MIKE OLDFIELD

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MIKE OLDFIELD

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Così come per i Jethro Tull, anche per Oldfield tempo fa feci una veloce recensione della discografia, con relativi voti; vado qui a riproporla.

-Prima parte-
TUBULAR BELLS (1973) – Questo giovane musicista, già fondatore (a 15 anni!!) del duo folk Sallyangie con la sorella maggiore Sally, e componente della band di Kevin Ayers, a 18 anni circa inizia a lavorare ad una serie di frammenti di musica strumentale. L’unico interessato a pubblicare ‘sta roba è il venditore di dischi per corrispondenza Richard Branson, che fonderà per l’occasione l’etichetta Virgin. L’album esce in sordina, poi ha un’impennata di interesse quando il regista William Friedkin ne inserisce il frammento più famoso nella colonna sonora del film “L’esorcista”. Da quel momento inizia l’ascesa esponenziale del conto in banca di Oldfield e soprattutto di Branson.
Nel disco, composto da due suite, c’è di tutto: rock, classica, folk, anche heavy-metal per certi versi. La seconda facciata è decisamente meno interessante ma parliamo di un’autentica pietra miliare della musica pop contemporanea. Voto 9,5 .
HERGEST RIDGE (1974) – Il successo planetario non cambia il carattere di Oldfield, sempre introverso e complessato. Il nuovo album è meno variegato e più rilassato del precedente, si passa da un’ambiente metropolitano ad uno più agreste. Personalmente trovo troppo ripetitiva una sezione della side B, ma amo quest’album come pochi altri. Per qualche settimana TB ed HR si divideranno le prime due posizioni delle charts inglesi (erano decisamente altri tempi…). Voto 9+ .
Nel gennaio del ’75 esce “The orchestral Tubular bells” prima di una lunghissima serie di riproposizioni dell’album. Non aggiunge nulla al disco, ed è tranquillamente sorvolabile. In un concerto, da notare alla chitarra la presenza di un certo Andy Summers, futuro “poliziotto”.
OMMADAWN (1975) – E’ sostanzialmente la prosecuzione di HR, anche se dalle tinte meno cupe ed autunnali. Consiglio vivamente l’ascolto di questi due dischi in cuffia, uso rilassamento. Al flauto, Paddy Moloney, leader dei Chieftains. Secondo l’autore e buona parte della critica, Ommadawn è secondo solo a TB. Io gli preferisco di un nonnulla HR. A metà della side A c’è una svisata di chitarra che ha dell’incredibile. Voto 9.
The consequences of indecisions (1977) – Chiariamo subito: non è un disco di Mike Oldfield, come l’edizione in mio possesso lascerebbe intendere, ma del finlandese Pekka Pohjola, in cui Mike figura come produttore e chitarrista in 4 brani su 5. E’ un disco incredibile, un po’ jazz e un po’ progressive. Oltre a Mike, la sorella Sally e Pierre Moerlen. Il voto glielo do’ lo stesso. 8,5.
INCANTATIONS (1978) – Questo disco doppio, che chiude l’epoca delle grandi suites prevalentemente strumentali, è un’occasione perduta. Alterna parti immense ad altre prolisse ed inutili. Si poteva tranquillamente condensarlo in un unico disco, e sarebbe stato probabilmente il suo capolavoro. Ma l’ultimissima sezione è assolutamente meravigliosa. Voto 8,5.
All’album segue la pubblicazione di Exposed, doppio live (presente Pekka Pohjola) con Incantations in un disco e Tubular bells (a ridaje, e non è finita…) nell’altro.
PLATINUM (1979) – Cambio di passo. La musica si fa meno “colta”, più accessibile, a tratti quasi dance. Il lato A è una suite in 4 parti con 4 titoli diversi, da sottolineare Airborne e Charleston. Lato B con 4 pezzi nessuno dei quali indimenticabili. Voto comunque 7.
Q.E.2 (1980) – Per anni è stato il mio album preferito (in un altro forum era il mio avatar) poi ho riveduto le mie posizioni. In due brani, fra cui la strepitosa (a mio parere) minisuite Taurus 1, c’è un certo Phil Collins alla batteria. Ottima anche la cover Wonderful land (usata come sottofondo dell’ annunciatrice per la neonata Rete4) e l’hit Arrival, cover degli Abba. Voto 7/8 .

