorisce Discovery, pubblicato nel giugno del 1984, è ridotto all’osso. Accanto al Maestro solo Simon Phillips, qui ancor più coinvolto anche dal punto di vista della produzione, oltre ai due vocalist già conosciuti: la solita Maggie Reilly e il nuovo adepto, Barry Palmer. Le canzoni sono tutte di discreto/buon livello, anche se certamente inferiori alle hit del disco precedente. La Reilly intona la famosissima To France, Crystal gazing ed un altro brano costruito sullo stesso riff di To France, ossia Talk about yout life. A Palmer toccano Poison arrows (contenente un assolo di chitarra heavy davvero apprezzabile), Discovery, probabilmente il pezzo meno convincente essendo un po’ una copia di Shadow on the wall, e Saved by a bell, la quale a dispetto di un testo che fa riferimento a galassie e pianeti, non può non far venire in mente una certa campana (tubolare) che un decennio prima ha “salvato” un certo musicista da chissà quale destino. Le due ugole infine si spartiscono (anche se in effetti i due non si incontrano mai, se non successivamente in tour) le parti nell’adrenalinica Tricks of the light.
Per fortuna il grande Mike si tiene uno spazio di 12 minuti, stavolta relegati alla fine, per le sue pennellate strumentali. The lake è, manco a dirlo, di gran lunga la cosa migliore del disco, specie nell’emozionante parte finale. Ciò non toglie che Discovery (registrato, come recita la copertina, “nelle Alpi svizzere a 2000 metri, con vista sul lago di Ginevra nei giorni di sole”) sia decisamente di livello inferiore rispetto agli ultimi lavori, e sicuramente il peggiore ed il più commerciale sino a questo momento.
Il consueto tour promozionale, con la lista delle date stampata nella busta interna del vinile, vede anche ben 6 date in Italia: a Roma, Genova, Viareggio, Milano, e due volte all’Arena di Verona.
Nel video, la celeberrima To France.



Un cenno ai singoli. Afghan, retro di Tricks of the light, e Bones, presente nel 12’ di To France, sono i pezzi più sperimentali di questo periodo. Mentre In the pool, il lato B di To France, è un brano che all’epoca andava alla grande nelle discoteche “afro”. Chi frequentava quel tipo di locali, sa di cosa parlo.

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Messaggio da MrMuschiato »

Certo è che anche te con le recensioni non scherzi! Bel lavoro!
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

Dai che, magari dopo i Genesis, potresti approfondire qualcosina anche di Mike!
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da MrMuschiato »

Devo ascoltare Tubular Bells, cosa che farò a breve!
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

THE KILLING FIELDS - ost (1984)

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A partire da L’esorcista, Mike Oldfield ha spesso avuto a che fare col mondo del cinema, altre volte infatti sono stati operati degli adattamenti di sue produzioni per il grande schermo. Nel 1984, nei sei mesi che intercorrono tra l’uscita di Discovery ed il relativo tour, per la prima volta compone musica espressamente per un film, The killing fields, di Roland Joffé. Uscito in Italia col titolo Urla del silenzio, il film è una (traggo da Wikipedia) “cruda e toccante rievocazione dei giorni tragici e folli che vissero le popolazioni della Cambogia dopo l'evacuazione americana del 1975. La storia è liberamente tratta dal best-seller del giornalista del New York Times Sydney Schanberg”. La pellicola ottiene tre Oscar, solo una nomination al Golden Globe per la colonna sonora.
Nel disco, Oldfield mescola effetti sonori ed ambientali con musica etnica cambogiana, e con brani orchestrali e corali, aiutato negli arrangiamenti da David Bedford. E’ un’opera spesso sottovalutata dai fan, e anche dal sottoscritto visto che gli ho dato solo 6,5: merita almeno un 7. Tanto più che dovrebbe accontentare chi si lamentava di un’eccessiva leggerezza degli ultimi due album. E’ vero che alcuni passaggi sono piuttosto ostici, in particolare nella fase iniziale della seconda parte, ma vi sono alcune perle di assoluto valore. Innanzitutto, il tema Pran che ritorna varie volte in forme ed arrangiamenti diversi, dando all’intera opera un taglio quasi progressive, ma soprattutto Evacuation, dal suono “industriale”, ed Etude, stupendo riadattamento di Recuerdos de la Alhambra, del musicista ottocentesco spagnolo Francisco Tarrega. Quest’ultimo è uno dei brani in assoluto più emozionanti incisi da Oldfield, e sta certamente nella mia personale top10. Evacuation ed Etude escono accoppiati anche su 45 giri, ma passano quasi inosservati.



