Nel frattempo dico la mia sul disco. Carino, è carino. Ci sono tutti gli ingredienti a livello di suoni e strumenti, per "farci sentire a casa" (cit.)

. Ma pur essendo abbastanza omogeneo qualitativamente, a mio parere manca l'acuto, manca la sezione da urlo, quella indimenticabile, quella davvero rapportabile ai grandi capolavori degli anni '70 (e non solo). Intendiamoci, ci vorrebbe un disco all'anno così, però..... Ho riascoltato per curiosità
Music of the Spheres, quello più recente con cui sia possibile un paragone: forse è un confronto impari, un uomo solo che suona tutti gli strumenti contro un'orchestra, in ogni caso secondo me è superiore a quest'ultimo; le melodie sono più definite e rimangono, e c'è almeno un pezzo da ricordare (Musica Universalis).
L'intro di
Return to Ommadawn a dire il vero ricorda più
Hergest Ridge che
Ommadawn, con la sua ambientazione pastorale.
In almeno due occasioni ci sono dei vuoti di arrangiamento che lasciano perplessi, e un'altra cosa: che il grande Mike difettasse un po' in quanto a senso del tempo, era noto. In molti dischi, quelli che sembravano dei rallentamenti voluti, probabilmente non erano così voluti. Ma qui ci sono tre punti in cui la cosa è piuttosto palese, mi riferisco (per chi ha il disco sotto mano) alla tastiera arpeggiante che c'è a circa 10.00 della prima parte, allo svarione dell'acustica (o mandolino?) che tiene il tempo a 1'20" della seconda parte, il terzo al momento mi sfugge.
Al di là di questi che potrebbero essere peccati veniali, per il momento
il mio voto si assesta sul
6/7.