Appendice a questa prima parte. Molti brani sono apparsi negli anni anche su singolo (che aveva la sua importanza all’epoca). Vanno assolutamente citate almeno In dulci jubilo, tradizionale che fu ripreso anche da Bach, Argiers, piccolo gioiellino acustico, e Guilty, strepitoso pezzo dance. Questi ed altri brani si possono trovare nel quadruplo Boxed del ’78, nella raccolta The complete o nella più recente Platinum collection.
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Messaggio da Hairless Heart »

-Seconda parte-
FIVE MILES OUT (1982) – E’ uno sviluppo del precedente QE2, col quale ci sono molti punti di contatto (ed alcune melodie riprese). Più che buona Taurus II, suite che occupa l’intero lato A del fu-vinile, ancora migliore secondo me l’altro brano lungo Orabidoo. Dopo Phil Collins, in Mount teide ecco un altro grande drummer: Carl Palmer. La strofa della song Family man è stata ripresa una decina di anni fa per farne un pezzo tecno, mi pare si chiamasse Tell me why. Voto 8+ .
CRISES (1983) – L’album dal quale sono partito, grazie ad un concerto visto in tv, è diviso nettamente in due: prima parte con la suite omonima quasi interamente strumentale, la seconda con 5 brani di cui 4 cantati, comprendenti le celeberrime Moonlight shadow e Foreign affair cantate da Maggie Reilly. Gli amanti del primo Oldfield storceranno il naso, ma a mio parere egli dimostra di saper fare anche dell’ottimo pop, specialmente se lo si affianca come in questo caso ad una suite che a me piace molto e che mi porta a dargli un bell’8+ .
DISCOVERY (1984) – Ormai a proprio agio con il pop (e con la Virgin e Branson a proprio agio con le vendite di Moonlight shadow) il nostro vi si butta a capofitto nel nuovo disco. 7 brani cantati sono una novità per lui, tra queste spicca la nuova hit To France (sempre Maggie Reilly). Per fortuna ad alzare il livello del disco ci pensa la mini-suite The lake (peraltro non amatissima dai fans); la parte finale ci fa davvero riconciliare col mondo. Voto 7- .
THE KILLING FIELDS (1984) – Va preso per quella che è: una colonna sonora (del film noto in Italia come Urla del silenzio). Ma non mancano le perle: a parte il tema Pran che si ripete più volte, Evacuation e soprattutto la cover Etude sono dei gran bei pezzi. Voto 6,5 .
ISLANDS (1987) – Torna lo schema di Crises, ma con molta meno fortuna: The wind chimes non è assolutamente male, sono le 5 (6 nel cd) canzoni cantate a lasciare a desiderare. Nella title-track la voce è di Bonnie Tyler, in Flying start Oldfield chiama il suo vecchio “datore di lavoro” Kevin Ayers. Voto 6+ .
EARTH MOVING (1989) – La casa discografica (con cui i rapporti sono sempre più tesi) lo spinge a fare un album con 10 Moonlight shadow. Lui ci prova, senza convinzione né ispirazione e ne esce uno dei suoi peggiori lavori di sempre. Tutti brani pop su cui guzzantianamente “sopravvoliamo”. Voto 4 .
AMAROK (1990) – Alla faccia della svolta!!! Paragonarlo col disco precedente è come accostare i King Crimson a Gazebo. Sorta di Ommadawn2 (torna infatti anche Paddy Moloney) è un opera interamente strumentale in cui Mike Oldfield appositamente fa durare pochissimo ogni sezione, in modo che la casa discografica non possa estrapolarne un singolo. Pare fra l’altro che in un pezzo ci sia una voce che ritmicamente ripete “R B F O” che starebbe per “Richard Branson Fu** Off”. Disco amatissimo dai fans della prima ora, con alcuni spunti di puro genio, alla lunga è un po’ pesante e prolisso. Ma è da ammirare un artista che, raggiunta la fama presso il pubblico dei juke-box, si rimette completamente in discussione. Ogni riferimento ad una certa band progressive è puramente voluto. Voto 8+ .
HEAVEN’S OPEN (1991) – Che si vergognasse del suo parto, quando ha deciso di presentarsi come Michael Oldfield in copertina (peraltro bellissima)? Ne aveva tutti i motivi. Di nuovo lo schema con 5 brani cantati (da LUI, come se non bastasse…) e una suite strumentale. In quest’ultima non è tutto da buttare, nei 5 brani si. Voto 4,5 .