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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

Occorre attendere tre anni per un nuovo disco targato Oldfield, ciononostante nel frattempo non mancano le novità.
Nel 1985 esce la raccolta doppia The complete Mike Oldfield, con tanto di spot pubblicitario anche in Italia. Si tratta di quattro facciate tematiche: i brani strumentali (corti), i brani cantati, la “complex side” con degli estratti dalle prime suites, ed una facciata live contenente, tra l’altro, l’intero lato A di Platinum. Un disco dalla bella copertina che permette ai fans dell’ultima ora di riscoprire alcuni gioiellini, molti dei quali apparsi sino a quel momento solo su 45 giri.
Novità anche dal punto di vista sentimentale: termina la relazione con Sally Cooper, che passa il testimone alla cantante norvegese Anita Hegerland, la quale gli darà altri due figli. La Hegerland prende il posto anche di Maggie Reilly sul lavoro, esordendo nel video-singolo Pictures in the dark (il retro è lo strumentale Legend).
Ritorna la collaborazione con Jon Anderson in un altro 45 giri, Shine. A questo non memorabile pezzo fa da contraltare lo stupendo retro strumentale The path.



Sempre in anticipo sui tempi anche dal punto di vista tecnologico, nel 1986 Oldfield lavora ad un video-disco da produrre in VHS e in Laserdisc, i formati dell’epoca, intitolato The wind chimes (il video però uscirà, in sordina, solo nell’88). Il tutto in collaborazione con Peter Clardige della Cal Video Graphics, per un prodotto che, se confrontato con i pc dell’epoca (Commodore 64 et similia), ha dell’incredibile.
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Number 51 »

Hairless Heart ha scritto:TUBULAR BELLS II (1992) – Il grande Mike scompone, revisiona e ricompone il suo capolavoro (genesi e struttura dell’album andranno però approfondite). Con quest’album Oldfield cambia casa discografica e passa alla Warner. Al banco-mixer un certo Trevor Horn. Le due suite hanno qui 14 sottotitoli, di questi da rimarcare Sentinel, l’accoppiata Red dawn-The bell e Weightless. Di grande effetto, nell’esecuzione live, l’entrata di uno stuolo di cornamuse per Tattoo. Considero questo il mio disco preferito degli ultimi 20 anni. E pazienza se è un semi-clone. Voto 8/9 .
finalmente ho trovato qualcuno che la pensi come me (di solito viene liquidato, appunto, come un semi-clone)
è un disco che adoro

tra parentesi, scusate la considerazione bizzarra, ho conosciuto prima questo disco, complice la proposizione in tv di un concerto a Edimburgo sull'allora videomusic (o era già mtv italia? boh), per cui l'originale Tubular Bells mi sembra sempre la copia a basso costo di questo :oops:

l'ho ascoltato decine e decine di volte, conosco ogni nota come solo mi capita con alcuni dischi dei Pink Floyd

sottolineo anch'io la mano di Trevor Horn, abilissimo a conciliare la sovraincisione di decine di strumenti con una pulizia del suono incredibile

la ripresa di più temi musicali in vari punti del disco, magari con piccole modifiche, fanno di questo disco un'opera di musica classica suonata con strumenti moderni
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Number 51 »

