TAAB2 - Recensione

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TAAB2 - Recensione

Messaggio da Hairless Heart »

Così scrive Ian Anderson nella presentazione del cd contenuta nel booklet:

Nel 1972 scrissi e registrai l’album dei Jethro Tull “Thick As A Brick”, un classico del Progressive Rock. I testi all’epoca furono attribuiti a un personaggio inventato, il ragazzino Gerald Bostock, i cui genitori avevano probabilmente mentito sulla sua età. L’album schizzò immediatamente al numero uno nella classifica di Billboard e ha goduto di un considerevole successo in molti paesi.

Quindi, come conseguenza più o meno logica, portammo in tour uno spettacolo bizzarramente teatrale, in Gran Bretagna, Stati Uniti e alcuni altri paesi. Dal 1972 l’album non è mai più stato suonato integralmente, anche se nel corso degli anni alcuni estratti sono diventati una presenza costante del repertorio sia nei concerti dei Tull che in quelli solisti di Ian Anderson.

Ora è il momento di riproporlo dal vivo e nel 2012 porterò l’album originale e questo seguito, TAAB2, in un teatro dalle vostre parti.

Ma quarant’anni dopo, Gerald Bostock – 50 anni nel 2012 – che starà facendo? Cosa può essergli accaduto?


------------TAAB2: Cosa ne è stato di Gerald Bostock?-----------
---------------------------L’idea--------------------------------------

L’argomento del seguito, che esce per l’anniversario, è la disamina dei possibili diversi percorsi che il giovane e precoce studente Gerald Bostock avrebbe potuto intraprendere nel corso degli anni e la creazione degli alter-ego le cui identità, nelle sezioni di brani loro dedicate, illustrano le svolte potenzialmente infinite, gli scherzi del destino, e le opportunità. Ma questo non vale solo per Gerald, è piuttosto la dimostrazione di come anche le nostre vite si sviluppano, cambiano direzione e alla fine si chiudono grazie a incontri casuali e ad episodi, per quanto piccoli e insignificanti sembrino sul momento.

Nello sviluppo dell’opera, i bivi di cui le strade della vita sono costellate, alla fine lasciano spazio a un’attrazione quasi gravitazionale che ci porta a convergere in un finale forse pre-ordinato, una sorta di destino.

Quando noi, figli del baby-boom, riguardiamo le nostre vite, finiamo spesso per pensare a quella volta in cui “se fosse andata così”…. Potremmo anche noi, come Gerald, essere diventati un prete, un soldato, uno sbandato, un negoziante o un magnate della finanza?

E i più giovani, la generazione dei social media e di internet, potranno scegliere di valutare bene tra la miriade di possibilità che incroceranno in ogni momento.

Strano tipo, la vita…..


Ian Anderson, gennaio 2012
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Hairless Heart
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Hairless Heart »