Anche in questo periodo vanno ricordati alcuni pezzi usciti solo su singolo, pur se meno interessanti rispetto alla decade precedente: Crime of passion, fotocopia di Moonlight shadow; gli strumentali Jungle gardenia e In the pool (quest’ultima andava forte nelle discoteche “afro”); il singolo Shine cantato da Jon Anderson (che aveva già collaborato in Crises) e soprattutto il suo retro The path.
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

-Terza parte-
TUBULAR BELLS II (1992) – Il grande Mike scompone, revisiona e ricompone il suo capolavoro (genesi e struttura dell’album andranno però approfondite). Con quest’album Oldfield cambia casa discografica e passa alla Warner. Al banco-mixer un certo Trevor Horn. Le due suite hanno qui 14 sottotitoli, di questi da rimarcare Sentinel, l’accoppiata Red dawn-The bell e Weightless. Di grande effetto, nell’esecuzione live, l’entrata di uno stuolo di cornamuse per Tattoo. Considero questo il mio disco preferito degli ultimi 20 anni. E pazienza se è un semi-clone. Voto 8/9 .
THE SONGS OF DISTANT EARTH (1994) – Forse il disco preferito dalla nuova generazione di fans, prende spunto da un libro di Arthur C.Clarke. Ricordo cosa pensai dopo il primo ascolto: “sembra un enorme demo di una tastiera appena messa in commercio”. Suoni fantastici al servizio di innumerevoli sequenze di 4 accordi piuttosto scontate. Buon lavoro ma non c’è da gridare al miracolo, su tutte il trittico The chamber-Hibernaculum-Tubular world (……). Voto 7 .
VOYAGER (1996) – In un periodo in cui tutto ciò che è “celtico” è “in”, Mike Oldfield dice la sua coverizzando alcuni tradizionali e aggiungendoci 4 brani nuovi. Tra le cover, Women of Ireland era piuttosto famosa all’epoca (molto usata per le trasmissioni notturne pubblicizzanti i numeri 144…). She moves through the fair fu parolata dai Simple Minds (Belfast child). Ma la cosa migliore è rappresentata dai 10 minuti dell’inedito Mont St Michel, dove il nostro dimostra tutto il suo genio. Voto 7- .
TUBULAR BELLS III (1998) – Altra riproposizione, ma ormai dell’opera originale c’è ben poco. E’ vera e propria new age. I pezzi migliori: The inner child e The top of the morning. Voto 6,5 .
GUITARS (1999) – Lavoro concettualmente interessante, registrato utilizzando esclusivamente chitarre, elettriche, acustiche e midi, suoni di batteria compresi. Brano migliore: Enigmatism, oltre ai due acustici di apertura e chiusura. Voto 6,5 .
THE MILLENNIUM BELL (1999) – Mike riprende il nome e la cover a lui tanto cari per questo viaggio nella storia dell’umanità. The Doge’s palace sembra un plagio del Rondò Veneziano. Di nuovo voto 6,5 .
TR3S LUNAS (2002) – Come dice anche l’etichetta adesiva sulla custodia del cd, Chill out a fiumi. Di nuovo c’è che Oldfield si cimenta anche con la realtà virtuale, di cui questa è sostanzialmente la colonna sonora; infatti la confezione comprende un cd-rom con un gioco interattivo. Voto 5. Sul web si può trovare anche Tr3s Lunas 2 con altre musiche dal videogioco. Un paio di anni più tardi creerà un altro software di realtà virtuale, Maestro.
LIGHT + SHADE (2005) – Ormai non c’è più la minima voglia di “pensare”, basta solo accendere un synth, selezionare un preset, strimpellare due accordi, e la canzone è bell’e fatta. Il brano migliore, Cook’s tune, lo esclude perché non in linea col resto, e lo mette in vendita on-line. Voto 3 .
MUSIC OF THE SPHERES (2008) – Per quello che ha annunciato essere il suo ultimo album, il nostro Mike si appoggia ad un’orchestra. Non sarà un capolavoro, ma considerati gli ultimi lavori ci si può accontentare. Echi di Tubular bells (Harbinger e Musica universalis, la migliore) e di Incantations (Aurora). Voto 7 .
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Watcher »