Hairless Heart ha scritto:Tra le cover, Women of Ireland era piuttosto famosa all’epoca (molto usata per le trasmissioni notturne pubblicizzanti i numeri 144…).
fu usata a lungo anche come colonna sonora della pubblicità della birra Peroni

qualche anno fa mi venne in mente questa musica, riuscii a risalire al pezzo ma non trovavo proprio la versione che avevo in mente
finchè non feci mente locale e capii che era il tipico sound di Oldfield :D
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

complice la proposizione in tv di un concerto a Edimburgo sull'allora videomusic
Il live di TBII fu trasmesso (la prima volta) in diretta da TMC. E' lo stesso che si trova in commercio in DVD.
E, a proposito di Women of Ireland, è un tradizionale che pochi anni prima fu inciso dai Christians in una versione cantata dal titolo Words, piuttosto famosa.
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Number 51 »

è vero, TMC!!!

WoI è stata rifatta da moltissimi artisti, tra cui Kate Bush e Sinead O'Connor
Anche Jeff Beck l'ha suonata più volte nei suoi concerti
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

ISLANDS (1987)

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Il nuovo album esce finalmente nel settembre del 1987; vi confluisce sostanzialmente il lavoro fatto per il video-disco. Torna il consueto schema suite/brani pop.
Lo strumentale The wind chimes è diviso in due parti, con la prima a fare un po’ da sigla a tutta l’opera. Una suite dove si alternano momenti ispirati ad altri molto meno, ma nel complesso assolutamente non male. Un paio di sezioni ricordano Taurus II dal disco dell’82, ma forse le migliori sono le parti strumentali quasi sussurrate, minimali. In questa suite sono confluite le esperienze derivate da un viaggio dell’artista a Bali.
Per quanto riguarda i 5 brani cantati (6 nel cd), la qualità cala ulteriormente rispetto a Discovery. Le parti vocali sono affidate a Bonnie Tyler (regina pop del momento) per la title-track, al vecchio amico Kevin Ayers per Flying start (nel cui testo vi sono parecchi riferimenti alla vita di quest’ultimo e alla vecchia band The Whole World), a Jim Price per Magic touch (dall’efficace riff chitarristico) e ad Anita Hegerland per i restanti tre brani, tra i quali North point è probabilmente il migliore di tutti.
Per la produzione, Oldfield è via via affiancato da Simon Phillips, Tom Newman, Geoffrey Downes e Michael Cretu; con quest’ultimo c’è stato un proficuo scambio di esperienze e non è difficile pensare che i suggerimenti di Mike siano tornati utili a Cretu nel proprio lavoro con gli Enigma.
Nonostante un discreto successo della canzone Islands, le vendite segnano un significativo calo rispetto ai dischi precedenti.

La prima parte di The wind chimes




Per chi si interessa di grafica, il video integrale di The wind chimes realizzato per il laser-disc. Qualità youtube, ovviamente.

https://www.youtube.com/watch?v=TW7oguajZjs
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

EARTH MOVING (1989)

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E si arriva al 1989. Mike Oldfield è pressato dalla Virgin, la quale insiste per un disco infarcito di canzoni pop alla Moonlight shadow, insomma vuole monetizzare. Un po’ a malincuore l’artista accontenta la sua casa discografica, sfornando per la prima volta un lavoro senza brani strumentali. Le dieci canzoni contenute sono tutte di stampo pop-rock, registrate con l’ausilio di sintetizzatori e macchine digitali; nessuna di queste lascia il segno, nella migliore delle ipotesi sono brutte copie di cose già fatte, per cui l’obiettivo originario, le vendite, fallisce miseramente: si tratta senza dubbio del punto più basso della carriera oldfieldiana.
Volendo proprio trovare qualche lato positivo al disco, possiamo dire di una discreta ballata come Far country (topico il momento in cui entra la chitarra elettrica), del primo singolo Innocent cantato da Anita Hegerland, della title-track, e di Blue night, che vede il ritorno di Maggie Reilly.
Il brano d’apertura, la non indimenticabile Holy, è cantato da Adrian Belew; mentre per la già citata Far country, era stato contattato anche Fish dei Marillion, poi sostituito.
Per la produzione del disco, Oldfield è coadiuvato da Daniel Lazerus.
Non è proprio il caso di suggerire ascolti…..
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da 2Old2Rock2Young2Die »