Dunque, se nell’opera originale questo personaggio era l’autore (fittizio) della storia, qui è il protagonista della storia stessa. C’è un’idea nuova alla base di tutto: un punto a favore.
La copertina: non più un quotidiano tradizionale cartaceo, ma la home-page del giornale on-line “St. Cleve Chronicle”. Nel sito www.stcleve.com, oppure nel dvd della versione de-luxe, troviamo tutta una serie di articoli impregnati di humor inglese. Purtroppo per noi disgraziati che non conosciamo la lingua, di cosa parlino resterà un mistero.
La band: l’unica novità sta sul seggiolino della batteria, Scott Hammond, il quale pare saperci fare abbastanza. Gli altri 3 accompagnano da anni Anderson nella sua esperienza da solista e (tranne il chitarrista Florian Opahle) nei Jethro Tull. Il bassista, David Goodier, tutto sommato non se la cava male, anche se sono lontani i fasti di Dave Pegg. Opahle ha un’indole heavy-metal, ma anche lui non è poi così disprezzabile. Il vero problema sta alle tastiere: John O’Hara tecnicamente è davvero modesto. In generale sono musicisti con poca personalità, vere e proprie marionette che si muovono solo comandate dal gran burattinaio. Circa Opahle e O’Hara, le loro caratteristiche sono ben rappresentate nel secondo pezzo dell’album, Pebbles instrumental, dove ai due viene concesso lo spazio per un assolo: quello di chitarra è appunto un assolo metallaro, quello di fisarmonica è un miagolio. Anderson recentemente ha dichiarato che solo con questi musicisti si sarebbe potuto realizzare TAAB2, con “qualcun altro” bisognava aspettare mesi per ottenere un suono come doveva essere: se il riferimento era a Andy Giddings, valeva la pena di aspettare tutto quel tempo, non c’è proprio paragone col povero John. Ed evitiamo l’argomento Martin Barre……
La musica. E’ soprattutto dal punto di vista strettamente musicale che il nuovo disco si differenzia. Il prog si intravede di tanto in tanto, è sostanzialmente un disco di canzoni ben definite (e non poteva essere altrimenti, nell’era del download, dell’I-pod, dell’I-pad, dell’I-pid….) , anche se quasi tutte sfumano una nell’altra. Il sapore è quello dei più recenti dischi solisti di Anderson, “Secret language of birds” e “Rupi’s dance”.
I richiami a Thick as a brick ci sono:
-nell’introduzione, in cui ritroviamo l’echeggiare degli accordi in lontananza che aprivano la side 2 (probabilmente gli stessi del ’72 campionati, con l’aggiunta di una tastiera) seguiti da un riff chitarristico a tempi alternati;
-nel brano Old school song, chiaramente un rifacimento della “giga” di metà della side 1, tra i cavalli di battaglia dei concerti dei Tull;
-nel finale, con ancora il riff chitarristico che lascia il posto al finale, ripreso pari pari (anche se stavolta suonato ex-novo):
So, you ride yourselves over the fields.
And you make all your animal deals.
And your wise men don’t know how it feels
to be Thick As A Brick……………………..two!

Vi sono qua e là altri richiami ad altre cose prodotte nella lunghissima storia dei Jethro Tull: per esempio, nel testo di un brano vengono citate Locomotive breath e A passion play, in un altro c’è una schitarrata (acustica) che richiama Old ghosts, o in un altro ancora una chitarra elettrica che proviene direttamente da Dark ages. E fin qui tutto bene, dato che sono citazioni chiaramente volute, anzi non mi sarebbe dispiaciuto qualche parallelo in più al Thick as a brick “vintage”. Il problema sorge quando qualche canzone, e ce n’è più di una, somiglia a cose già sentite nel repertorio solista di Anderson. Un caso è addirittura imbarazzante: il brano A change of horses è praticamente un auto-plagio, essendo uguale, almeno nella strofa, a A better moon (tratto da The secret language of birds).
Il vero limite di quest’opera è la mancanza di canzoni forti, trainanti. Lo conferma il fatto che un paio di brani tra quelli che dovrebbero essere i principali, Adrift & dumfounded e la stessa Change of horses, già da un po’ facevano parte del repertorio live, senza che nessuno avesse gridato al miracolo, anzi erano passati quasi inosservati. Nel tessuto del racconto certamente assumono rilevanza ma ciò non basta a renderli capolavori del livello di My God o Hunting girl o A new day yesterday.
Tutto ciò premesso, la mia sembrerebbe una bocciatura senza appello, ma non è così. Innanzitutto perché, come dicevo prima, c’è un’idea, e buona, alla base dell’opera; inoltre ad ogni ascolto il disco guadagna punti, le canzoni acquistano smalto e spessore, specie in ottica concept-album, e svanisce man mano l’effetto dejà-vu. Consideriamo anche che non sono molti gli artisti “storici” del rock che sono stati in grado di produrre un disco così a 60 anni suonati (mi viene in mente il solo Paul McCartney, con Chaos and creation in the backyard, del 2005).
Quindi mi sento, nonostante tutto, di consigliare assolutamente l’acquisto del cd; anzi, considerando l’esigua differenza del costo (3-4 euri), di accattarsi la versione station-wagon, quella col dvd insomma.
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Progknight94 »