:o
Ottimo lavoro Hairless!
Presumo che questi album tu li abbia tutti, mentre io mi sono fermato a Platinum con un saltino (come già sai) ad Amarok.
Forse è stato proprio Platinum il disco che mi ha fatto un po' disamorare di Mike Oldfield. Penso che da qui sia un po' scaduto in termini di qualità, e troppo lontano dai primi due-tre capolavori.
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

Ce li ho tutti si, l'unico che ho evitato di acquistare è Tubular Bells 2003. Per chi non lo sapesse, l'opera prima riregistrata ex-novo, con le nuove tecniche di cui si può disporre in sala d'incisione: insomma, troppo "perfettino", il disco del '73 è bello anche nelle sue piccole imperfezioni.
Watcher ha scritto:io mi sono fermato a Platinum

[fisc] "Stiamo lavorando per voi..." [fisc]
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

Hairless Heart ha scritto:MUSIC OF THE SPHERES.........Echi di Tubular bells (Harbinger e Musica universalis).............
Hairless Heart, nelle Pietre Miliari ha scritto:Mi ha fatto ridere leggere di "echi di Tubular bells": il primo brano è uguale sputato al tema iniziale di TB
....Mi son fatto ridere da solo..... :lol:
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

Vediamo di approfondire un po' di cosette.
Di Tubular bells abbiamo parlato a dovere qui:
http://vintagerockforum.altervista.org/ ... f=30&t=622

HERGEST RIDGE (1974)

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Il successo, anziché risolvere i problemi personali e caratteriali dell’introverso Oldfield, se possibile li aggrava. E’ per questo che si ritira in campagna, dove si dedica a lunghe passeggiate nei pascoli ai confini con il Galles, all’aeromodellismo, ed alla composizione di nuova musica. Le aspettative verso chi ha creato un’opera prima così maestosa, sarebbero proibitive per chiunque, cionondimeno il buon Mike tra il febbraio e il marzo del 1974 registra le due suites che costituiscono Hergest Ridge, nome ricavato da una località nei pressi del suo buen retiro.
Li dove Tubular bells era talvolta schizoide, e comunque molto variegato e con cambi repentini, il nuovo lavoro è invece molto più quieto e riflessivo, con sezioni musicali molto più dilatate, ma poetiche come poche altre cose ci può capitare di ascoltare. Oldfield qui gioca coi “piano” e i “forte”, coi “pieni” e i “vuoti”, per un risultato dalla carica emozionale davvero intensa. Sembra davvero di vederle, le verdi colline dove egli ha soggiornato! In questo quieto paesaggio, fa eccezione la lunga sezione centrale della seconda parte, con 90 (novanta!) chitarre elettriche sovraincise, a creare quella che è stata definita una “tempesta elettrica”, peraltro dilatata un po’ troppo (è questo l’unico vero difetto del disco).
Nonostante sia tutt’altro che un disco facile, Hergest Ridge raggiunge il primo posto nelle charts inglesi (chiaramente sfruttando il traino di TB).
Le parti migliori del disco, a mio avviso:
-la terza ed ultima sezione del lato A, introdotta da un riff di basso che, posto proprio in quella posizione, potrebbe ricordare quello di Tubular bells ma così non è; poi si sviluppa un tema dalla sequenza di accordi piuttosto articolata, con delle sonorità che sanno di notte di Natale con tanto di slitta trainata da renne;
-il sognante inizio del lato B, con intro di chitarra acustica;
-la quiete che sopraggiunge alla fine della “tempesta elettrica”.
Nel video che segue, l'intera prima suite.

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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Watcher »

Pezzo meraviglioso!!! [hearts]
Erano anni che non ascoltavo Hergest Ridge ed è venuto il momento di riprenderlo e rivalutarlo.
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

OMMADAWN (1975)

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E’ un artista un po’ (non esageriamo….) più sereno e ben disposto verso il mondo, quello che si accinge a dar vita alla sua terza opera. Già il fatto che accetti di farsi ritrarre in copertina, è abbastanza sintomatico.
Le prime registrazioni hanno luogo nel gennaio del ’75, e per la prima volta non è il solo Oldfield ad eseguire praticamente per intero le varie sezioni che compongono la nuova suite in due parti. C’è un’apertura ad altri musicisti, a cominciare dal flautista irlandese Paddy Moloney, leader dei Chieftains, proseguendo con Pierre Moerlen dei Gong e coi percussionisti africani Jabula.
Il titolo provvisorio “Pickles on my glockenspiel” fu accantonato quando venne elaborato il testo dell’ultima sezione della prima parte:
Ab yul ann i dyad awt
En yab na log a toch na awd
Taw may on
Ommadawn egg kyowl
Ommadawn egg kyowl

Che tradotto risulterebbe essere:
Papà è a letto
Il gatto è in cucina che beve il latte
Io sto ridendo
Perché sono uno sciocco
Perché sono uno sciocco.

