Ayreon - The Theory of Everything (2013)

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Ayreon - The Theory of Everything (2013)

Messaggio da MrMuschiato »

Ayreon è un progetto musicale del musicista olandese Arjen Anthony Lucassen, che ad ogni album si circonda di musicisti famosi per mettere in scena delle opere da lui scritte, dove ogni personaggio è portato su disco da un cantante diverso, e dove ogni brano racconta una scena, come in uno spettacolo teatrale.
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The Theory of Everything è l'ottavo e per ora ultimo album del genio olandese, un'opera monumentale della durata di 89 minuti e diviso in ben 42 tracce, in cui hanno partecipato nomi di spicco del Prog e Metal odierno e classico, come Tommy Karevik, Cristina Scabbia, John Wetton, Jordan Rudess, Rick Wakeman, Steve Hackett e Keith Emerson.

Non farò qui un'analisi brano per brano, verrebbe un lavoro enorme ed inutile, visto che molti brani durano pochi minuti o meno, ma vi parlerò in generale del disco.
L'album ha una base Prog Metal non troppo dura, i brani con doppia cassa e chitarre distorte si contano sulle dita di una mano; le sonorità si rifanno spesso ad un Prog più classico, condito da suoni comunque possenti e dalla qualità sonora tipica dei giorni nostri. Fra un brano e l'altro fanno capolino parti più psichedeliche, pezzi folk, orchestrazioni barocche e orientaleggianti e dolci ballate. Le parti cantate ricordano molto un'opera teatrale (ricordiamo che parliamo di un concept album dove tutte le parti cantate sono in realtà i dialoghi e i pensieri dei protagonisti).

La storia parla del Padre, uno scienziato ossessionato dalla volontà di trovare la Teoria del Tutto, una teoria che sappia spiegare in modo chiaro e completo tutte le teorie dell'Universo. Il Padre ha un figlio, Il Prodigio, un ragazzo dalla straordinaria intelligenza e dotato di un cervello fuori dal comune, ma dal carattere introverso e con una grande difficoltà nel relazionarsi con gli altri. Il Padre passa tutto il suo tempo a studiare la sua teoria, tralasciando la Madre e il suo introverso figlio, che nasconde appunto uno straordinario potere. Il Prodigio aiuterà il Padre a trovare la sua teoria, ma il tutto avrà pesanti ripercussioni sulla vita dei tre e dei personaggi che girano attorno a loro.

La storia che si dipana da questo incipit è narrata attraverso flashback che si avvicinano sempre di più ai giorni nostri.

Non è un disco da prendere alla leggera e non è di facile apprendimento, visto la (forse eccessiva) durata e la grande frammentazione, ma il livello qualitativo è alto, i brani si fanno apprezzare e la partecipazione di musicisti come Emerson, Hackett e Wakeman non può che far piacere.

Vi lascio l'intero album, diviso nelle sue quattro parti (ma senza pause da un brano all'altro, in modo che l'ascolto sia più naturale.

P.s.: nei video c'è anche la spiegazione della storia

Phase 1: Singularity



Phase II: Symmetry



Phase III: Entanglement



Phase IV: Unification

Ultima modifica di MrMuschiato il 30/07/2015, 1:04, modificato 1 volta in totale.
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Re: Ayreon - The Theory of Everything

Messaggio da Watcher »

Di Lucassen conosco (conosco si fa per dire ... ho ascoltato un paio di volte) Into the Electric Castle e The Human Equation. Me li ricordo piacevoli in molte parti e un po' mattoni in altre. Sono dischi che andrebbero ascoltati tutti di un fiato, essendo il concept la loro caratteristica, ma non sempre è possibile rimanere concentrati per cinquanta minuti solo per il primo CD, e se non sbaglio sono tutti doppi. Poi c'è il problema dei testi: o li segui o perdi metà dell'importanza di quello che stai ascoltando.
Sii te stesso; tutti gli altri sono già occupati. (Oscar Wilde)
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Re: Ayreon - The Theory of Everything

Messaggio da MrMuschiato »

Anch'io conosco The Human Equation (molto buono), e ho anche Universal Migrator part 2 (discreto)...si, sono da ascoltare nella loro interezza, essendo dei concept, e si, in certe parti possono risultare pesanti; forse l'eccessiva frammentazione di The Theory of Everything lo rende paradossalmente meno 'mattone' rispetto a The Human Equation, che ha brani mediamente più lunghi, ed è anche più lungo nella sua interezza.