Oh bene son felice che finalmente ce l'hai. Ora non ho tempo ma tornerò per la mia mini recensione [happy]
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Progknight94 »

Per me è la miglior cosa da Crest. Non è un seguito, nè concettualmente nè musicalmente, ma meglio di così non poteva andare. La voce è migliorata, peccato per una sezione ritmica banalissima... La tastiera mi è piaciuta, per lo meno ci sono alcune buone idee (A Change of Horses). I pezzi brevi in spoken word in rete non sono piaciuti, ma mi ricordano This Was ed è un bene per me. Magari alcuni pezzi scurzati sarebbero migliorati, ma in generale sono soddisfatto. Ora spero in un pò più di audacia e una ripresa di registrazione. Magari con zio martino.
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Watcher »

La prima impressione che ebbi e che feci notare ad Hairless, quando per sua gentile concessione mi permise di ascoltarlo, era di un album che aveva tutti i presupposti per piacermi, e così è stato.
Il marchio Jethro Tull è ancora vivo e sono passati quarant’anni. Non ci sono brani eccelsi ma sono tutti di buona fattura sia per quanto riguarda le melodie ma soprattutto per gli arrangiamenti. La voce per un sessantacinquenne non è male, mancando ovviamente di quella grinta che lo aveva contraddistinto nel tempo che fu, ma non possiamo certo pretendere di più. E il flauto? Lo suona sempre meravigliosamente bene; in alcuni momenti sembra addirittura che Ian sia oltremodo migliorato. Beh, con quarant’anni di pratica …voglio ben vedere!
I colleghi sono abbastanza all’altezza, soprattutto il nuovo chitarrista (separato alla nascita da Simone Barbato/Zelig? [smile] ), messo sotto esame nel paragone con Martin Barre. Ne è uscito bello pulito, bastava imitare il predecessore e il gioco era fatto. Ho trovato un po' forzati e anacronistici certi duetti flauto/chitarra, flauto/fisarmonica ma anche questo faceva e fa parte dello stile di Ian Anderson che si conferma uno degli artisti più coerenti di tutto il panorama rock.
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Hairless Heart »

E il flauto? ..in alcuni momenti sembra addirittura che Ian sia oltremodo migliorato
Ha studiato, l'amico. Era partito da autodidatta (i puristi inorridivano....), poi qualche anno fa, se non ricordo male, fu sua figlia che gli disse una cosa tipo "ehi, ma tu non lo suoni mica bene, il flauto.....", strumento che la pargola aveva invece studiato a scuola. Forse è stato in seguito ai suoi approfondimenti che ha potuto confrontarsi con Andrea Griminelli, un maestro del flauto in chiave classica.
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Watcher »

Ah, ecco. Non mi ero sbagliato quindi ...
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Hairless Heart »