(parole scritte dalla vocalist Clodagh Simonds).
Testo ritenuto per anni scritto in Gaelico, ma la cosa è smentita nel sito ufficiale: partendo dalla parola Amadan, che in gaelico significa effettivamente “sciocco” o “pazzo”, il resto del testo è stato elaborato tenendo conto essenzialmente della fonetica (Ommadawn si pronuncia appunto Amadan).
Musicalmente l’album è un’evoluzione di Hergest Ridge, un po’ meno introspettivo, un po’ più solare. Sono numerosi gli aneddoti a proposito delle incisioni, pare ad esempio che l’ispirazione giusta per l’assolo di chitarra che chiude la prima suite, sia venuta (termine scelto non a caso…) dalla visione di simpatiche e non vestitissime donzelle in una rivista. In effetti, le percussioni che rimangono in sottofondo nel finale, sembrano imitare un battito cardiaco da quiete dopo la tempesta……ormonale……
In ogni caso, come in TB e in HR, l’acme si raggiunge proprio alla fine della prima suite, che è peraltro ancora una meravigliosa prova d’autore.
L’inizio della seconda suite è la parte meno interessante del disco, ed è quella che gli fa perdere qualche punto, nonostante anche qui decine di chitarre elettriche soprapposte ricamino un suono epico. Anche la successiva sezione, che vede la cornamusa in primo piano, si trascina un po’ stancamente; per fortuna ci si risveglia con un pezzo folk nobilitato dalla maestria del Genio all’elettrica.
La novità sta nella canzone che chiude il disco, una canzone in senso tradizionale, intitolata On horseback, la quale utilizza nel ritornello un coro di bambini. Il testo rivela tutta la passione di Oldfield per l’andare a cavallo, cosa che lui dice di preferire a qualunque altra esperienza di vita.
In conclusione, un’opera che soddisfa il suo autore molto più della precedente, realizzata in fretta sotto la spinta di Branson.
Personalmente, come ho già detto, preferisco di pochissimo Hergest Ridge. Ciò non toglie che Ommadawn sia un capolavoro assoluto!

La prima suite.

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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da reallytongues »

Ho la vaga impressione che sia uno dei tuoi artisti preferiti..
Io conosco solo Tabular Bells che sconta una lunghezza esagerata, ma che possiede per buona parte una lucidità e una eleganza semplice e contenuta, distinguendosi dalle pedanterie tipiche del progressive del tempo.
In un certo modo prende dalla musica colta la forma dove esprimere contenuti di nuova musica pop, quella che diventerà la new age, pregna di simbolisimi mistici e così via, impegnativa ma non troppo, per un pubblico attento, ma piuttosto medio.
La cosa certa è che quest'opera spicca su tutte le altre suite prog del periodo.
Non conosco i successivi ma mi hai incuriosito, soprattutto dove parli di momenti più jazz..
Anche l'Oldfield canzonettaro dei primi 80 non mi dispiace comunque, facile, ma intelligente.
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

Ho la vaga impressione che sia uno dei tuoi artisti preferiti..
Si è notato??? [fisc]
Ebbene si, nella mia personalissima e opinabilissima classifica, viene un gradino sotto Beatles & Jethro Tull, ed è alla pari dei Genesis (Gabriel era, ovvio).
Tabular Bells.....
Prendo spunto non certo per correggerti (ci mancherebbe altro), ma per far notare che una volta su tre questo titolo viene storpiato. Persino nell'etichetta di un mio vecchio vinile della Virgin, c'era scritto Tabular. Ma ho letto spesso anche Tubolar.
Anche l'Oldfield canzonettaro dei primi 80 non mi dispiace comunque, facile, ma intelligente.
Tanto più che alle canzonette famose associava delle cosette strumentale prelibate. [slurp]
Ma ci arriveremo. (è una minaccia!) [bye]
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

