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da limenitis » 02/07/2015, 11:56
Gruppo che colpevolmente, data una mia cronica distrazione, ho scoperto solo da poco e che... è diventato grosso modo, nel giro di 3 mesi, il mio preferito di sempre. Li amo più di Beatles, Rolling Stones e Who messi assieme e non sto scherzando.
I loro anni 60 sono un capolavoro dopo l'altro:
1964 - Kinks: il disco omonimo è una bomba rock'n'roll senza compromessi. I Kinks letteralmente prendono il suono di Chuck Berry e degli altri eroi di quegli anni e lo migliorano, lo rendono adulto e tremendamente attuale. Con la tipica sensibilità britannica e un "fiuto" per la melodia a presa diretta senza precedenti.
1965 - Kinda Kinks: passano pochi mesi e già il genio di Raymond Davies sente l'esigenza di una mutazione del sound abrasivo del primo lp. Kinda Kinks è un gioiello garage pop di classe superiore, con il solo difetto di... durare troppo poco. Brano manifesto forse Naggin' Woman, col riff di You Never Can Tell di Berry che apre un pezzo completamente differente, lento, di una dolcezza senza pari.
1965 - The Kink Kontroversy: due capolavori così nello stesso anno, farciti di brani che farebbero la fortuna di 10 carriere, solo loro potevano darli alle stampe. L'album contiua sulla falsariga del precedente con un aqualità dei singoli pezzi se possibile addirittura superiore.
1966 - Face to Face: da alcuni considerato il migliore, chiude idealmente la stagione del rock'n'roll proiettandosi verso la seconda, fecondissima parte della carriera dei Kinks. Segna tuttavia il declino commerciale della band dei fratelli Davies, che in pieno clima psichedelico pubblicano un disco dove di acidi ed effetti allucinogeni vari non c'è nulla, a parte forse la strana copertina. Ancora una volta enorme la scaletta dei brani con pezzi veloci e lenti alternati, a confermare l'immenso talento di Ray come scrittore di canzoni.
1967: Something Else by The Kinks: è il 1967, esce Piper dei Pink Floyd e i Beatles cantano di L(ucy in the) S(ky with) D(iamonds). Gli stessi Rolling Stones fanno loro il verbo freak con Their Satanic Majestic Request caso unico nella loro discografia, la copertina di Disraeli Gears dei Cream è un tripudio di colori. E i Kinks? I Kinks pubblicano un album dichiaratamente retrò fin dalla cover. La musica anzichè a un futuro di sballo e dissoluzione guarda a un passato (musicale) fatto di rigore e gusto per la pura arte della composizione. Ne esce il consueto inarrivabile capolavoro che ovviamente vendette pochissimo rispetto agli altri eroi di cui sopra... ma a noi cosa importa?
1968 - The Kinks are The Village Green Preservation Society: il mondo musicale va avanti e loro ancora orgogliosamente indietro (nelle premesse). E tuttavia anticipando una tendenza futura che sarà quella della rock opera. Village Green è un concept su un perduto mondo bucolico, una campagna idilliaca e poetica celebrata con nostalgia ma anche con sottile, perversa ironia. Chi dice che è il loro album più bello ha le sue ragioni, probabilmente è anche il mio preferito. Dire che anticipa praticamente il brit pop dei '90 ci interessa il giusto, quello che conta sono i brani, talmente belli e perfetti nelle melodie, nei suoni e negli arrangiamenti da far passare in secondo piano qualsiasi altra considerazione. Ascoltare e godere di cotanta classe è la sola cosa che conta.
1969 - Arthur (or the Decline and Fall of the British Empire): la seconda rock opera dei Kinks. Meno omogenea come suono rispetto al precedente lp e tuttavia non meno bella. Incentrata sulla storia di un uomo comune intorno alla quale si snodano le miserie di un'umanità reduce dalla guerra, sullo sfondo di un impero britannico che appare come una sagoma di cartone. Musicalmente, fra il rock trascinante di Victoria e della title track e melodie di incredibile bellezza, cambi di tempo e code musicali inedite per loro (Australia) c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Stefano