Mercoledì 23 all’una di notte (e quindi era già giovedì, in effetti…..) su Radio Popolare hanno trasmesso uno speciale su TAAB2, in occasione dell’imminente tranche italiana del tour di Anderson. La trasmissione, durata un paio d’ore, aveva come ospiti un certo Rocco di From Genesis to Revelation (che non ho capito se sia un programma radiofonico, una fanzine o cos’altro) e soprattutto, in collegamento telefonico, Aldo Tagliaferro, presidente del fan club Itullians e curatore della traduzione italiana dei testi di TAAB2 contenuti nella versione dvd dell’album (ma si possono trovare e scaricare anche nel sito ufficiale dell’artista). Tagliaferro è stato la solita miniera di preziosissime informazioni, e ha tentato, nonostante il conduttore facesse di tutto per impedirglielo, di spiegare la genesi e la struttura del nuovo Thick as a brick.
Intanto, ha detto che il brano di punta, Banker bets, banker wins ha raggiunto il primo posto negli USA tra i download del classic rock! Niente male davvero!
Poi che Ian Anderson non può usare il marchio Jethro Tull, appannaggio anche di Barre e Perry.
Che come fan club stanno organizzando per l’autunno un concerto della band di Martin Barre, che vedrà la partecipazione, oltre che di Jonathan Noyce già ora presente, anche di Doane Perry.
Tagliaferro ha anche svelato il retroscena di un brano, Swing it far. Qui Gerald Bostock è un senzatetto, e tra le altre cose è un omosessuale. Nel brano si parla della sua infanzia, col padre che gli rivolge epiteti poco simpatici traducibili alla buona come “finocchio” e “checca”. Sono scene di vita vissuta per Anderson, il cui fratello maggiore era appunto omosessuale, e quelli erano gli stessi epiteti che lui ha sentito proferire dal suo stesso padre.
Poi altri particolari, come ad esempio l’uso di particolari allitterazioni, parole in rima poco usate in inglese (utopia, suburbia…..), insomma delle finezze da grande autore. Mi convinco sempre più che in questo disco, più che in altri, la parte testuale sia importantissima e fondamentale per capire l’opera nella sua completezza.
Nel corso del programma, è stata usata più volte la parola “capolavoro”.

Ah, hanno anche citato l’episodio della figlia che corregge il padre, figlia che (capitolo-gossip) ha da poco sposato un famoso attore.
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Progknight94 »

nonostante il conduttore facesse di tutto per impedirglielo,
:D
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Watcher »

Non mi ricordo dove l'ho letto un paio di giorni fa, ma sembrerebbe che Ian Anderson con i Jethro non abbia mai scritto nulla perchè non ne era capace. Quasi tutto è da attribuire a Martin Barre. Anderson aveva solo la capacità di creare ottimi arrangiamenti.
Spero che qualcuno mi smentisca.
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Hairless Heart »

Non so quale sia la tua fonte, ma.... sono i fatti a smentirti. E' vero che, specie negli album anni '70, lo zampino di Barre e degli altri, soprattutto David Palmer, c'era molto di più di quanto non dicano i credits (solo qualche volta c'è un "additional material by..."); questo è confermato da svariate fonti. Per fare un esempio, in Thick as a brick è chiaro che ogni membro della band ci ha messo del suo.
Ma basta fare un semplice ragionamento. Nei concerti dei Tull, da sempre c'è stato lo spazio per una o due canzoni scritte da Martin, nel live del '78 Bursting out ci sono ad esempio Quatrain e Conundrum, dagli anni '90 quanto Martino ha cominciato ad uscire con lavori solistici, c'è sempre stato lo spazio per un brano di questi dischi: per un periodo in scaletta c'è stata proprio quella Bug che tu hai postato nel topic su "A trick of memory". Ora, avrebbe senso dare il contentino a Barre se anche tutte le altre canzoni sono sue? E poi, è chiaramente uno stile diverso rispetto alle cose Anderson-Jethrose, mentre vi sono molti più punti di contatto tra i Jethro e la produzione solistica di Anderson, da "Walk into light" nel periodo elettronico alle cose di questi ultimi 10-15 anni.
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Watcher »

Anderson era diabolico, basta guardargli l’espressione nel nostro banner!
Proprio dandogli il contentino faceva credere che tutto il resto era suo. [smile]
A parte gli scherzi, chiedo scusa, ho letto male e frettolosamente. Devo andarci piano con il vino.
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Hairless Heart »

E invece è possibilissimo che tu abbia letto bene una delle tante castronerie che si trovano in rete.
Pensa che per qualcuno i Genesis hanno continuato ad esistere anche dopo l'uscita di Peter Gabriel.... [smile] [smile]
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Re: TAAB2 - Recensione

Messaggio da Watcher »

Hairless Heart ha scritto: Pensa che per qualcuno i Genesis hanno continuato ad esistere anche dopo l'uscita di Peter Gabriel.... [smile] [smile]
Una delle frasi più talebane sui Genesis che abbia mai letto da quando bazzico per i forum. :shock:
:lol:
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