Il discorso è che nella maggior parte degli album floydiani c'è un certo "distacco", se così vogliamo chiamarlo, di "atmosfere"; un distacco che non trovo in nessun album dei MIEI Genesis, che, per gusti personali, sono la mia band preferita in assoluto e dunque punto di riferimento principale, per valutare la bellezza o meno (secondo me) di un determinato album di un'altra band. Gli album dei Genesis sono dunque, per me, la perfezione assoluta, il paramentro, l'unità di misura. La band in questione ora sono i Floyd, che, come proposta musicale, almeno fino ad Animals appunto, sono al secondo posto della mia classifica, e nessuno potrà toglierceli; ci stanno di diritto. Ora, premetto che io amo tutti i dischi dei Floyd da The Piper fino ad Animals, pur continuando ad apprezzare almeno molte cose di The Wall. Per unità di atmosfere io intendo di preciso la "marca", in un certo senso di un determinato brano, comune ad un altro del suo stesso album di provenienza, e nei dischi genesiani questo si riscontra in TUTTI i brani di un disco: il lugubre e il solenne di Trespass (quella sensazione di ritrovarsi in un luogo selvaggio, in inverno, un bosco spoglio di notte, con la lunapiena nel cielo), il mistico ed il leggendario di Nursery Cryme (quella sensazione di ritrovarsi nella terra di mezzo, il paese di "Alice in Wonderland", a metà tra un'epoca vittoriana alternativa, estetica per molti versi, in stile Oscar Wilde, e il mondo della mitologia greca, il tutto come se fosse dipinto in un affresco barocco, che sa di polvere), l'agrodolce e l'apocalittico di Foxtrot (un senso di drammaticità, di asprezza, ma anche di inattesa morbidezza sognante che arriva tutto ad un tratto per poi RIcatapultare tutto in un baratro senza tempo), il classicismo ed il fiabesco di Selling England (sembra di trovarsi dall'inizio alla fine, anche nella più commerciale I Know, nel mondo delle fiabe celtiche, nei boschi britannici in estate, accanto ai corsi d'acqua, all'epoca dei cavalieri della tavola rotonda
), il claustrofobico, l'avvenirismo e lo "sporco" di The Lamb (il senso di frustrazione contiunuo del protagonista, il massimo dell'intensità che un albuma abbia saputo regalare, lo spirito della band ora nel mondo reale - che poi tanto reale non è - all'ennesima potenza, l'energia che proviene dalle fondamenta della terra, lo SPIRITO vagabondo), e così via, sono per me l'esempio lampante di una certa coesione; per me hanno più in comune due brani apparentemente diversi come The Musical Box ed Harold the Barrel, che per esempio la Musical Box con Supper's Ready, o con Stagnation. Nei dischi dei Floyd questo succede solo in dischi come The Piper, dove in tutte le tracce si percepisce la follia geniale di Barrett, il suo "tocco", in tutte c'è quella specie di alienazione, una sorta di viaggio ai confini più estremi del cosmo; in Saucerful c'è in tutte un senso, una cappa, una "nebbia" (ebbene si, in Saucerful c'è eccome la nebbia), di vagamente onirico, surreale, "fantasy", per certi versi, ma non troppo. Converrete che in album come Atom (che io amo) la title track non ci azzecca molto con, che so If o la colazione di Alan, ma anche con le atre due, che tra di loro nemmeno hanno tutta questa intesa. Entro i limiti, avrebbero anche potuto trovarsi in un altro disco. In Meddle come ho già detto c'è una nebbia grigia, un vento soffice che a tratti si fa impetuoso ma non diventa mai uragano che scorre in brani come One of These Days, A Pillow of Winds ed Echoes, e basta. In Dark Side la diversa natura dei pezzi è qui "mascherata" da un velo di un tessuto speciale che li riveste e li rende "uniformi", per cui vi andrebbe fatto un discorso a parte. In Wish You Were Here, anche se in modo meno marcato rispetto al precedente, andrebbe forse fatto lo stesso discorso, anche se qui si può ben notare come brani come la title track ed Have a Cigar (tra loro diverse per altro), si discostino da Shine on e Welcome. In Animals si ritorna alle origini, ma con uno stile completamente differente da quelle origini, e diverso in molti sensi dal passato più recente. In Pigs on the Wing, in Dogs ed in tutte le altre si percepisce quel senso comune di nostalgia, appesantito dal "grasso" degli ingranaggi della centrale elettrica della suggestiva copertina che si insinua tra le note e tra la musica, un pò come il tanfo, la polvere, ed il profumo di antico dell'antica città romana fa nel Live at Pompeii. E guardacaso, per gusti assolutamente personali, queste due opere sono ciò che di meglio hanno fatto i Floyd, in mezzo a tutta quella miniera d'oro che è la loro discografia. Ora, dopo tutto questo, potrete darmi del pazzoide schizzato, ma questo è ciò che di più essenziale mi trasmette la musica che amo