Complimenti per le recensioni su Mike Oldfield, musicista che fino ad incantations adoro.
Anche io, dovessi scegliere il migliore, sarei indeciso fra Hergest Ridge e Ommadawn. Alla fine credo che un album con i lati A di entrambi dischi sarebbe il capolavoro dei capolavori.
Sono daccordo anche sul fatto che Incantations, se "smagrito" un pò, sarebbe all'altezza dei precedenti. Purtroppo l'influenza dei minimalisti americani, e di Philip Glass in particolare, si avverte proprio per le "lungaggini" che segnali.
Mi ascolterò The consequences of indecisions (1977) che non conoscevo ma da quello che scrivi merita sicuramente.
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

Grazie 2old! ;) Devo decidermi a continuare.
Facci sapere cosa ne pensi di The consequences.
Tra l'altro, proprio pochi minuti fa, nella trasmissione di RaiTre Sfide, hanno fatto sentire il riff di Shadow on the wall e la parte di tastiere e batteria della suite Crises.
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

AMAROK (1990)

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Come se Madonna, dopo Like a Virgin, se ne uscisse con una cosa alla Nursery Cryme.
Come se i Duran Duran svoltassero da Wild Boys e ti sfornassero Close to the edge.
Questo, più o meno, l’effetto dell’ascolto di Amarok presso chi ha bene in mente cos’era il disco precedente di Mike Oldfield. Tanto era insulso e di plastica Earth moving, quanto invece pregno è il nuovo lavoro.
Tutto il progetto si rifà dichiaratamente ad una delle sue creature predilette, ovvero Ommadawn. A partire dal nome, Amarok, che potrebbe avere origini gaeliche, ma anche essere una parola senza senso. La foto di copertina, ancora un ritratto leggermente sfumato dell’artista. E soprattutto il ritorno di alcuni artisti che avevano collaborato alla realizzazione del capolavoro del ’75: Paddy Moloney, i percussionisti Jabula, la vocalist Clodagh Simmonds, William Murray che scrisse a suo tempo il testo di On horseback e che qui contribuisce con una storiella contenuta nel booklet. Torna a collaborare anche Thom Newman.
Il disco è un’unica suite di 60 minuti quasi interamente strumentale dove succede davvero di tutto, un viaggio sonoro allucinante con sezioni dure alternate ad altre più pacate, queste ultime però interrotte bruscamente da rumori inaspettati. Finalmente Oldfield si libera (solo temporaneamente, purtroppo) dalla mania dei computer e torna a suonare una miriade di strumenti acustici come ai vecchi tempi, ma a questi aggiunge una serie di suoni ottenuti con oggetti di uso comune. Possiamo ascoltare: una lavaggio di denti con lo spazzolino, un bicchiere rotto, dei passi su un pavimento con chiusura finale di porta, uno scacciapensieri, degli schiaffi in faccia, il ticchettio di un orologio, una sveglia, un registratore di cassa, un fischietto, e quant’altro; suoni che in gran parte si innestano alla perfezione nel tessuto armonico-melodico dell’opera.
Ad ogni buon conto, l’ascoltatore è avvertito, visto che il retro di copertina riporta la dicitura: “AVVERTENZE PER LA SALUTE: Questo disco può essere pericoloso per la salute dei sempliciotti duri d'orecchio. Se soffrite di tali disturbi consultate immediatamente il vostro medico.”………..
In alcuni punti del disco l’ascolto è piuttosto pesante, ma non mancano i momenti in cui Mike torna a dimostrare tutta la sua genialità, a partire dal riff di chitarra di apertura.
Parlavamo della suite da 60 minuti, costruita appositamente in modo da rendere impossibile estrarne un singolo commerciabile e mettere così i bastoni fra le ruote dell’etichetta discografica, ma non è l’unico sberleffo: i più attenti hanno notato una sezione, attorno al 48° minuto, in cui c’è un messaggio in codice Morse che recita “FUCK OFF RB”, dove RB sono le iniziali dell’”amico” Richard Branson.
Questo il momento topico:



In questo sito un’analisi della struttura della suite…
http://tubular.net/analysis/amarok/

….che qualche squilibrato ha avuto l’idea di rieditare e suddividere in 45 sezioni ognuna col suo titolo.
Tra le tante altre curiosità, il ripetuto inserimento della parola “Happy” con voce metallica, quello della parola “Sondela” (in una fantomatica lingua xhosa), il ritorno dell’uomo delle caverne di tubularbellsiana memoria.
Arduo commentare ulteriormente un disco del genere, va ascoltato perché ognuno si faccia la propria idea.
Di seguito, uno degli estratti migliori dell’album, in cui Oldfield riprende ed estende il riff di apertura, ma c’è molto altro! Ed aiuta a capire perché Amarok sia uno dei dischi preferiti dai fans, ma non abbia venduto un granchè.

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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da 2Old2Rock2Young2Die »

Bella pescata Hairless Heart!.
Mi pare che in quel periodo Oldfield, ormai in pessimi rapporti con Branson (destinatario di quell’affettuoso “omaggio” nel disco), cercasse di pubblicare il più possibile per esaurire il suo contratto con la Virgin. E così visto che anche dischi “plasticosi” come Earth Moving comunque non vendevano più così tanto bene, credo abbia pensato “Tanto vale tornare a fare a modo mio” così inserendo ogni idea che gli passava per la mente in un impevedibile blob digitanalogico, sfornando un prodotto obiettivamente poco commerciale. Grande album, comunque, soprattutto nel non prendersi troppo sul serio, anche se non so, come dire, se il tutto riesca ad essere meglio delle singole parti (alcune veramente fantastiche). Certo se si dovesse riassumere la sua musica intera in un cd questo potrebbe essere la scelta ideale, perché veramente in quel patchwork di frammenti vari c’è un po’ di tutto (compresa l’imitazione della Tatcher). Voto: 8,5
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

....già, Margaret Thatcher. :lol:
Chi la imita è l'attrice Janet Brown, e questo è ciò che dice:
Hello everyone. I suppose you think that nothing much is happening at the moment. Ah-ha-ha-ha-ha. Well, that's what I want to talk to you all about; endings. Now, endings normally happen at the end. But as we all know, endings are just beginnings. You know, once these things really get started, it's jolly hard to stop them again. However, as we have all come this far, I think, under the circumstances the best solution is that we all just keep going. Let's keep this going in sight, never an ending. Let's remember that this world wants fresh beginnings. I feel here, in this country, and throughout the world, we are crying out for beginnings, beginnings. We never want to hear this word "endings". I know we all want to sit down. I know you want to take it easy. Of course we're looking for the good. Of course we're looking for the fresh start.

Isn't that charming? Do you know, I really feel I could dance.
Ah-ha-ha-ha-ha... (dancing) Ah-ha-ha-ha-ha-ha... charming... ha-ha-ha...
(CRASH!)
-Non ci sono più le mezze stagioni.
-Si stava meglio quando si stava peggio.
-Band on the Run è troppo bassa.
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theNemesis
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da theNemesis »

Complimenti ad Hairless per la competenza e la bella analisi degli album
Oldfield non mi è mai piaciuto molto, salvo Tubular e poco altro, ma ho letto con interesse le recensioni e penso che ascolterò qualcosa che non ho mai sentito prima. [nw]
Dancing on time way...
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