In questi primi anni di carriera Oldfield ha pubblicato anche qualche 45 giri, perlopiù dei tradizionali, con edizioni diverse a seconda della nazione di uscita; per questo motivo è difficile dire quali fossero i lati “A” e i lati “B”.
Tra queste canzoni, alcune lasciano un po’ perplessi, come Don Alfonso e Froggy went a-courting (traditional recentemente inciso anche da Bob Dylan); un paio sono rivisitazioni di brani classici, Vivaldi concerto in C e William Tell overture (la stessa che propone la PFM alla fine di Live in USA, con risultati decisamente più apprezzabili); l’ottimo pezzo folk Portsmouth.
Spiccano un paio di gioiellini:
-In dulci jubilo, del compositore ottocentesco Robert Lucas Pearsall, che Oldfield ha eseguito quest’estate nella cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Londra (con un altro brano, facile intuire quale);
-Argiers, splendido traditional che non dovrebbe dispiacere agli amanti dei Genesis “acustici”.



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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

In questi primi anni di carriera, Oldfield si dedica a molte collaborazioni con vari artisti. Con Kevin Ayers, nel 1970 incide “Shooting at the moon”. Sempre a proposito di ex-Soft Machine, nel ’74 partecipa alle registrazioni del quasi leggendario “Rock bottom” di Robert Wyatt. E’ poi gradito ospite in vari dischi dei suoi collaboratori storici, Thom Newman e David Bedford. Di quest’ultimo è da sottolineare la splendida The Rio Grande, ennesimo tradizionale, e l’esecuzione dal vivo della suite The Odyssey, con apparizione sul palco di Oldfield (dopo più di due anni) a fianco di Jon Lord e Vangelis. Per finire, la particolare vicenda della collaborazione con l’artista finnico Pekka Pohjola. Questi era entrato nella famiglia della Virgin, colpita dai suoi precedenti lavori da solista. E’ l’etichetta a fare da tramite per l’incontro con Mike, che è sfociato nella produzione di “Keesojen Lehto”(pubblicato in UK col titolo di “Mathematician's Air Display” e nel Benelux come “The consequences of indecisions”). Pohjola ricambierà la cortesia, suonando il basso nel tour di Incantations.
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Watcher »

Hairless Heart ha scritto: -In dulci jubilo
Singolare il modo in cui Oldfield suona l'elettrica, esattamente come lo farebbe un chitarrista classico. Unghie lunghe e perfetta (quasi) impostazione della mano destra. Poi stranamente il basso con il plettro ...
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

INCANTATIONS (1978)