Comunque ti consiglio di dargli un'ascolto, magari le prime tracce, se ti prende te lo ascolti tutto d'un fiato.
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Re: Ayreon - The Theory of Everything (2013)

Messaggio da MrMuschiato »

Visto l'impossibilità di postare una recensione passo passo come per The Human Equation, vi riporto l'ottima recensione che Watcher ha scritto per questo album:

''Arjen Anthony Lucassen e il progetto Ayreon non mi erano completamente sconosciuti prima di cominciare ad ascoltare The Theory of Everything. Mi ero già fatto un po’ le ossa con [url]The Human Equation, album del 2004 che arrivò ai miei ascolti circa un paio di anni fa. Ambedue concept, ma non solo questi due: tutta la produzione discografica dell’olandese è basata sul concetto di concept album, scusate il groviglio di termini. Quello che ignoravo, mancanza mia non voler approfondire, era che Ayreon non fosse una band stabile con un certo numero di componenti, ma (poco) semplicemente costituita dal Lucassen quale capo indiscusso, compositore, paroliere, arrangiatore ed esecutore della maggior parte degli strumenti: tastiere, chitarre acustiche, elettriche, banjo, mandolini, basso, batteria e percussioni, con l’aggiunta di altri musicisti più o meno famosi, soprattutto per le parti vocali ma non solo, a completare il “progetto Ayreon”.

The Theory of Everything.
Concept album quindi; doppio CD; 4 suite proporzionalmente suddivise negli ipotetici lati A e B con una durata media di 20 minuti abbondanti ciascuna e per una durata complessiva di circa 90 minuti. Un’ora e mezza di musica, non male dai, diciamo che saremmo anche abituati ad affrontare album mastodontici: un Tales from Topographic Oceans o un Tommy non sono da meno. Ma la singolarità è che le quattro suite sono legate strutturalmente una all’altra per raccontare musicalmente una storia. Potrà far …piacere sapere, a chi si accingerà ad affrontarlo, che la tracklist è di 42 tracce, davvero infinita, e che la ricerca di una parte musicale che vi piace particolarmente potrebbe diventare difficoltosa proprio per questa frammentarietà, dove alcune tracce non sono altro che brevi intervalli di collegamento tra una scena e l’altra. Consiglio di far fronte all’ascolto dell’album, per gustarne la bellezza, tutto d’un fiato, senza soluzione di continuità.
Mi accorgo di aver tralasciato (e sarebbe ora di parlarne) dire di che genere musicale si tratta. Progressive metal: i canoni del prog ci sono tutti, un po’ meno quelli metal per la presenza di qualche riff tipico del genere compreso lo stile del cantato, e la cosa sinceramente non mi dispiace. Ma più che progressive metal parlerei di hard rock sinfonico soprattutto per la presenza di strumenti a fiato quali flauto, cornamusa, e strumenti a corda come violino e violoncello, dando anche un’impronta folk ed etnica ad alcune tracce. Aggiungiamoci poi i momenti orchestrali con aperture sinfoniche significative e riusciamo ad ottenere una musica con mille sfumature che fonde vari generi.

Non saprei in che percentuale quantificare una supremazia delle parti vocali rispetto a quelle puramente strumentali; devo dire però che il cantato incide in maniera sensibile, e quindi largo uso di testi, con ben sette voci (una di queste è quella di John Wetton, ex King Crimson) delle quali due femminili, ognuna a rappresentare un personaggio della storia. Un lavoro complesso ed ambizioso da poter essere definito una rock opera. Magari una rappresentazione teatrale alla Jesus Christ Superstar potrebbe anche essere fattibile, chissà.

La storia.
In una ambientazione fantastica, quasi fiabesca, The Theory Of Everything è la storia di Prodigy, un ragazzo autistico, nonché genio della matematica, che deve compararsi con le persone che gli stanno intorno, alcune a lui avverse ed altre no. Quelle più ostili cercano di sfruttare le sue capacità per interessi personali ed il ragazzo in questione cerca di guardare dentro sé stesso il più possibile, per poter riuscire a trovare la soluzione della “Teoria del tutto”.
Della qualità dei testi non mi pronuncio, forse perché non li ho mai ritenuti fondamentali, ma non ho dubbi che questi siano un valore aggiunto. Una padronanza della lingua inglese nell’ascolto diretto (che personalmente mi manca) renderebbe tutto più semplice.

