Japan
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Japan
Band londinese formatasi a metà anni 70. I componenti sono: il vocalist David Sylvian, il fratello (si, fratello!) Steve Jansen alla batteria, il tastierista Richard Barbieri, il chitarrista Rob Dean e infine il cipriota Mick Karn, guru del basso fretless.
Seguendo la scia del glam rock alla Brian Ferry e David Bowie, i Japan dell’androgino Sylvian definiscono via via una loro New Wave che prende inizialmente anche dal punk e che li porterà verso quello che a metà anni ’80 verrà definito New Romantic.
Il primo album, ADOLESCENT SEX del 1978, è già piuttosto interessante, una dance raffinata con chitarre funky ma dove qua e là fa capolino una certa irruenza punk. Il trittico iniziale di canzoni, Transmission, The Unconventional e Wish you were black, è di tutto rispetto, ma forse le cose migliori sono quelle più sofisticate, ad esempio Suburban Love, dall’ottima sezione strumentale, pur con delle tastiere minimali.
OBSCURE ALTERNATIVES, uscito lo stesso anno, rappresenta un piccolo passo indietro. Da citare il brano ...Rhodesia, sorta di elettro-reggae (“i Giappone che suonano Rhodesia col ritmo tipico della Giamaica”, ah); mentre nello strumentale conclusivo, The Tenant, cupo e rarefatto, iniziano ad intravedersi i Japan che verranno. Da notare che in questi primi due dischi, la voce di David Sylvian è ancora piuttosto roca e rockeggiante, molto simile al primo Robert Smith (quello di Killing an Arab).
--continua-- (forse)
Seguendo la scia del glam rock alla Brian Ferry e David Bowie, i Japan dell’androgino Sylvian definiscono via via una loro New Wave che prende inizialmente anche dal punk e che li porterà verso quello che a metà anni ’80 verrà definito New Romantic.
Il primo album, ADOLESCENT SEX del 1978, è già piuttosto interessante, una dance raffinata con chitarre funky ma dove qua e là fa capolino una certa irruenza punk. Il trittico iniziale di canzoni, Transmission, The Unconventional e Wish you were black, è di tutto rispetto, ma forse le cose migliori sono quelle più sofisticate, ad esempio Suburban Love, dall’ottima sezione strumentale, pur con delle tastiere minimali.
OBSCURE ALTERNATIVES, uscito lo stesso anno, rappresenta un piccolo passo indietro. Da citare il brano ...Rhodesia, sorta di elettro-reggae (“i Giappone che suonano Rhodesia col ritmo tipico della Giamaica”, ah); mentre nello strumentale conclusivo, The Tenant, cupo e rarefatto, iniziano ad intravedersi i Japan che verranno. Da notare che in questi primi due dischi, la voce di David Sylvian è ancora piuttosto roca e rockeggiante, molto simile al primo Robert Smith (quello di Killing an Arab).
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Re: Japan
Uno dei miei gruppi preferiti della new wave i Japan col loro funky glaciale. Il primo è un gran bel disco anche se David Sylvian l'ha disconosciuto. Ho seguito anche i suoi primi dischi da solista molto affascinanti fra il soul freddo e l’ambient minimale anche se ultimamente mi ha un pò stancato.
Barbieri è finito poi nei Porcupine Tree con Steven Wilson guarda un pò.
Clicca qui o sull'immagine per ingrandire "But don't you think that I know that walking on the water, Won't make me a miracle man?"
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Re: Japan
non conosco i Japan lo ammetto!
bello il brano postato, seguirò il proseguio del topic
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Re: Japan
Un primo assaggio del successo che arriderà più avanti si ha nel ’79 con il singolo Life in Tokyo, in collaborazione con il pluri-premio Oscar Giorgio Moroder (lo stesso che l’anno dopo produrrà Cat People con Bowie, e successivamente Flashdance, Top Gun, ecc.).
Nel terzo album, QUIET LIFE del 1980, troviamo la versione definitiva dei Japan, con un sound ulteriormente raffinato, ed una musicalità molto più rilassata (già il titolo è tutto un programma) e priva di qualsiasi rigurgito punk. David Sylvian si afferma come personaggio dal carisma non comune; la sua voce è diversa dagli esordi, è quella quasi baritonale con cui è universalmente riconosciuto.
La title-track e Halloween sono tra i pezzi migliori, ma il capolavoro è la canzone conclusiva, l’introspettiva The other side of life, dal suono quasi floydiano. Ne consiglio assolutamente l’ascolto, ma con un'avvertenza: la canzone non va approcciata con l’animo del rocker, ma con l’animo del…. bradipo.