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Nel tormentato Mike Oldfield di metà anni ’70, sempre più soggetto ad attacchi di panico e sempre più scontroso e insopportabile (tanto da evitare palco e interviste per anni) avviene una trasformazione grazie ad Exegesis ed alle sue terapie. Di quel “viaggio” dichiarerà che si è trattato di una vera esperienza di rinascita, un nuovo inizio. E la metamorfosi è davvero totale, a cominciare dall’esteriorità (si taglia barba e capelli e porta l’orecchino) proseguendo con il gustarsi la sua posizione da miliardario (Rolls Royce, aereo personale); rilascia fiumi di interviste, il tutto con un atteggiamento quasi bambinesco. E’ un periodo che nel tempo preferirà rimuovere.
Già al tempo aveva rimosso in tempi brevissimi (un mese) il suo matrimonio con Diana Fuller, la figlia del leader di Exegesis.
Finalmente, dopo tre anni di silenzio discografico, esce INCANTATIONS, un doppio album. Le suites diventano 4, per un lavoro che appare come il più ambizioso fino a questo momento. L’autore fa un ulteriore passo indietro dal punto di vista dell’esecuzione, preferendo lasciare spazio ad altri e ad altre sonorità: flauti e fiati in generale, vibrafoni in dose massiccia, percussioni africane, archi, voci umane (femminili), e niente popodimeno che la batteria. L’atmosfera generale è, come dice il titolo, da incanto, da incantesimo. La chitarra del Sommo non manca, ma è meno presente che in passato. Altro elemento ricorrente sono le tastiere, probabilmente dotate di arpeggiatore, che ricamano un suono ondulatorio quasi a riprodurre le onde del mare.
Già dall’incipit si può percepire quella che è la caratteristica principale dell’opera: il circolo delle quinte. Un insieme di voci femminili disegnano una sequenza di note con uno schema ben preciso: dalla prima nota (Fa#) si passa alla sua quinta superiore (Do#), poi si scende di due semitoni e quindi di fatto alla quarta della nota di partenza (Si), da qui alla quinta superiore (Fa#, ma dell’ottava più alta), di nuovo giù di due semitoni e così via. Quando partono gli archi a disegnare la sequenza armonica, anche quest’ultima segue uno schema simile; schema che ritorna in diversi punti dell'album. Tornano i tempi irregolari, già visti nel tema introduttivo di Tubular bells: la sezione per archi e flauto è di fatto un 6/8 5/8 alternato. E comunque tutta la prima parte è eccellente.
Purtroppo il disco è rovinato dalle eccessive ripetizioni di alcune sezioni, in particolare alla fine della Part 2, dove su un tappeto di percussioni viene recitato il poema Hiawatha. Una serie interminabile di strofe uguali a se stesse, senza la minima variazione musicale, per una durata di oltre 8 minuti quando un paio sarebbero già sufficienti. Peccato per la cantante Maddy Prior degli Steeleye Span, che aggiunge un’altra collaborazione eccellente al suo pedigree, dopo aver partecipato al brano Too old to rock’n’roll, too young to die dei Jethro Tull.
Incantations Part 3 inizia con un bel piglio, un folk allegro dove spicca finalmente la chitarra elettrica. Segue una ritmica di marimba su cui Oldfield si produce in un assolo, sempre all’elettrica, che però anche qui alla lunga stanca nella sua ripetitività.
La parte migliore del disco è senz’altro la Part 4. Dopo un soave inizio di arpa, Pierre Moerlen col suo vibrafono riproduce il tema di inizio album (togliendo un quarto ogni tanto, così, per gradire….) in un’esecuzione leggendaria, a cui si aggiunge poi la chitarra. Uno stacco centrale rock con una venatura funky fa poi da preambolo alla parte finale del disco, la vera perla di tutta l’opera. L’introduzione è ancora affidata al vibrafono di Moerlen, per una ritmica molto lenta, a cui man mano si aggiungono vari strumenti. Dopo un cambio di tonalità, ecco di nuovo la melodia di fine Part 2, qui molto più convincente e addirittura commovente, affidata a Sally Oldfield che declama un altro poema, Ode to Cynthia (si tratta di testi di autori dei secoli passati). Questi 4 minuti finali sono, per l’umile recensore, la cosa più bella mai prodotta da Mike Oldfield. Una musica capace di emozionarmi ad ogni ascolto!
Purtroppo Incantations esce in piena esplosione punk, che ha messo in crisi tutti i vecchi eroi della musica, specie del progressive. Anche per questo non ottiene il successo commerciale dei lavori precedenti.
Nel video, il brano finale appena descritto.

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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

Il 1979 vede l’uscita del 45 giri di Guilty, pezzo di chiara matrice disco, pur se elaboratissimo (ricordiamo che siamo negli anni della disco-music).
Ma soprattutto vede il ritorno al tour. Oldfield decide anche qui di assecondare le sue manie di grandezza, coinvolgendo più di cento persone tra maestranze, tecnici, orchestrali, coristi e musicisti. La lista di questi ultimi comprende fra gli altri il già citato Pekka Pohjola al basso, la vocalist Maddy Prior, Phil Beer e Nico Ramsden alle chitarre, i fratelli Pierre e Benoit Moerlen come batteristi/percussionisti/vibrafonisti, oltre al solito David Bedford. Nonostante i ripetuti “sold out”, il tour si rivela un disastro per le finanze di Oldfield. Nell’ottica di un parziale recupero del disavanzo, nell’estate del ’79 viene pubblicato (in un primo momento a tiratura limitata) il doppio disco live EXPOSED, contenente Incantations condensato in un solo disco, e Tubular bells nell’altro, oltre a Guilty.
All’inizio dello stesso anno l’artista appare come ospite nel disco dei Pierre Moerlen’s Gong “Downwind”, più precisamente nella title-track (assieme anche a Terry Oldfield e Steve Winwood). Essendo il pezzo basato sul vibrafono di Moerlen e sulla chitarra (ed il basso) di Oldfield, Downwind sembra una (eccellente) outtake di Incantations.
Questo è un estratto del pezzo.