I musicisti.
Riguardo le voci sono stato impressionato positivamente da quella profonda e “nera” di Janne "JB" Christoffersson, la prima che compare all’inizio del disco, e da quelle delle due cantanti: Sara Squadrani e Cristina Scabbia, vocalist di due gruppi metal italiani.
Come ho già detto prima, a Lucassen l’onere e l’onore di suonare tutti gli strumenti principali ad esclusione della batteria qui affidata ad un batterista dal drumming di notevole spessore, Ed Warby, più un manipolo di musicisti alle prese con strumenti inusuali per la musica rock (violino, violoncello, flauti vari, etc) ma perfetti in un contesto del genere.
Singolare alla “mordi e fuggi” la partecipazione di quattro mostri sacri del rock, in ordine di comparizione: Keith Emerson, Jordan Rudess, Rick Wakeman e Steve Hackett. Emerson in Progressive Waves, quasi a non volersi disturbare più di tanto, è al moog poco prima di Rudess con un intervento di una quarantina di secondi. Già meglio il tastierista dei Dream Theater con un solo al sinth, anche se breve, e ancora meglio Wakeman, sempre al moog, in Diagnosis e Surface Tension. Direi pochino l’apporto di questi tastieristi in termini di partecipazione, un paio di minuti, ma per fortuna intensi. Sono stato comunque colpito particolarmente da Hackett nella traccia titolata The Parting con un suo incantevole assolo: il grande Steve è come il vino, migliora invecchiando.

Le tracce.
Analizzare tutte le tracce una per una sarebbe inutile, visto che l'intero album può essere concepito come un unico flusso musicale piuttosto coerente. Mi limiterò a citare quelle che mi sono piaciute di più.

Phase I: Singularity
Qui forse gli episodi migliori.
- Prologue: The Blackboard: il duetto vocale tra Christoffersson e Sara Squadrani è un episodio musicale da brividi.
- La title track The Theory of Everything part.1: con un paio di ritornelli accattivanti, forse quelli che rimangono più impressi: melodie che saranno ricorrenti nel resto dell’album. Notevole un passaggio pianistico di Lucassen che nei primi ascolti avevo scambiato per Wakeman per lo spiccato classicismo.
- L’ intensa Love and Envy e la già citata Progressive Waves.

Phase II:Simmetry
- La dolcissima The Rival’s Dilemma che inizia con una ripresa di The Blackboard.
- Surface Tension, come già detto con un grande assolo di Wakeman ed a seguire uno di Lucassen alla chitarra che mi ricorda l’Oldfield dei tempi migliori.
- Potential: dall’inizio fantastico con il violoncello di tal Maaike Peterse supportato da un accompagnamento in tempo dispari e senza batteria (!!). E segnalerei anche la successiva Quantum Chaos dall’affascinante tema.

Phase III: Entanglement
La triste Side Effects (peccato termini così presto, quasi troncata) e l’orchestrale String Theory sono per me i momenti migliori di questa suite.

Phase IV: Unification
- Mirror of Dream: quasi un canto medioevale, interpretato magnificamente dalle due voci femminili.
- The Parting: dopo alcuni acuti da paura di Michael Mills (the Father) e un’intro perfetta per una colonna sonora da film, ecco l’assolo di Steve Hackett. Se posso essere sincero, uno dei più belli mai sentiti da lui (e che non vorresti finissero mai), grazie anche a quella sequenza di accordi che fanno da base. E qui il merito è di Lucassen.
- The Theory of Everything Part 3 - The Blackboard (Reprise): a chiudere il cerchio i due temi principali dell’album, quasi una moviola. Un classico.


Per concludere, un album tosto, impegnativo, ambizioso, e non immediato come tutti gli album progressive destinati a crescere col tempo, ma decisamente affascinante, anche se non manca di qualche difetto come l’eccessiva pomposità che si nota in alcune circostanze.
Spero che Lucassen non abbia esaurito la sua vena compositiva e la voglia di fare, perché se non è così ne vedremo delle belle.''
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