The other side of life
Quiet life
Nel terzo album, QUIET LIFE del 1980, troviamo la versione definitiva dei Japan, con un sound ulteriormente raffinato, ed una musicalità molto più rilassata (già il titolo è tutto un programma) e priva di qualsiasi rigurgito punk. David Sylvian si afferma come personaggio dal carisma non comune; la sua voce è diversa dagli esordi, è quella quasi baritonale con cui è universalmente riconosciuto.
La title-track e Halloween sono tra i pezzi migliori, ma il capolavoro è la canzone conclusiva, l’introspettiva The other side of life, dal suono quasi floydiano. Ne consiglio assolutamente l’ascolto, ma con un'avvertenza: la canzone non va approcciata con l’animo del rocker, ma con l’animo del…. bradipo.
The other side of life
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Re: Japan
"The Other Side Of LIfe" è davvero un capolavoro, la title-track invece sembra quello che i Duran Duran faranno da li a pochi anni:
non male comunque
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Re: Japan
Il successivo GENTLEMEN TAKE POLAROIDS è da considerarsi con ogni probabilità il lavoro più riuscito della band. La chitarra è ormai relegata in un angolo, la sinergia tra la voce sinuosa di Sylvian, le linee ipnotiche del fretless di Karn, il drumming di Jansen e le tastiere sognanti di Barbieri, raggiungono l’apice. E, giusto per non smentire il proprio nome, i Japan introducono elementi sonori tipici del sol-levante, grazie anche alla collaborazione col celebre Ryuichi Sakamoto (tastierista della Yellow Magic Orchestra e più avanti mago della new age) in un paio di brani. Tra i pezzi migliori di Gentlemen, senz’altro la title-track, Methods of dance nel cui ritornello spiccano tastiere e sax, My new career con la sua atmosfera da nite club (e con un basso pazzesco!), e Taking island in Africa, con cui ormai siamo nella world music. Ma il capolavoro è Nightporter, una ballata in ¾ per pianoforte e tastiere orchestrali, sorta di valzer lento dalla melodia superlativa poggiata su una base strumentale minimale ma efficace.
Nightporter è magia pura. Per chi scrive, questa è una delle canzoni più belle in senso assoluto.
My new career
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Re: Japan
TIN DRUM è l’altro grande disco dei Japan, a parer di molti il migliore (nel frattempo la band perde Rob Dean, tanto, a che serviva?).
Per i suoi particolari pattern percussivi e talora ossessivi (forse troppo?!?), potremmo considerarlo il “Remain in light” dei Japan. Queste caratteristiche le troviamo in brani quali The art of parties, Visions of China, Talking drum; strano però che il singolo di maggior successo risulti essere l’eterea e spettrale, appunto, Ghosts, valorizzata a dovere da efficaci suoni ambient. Ancor più famoso probabilmente è lo strumentale dagli occhi a mandorla Canton, che a me ricorda tanto una vecchia sigla televisiva. E’ invece il basso slide a spadroneggiare in Sons of pioneers, coadiuvato però anche qui da tastiere “minacciose”.
Tin drum ci mostra che Peter Gabriel non è l’unico, in questo periodo, a sapersi destreggiare con ritmiche tribali, anzi, nel caso dei Japan sapientemente l’Africa si mescola con l’estremo oriente.
Canton
Sons of Pioneers
Massì, crepi l'avarizia:
Ghosts
Proprio nel momento in cui si potevano e dovevano raccogliere i frutti del lavoro di anni, lavoro portato avanti con grande coerenza artistica e senza mai cercare di compiacere il pubblico, attriti interni portano allo scioglimento della band (pare che c’entri il gossip).
A chi vuole approfondire i Japan senza addentrarsi nella discografia, consiglio la raccolta “Exorcising Ghosts”.
Per i suoi particolari pattern percussivi e talora ossessivi (forse troppo?!?), potremmo considerarlo il “Remain in light” dei Japan. Queste caratteristiche le troviamo in brani quali The art of parties, Visions of China, Talking drum; strano però che il singolo di maggior successo risulti essere l’eterea e spettrale, appunto, Ghosts, valorizzata a dovere da efficaci suoni ambient. Ancor più famoso probabilmente è lo strumentale dagli occhi a mandorla Canton, che a me ricorda tanto una vecchia sigla televisiva. E’ invece il basso slide a spadroneggiare in Sons of pioneers, coadiuvato però anche qui da tastiere “minacciose”.
Tin drum ci mostra che Peter Gabriel non è l’unico, in questo periodo, a sapersi destreggiare con ritmiche tribali, anzi, nel caso dei Japan sapientemente l’Africa si mescola con l’estremo oriente.
Canton
Sons of Pioneers
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Ghosts
Proprio nel momento in cui si potevano e dovevano raccogliere i frutti del lavoro di anni, lavoro portato avanti con grande coerenza artistica e senza mai cercare di compiacere il pubblico, attriti interni portano allo scioglimento della band (pare che c’entri il gossip).
A chi vuole approfondire i Japan senza addentrarsi nella discografia, consiglio la raccolta “Exorcising Ghosts”.
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Re: Japan
Ho ascoltato i due brani di "Gentleman..." che hai postato:
bellissimi! Devo aggiornarmi con i Japan perchè ora che li ascolto credo che siano al top della scena poprock inglese. Pure Robert Fripp deve aver sbavato ad ascoltarli visto le canzoni dei KC di "Beat" e "Three of Perfect Pair" hanno quella impostazione pop artistocratica e sfuggente, solo che nei Japan c'è molta più poesia.
Ecco l'unica cosa che ho di Sylvian è "the First Day" con Fripp. Gran bel disco!
bellissimi! Devo aggiornarmi con i Japan perchè ora che li ascolto credo che siano al top della scena poprock inglese. Pure Robert Fripp deve aver sbavato ad ascoltarli visto le canzoni dei KC di "Beat" e "Three of Perfect Pair" hanno quella impostazione pop artistocratica e sfuggente, solo che nei Japan c'è molta più poesia.
Ecco l'unica cosa che ho di Sylvian è "the First Day" con Fripp. Gran bel disco!
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Re: Japan
Lieto di averti farto apprezzare sti giapponesi.
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Re: Japan
Sciolta la band, David Sylvian si conferma personaggio di indubbia caratura. I suoi album più considerati sono Brilliant Trees, Gone to Earth e Secrets of the Beehive, ma non vanno dimenticate le numerose collaborazioni tra cui spicca quella con Robert Fripp per l’album The First Day.
Mick Karn diventa uno session-man di prim’ordine, ed è fautore di un disco sotto il nome di Dali’s Car, in coppia con Peter Murphy dei Bauhaus (altro tipetto che te lo raccomando), uno dei dischi maggiormente di culto degli anni ’80 (meriterebbe una discussione a parte).
Gli altri due, tra le altre cose, realizzano un interessante lavoro come Dolphin Brothers. Ad inizio anni ‘90 Barbieri confluisce nei Porcupine Tree.
Dunque, i Japan mai più. Però……
Nel 1990, appianate (solo momentaneamente) le divergenze, i quattro iniziano a lavorare ad un possibile nuovo disco. Sylvian però impone che non venga utilizzata la vecchia sigla, ed è per questo che la release esce come RAIN TREE CROW. Poiché la casa discografica per finanziare il progetto impone il nome “Japan”, Sylvian (l’unico contrario) si incaponisce, decide di fare tutto da solo e di completare da solo il lavoro.
Rain tree crow è un disco a tinte fosche un po’ come la sua copertina, riprende un po’ le vecchie sonorità aggiornandole, ma manca di un guizzo, di un brano davvero forte. Il tutto sembra quasi improvvisato, senza che si sia lavorato davvero a livello di prove in studio. E la noia è dietro l’angolo.
Mick Karn diventa uno session-man di prim’ordine, ed è fautore di un disco sotto il nome di Dali’s Car, in coppia con Peter Murphy dei Bauhaus (altro tipetto che te lo raccomando), uno dei dischi maggiormente di culto degli anni ’80 (meriterebbe una discussione a parte).
Gli altri due, tra le altre cose, realizzano un interessante lavoro come Dolphin Brothers. Ad inizio anni ‘90 Barbieri confluisce nei Porcupine Tree.
Dunque, i Japan mai più. Però……
Nel 1990, appianate (solo momentaneamente) le divergenze, i quattro iniziano a lavorare ad un possibile nuovo disco. Sylvian però impone che non venga utilizzata la vecchia sigla, ed è per questo che la release esce come RAIN TREE CROW. Poiché la casa discografica per finanziare il progetto impone il nome “Japan”, Sylvian (l’unico contrario) si incaponisce, decide di fare tutto da solo e di completare da solo il lavoro.
Rain tree crow è un disco a tinte fosche un po’ come la sua copertina, riprende un po’ le vecchie sonorità aggiornandole, ma manca di un guizzo, di un brano davvero forte. Il tutto sembra quasi improvvisato, senza che si sia lavorato davvero a livello di prove in studio. E la noia è dietro l’angolo.
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