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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Watcher »

Oggi mentre ascoltavo questo pezzo (che non conoscevo), una voce da un'altra stanza diceva: "Ma è Tubular Bells?"
Io (che Tubular Bells lo conosco benino) ho risposto che non lo era, ma ho anche pensato che la domanda non era poi tanto assurda ...
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

Ora che mi ci fate pensare, è vero, c'è una somiglianza. Non me ne ero mai accorto, anche perchè questo pezzo (che è un estratto da un brano variegato di 11-12 minuti) mi è sempre piaciuto fin dalla prima volta che l'ho sentito. Anzi ero convintissimo che fosse tratto da Incantations, tanto che all'acquisto di quest'ultimo disco rimasi un po' deluso nel non trovarcelo.
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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

PLATINUM (1979)

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Il mutato scenario musicale (il progressive è ormai defunto, discodance punk e derivati imperversano), e la necessità di rientrare dalle perdite finanziarie, producono nella carriera di Mike Oldfield uno dei cambiamenti più significativi, il tutto nel giro di un solo anno. Non è più il momento di concedersi lunghe passeggiate strumentali, e così PLATINUM, licenziato nel novembre del 1979, si struttura a due facce: sul lato A (del vecchio vinile) quattro brani strumentali uniti a mo’ di suite, sul lato B quattro brani singoli dei quali due cantati. E’ una formula che, con minime variazioni, si protrae fino ad Islands dell’87.
Ma è lo stile a cambiare maggiormente: la musica è più immediata, più assimilabile dall’ascoltatore medio, ma prodotta con la consueta maestria. La batteria ormai diventa una presenza costante, dando al tutto un sapore rock/pop/dance. Questa nuova era oldfieldiana è, a torto, spesso sottovalutata; il grande Mike non ha dimenticato come si fa buona musica, e ci regala ugualmente momenti esaltanti.
I pezzi più interessanti sono:
-Airborne, il primo, inizialmente sorretto da una tastiera ritmata fino all’ingresso di tutti gli strumenti, grazie ai quali il brano offre interessanti deviazioni;
-Charleston, il terzo, quasi umoristico, basato su un riff eseguito da una sezione fiati.
La title-track è un lineare pezzo rock con la chitarra elettrica che disegna l’intera melodia, mentre la chiusura della suite è una rivisitazione soft-funky di un pezzo di Philip Glass.
Purtroppo il disco scade di qualità nella seconda parte. Woodhenge, quasi ambient, è affidata a Pierre Moerlen, ma non riesce a spiccare il volo. Into wonderland è una canzoncina piuttosto insulsa con Wendy Roberts alla voce. Punkadiddles è una specie di parodia ai punk (ai concerti veniva eseguita con la band a torso nudo in segno di scherno) ed è il brano più interessante. Chiude una strana cover in forma di ballata del classico di Gershwin I got rhythm, ancora con la voce della Roberts.
Curiosamente, nelle copertine dei dischi, Into wonderland viene indicata come Sally. Era il titolo della canzone che Oldfield aveva inserito (e cantato) in un primo momento, prima dell’intervento del solito Richard Branson che ne ha imposto il taglio. Sally (I’m just a gorilla), questo il titolo completo, era dedicata alla compagna di allora di Mike, Sally Cooper, che gli darà tre figli.
Dimostrando di imparare dagli errori commessi, il tour di Platinum avviene con un numero di musicisti ridotti ad 11. Il momento clou è l’esibizione al Knebworth Festival nel luglio del 1980.
Nei video, Airborne e Charleston.



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Re: MIKE OLDFIELD

Messaggio da Hairless Heart »

Q E 2 (1980)

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In QE2, acronimo di Queen Elisabeth II (non in riferimento alla regina, ma ad una nave da crociera che ne porta il nome e che è riprodotta in copertina), l’elemento dance quasi scompare in luogo del folk, come è già chiaro dall’incipit di Taurus 1, lungo brano d’apertura. L’album è coprodotto da David Hentschel, già a fianco dei Genesis nei primi 4 album del post-Gabriel. A proposito di Genesis, il frontman Phil Collins, in procinto di uscire col primo osannatissimo lavoro solista, trova il tempo di lavorare ai primi due pezzi dell’album.
Si diceva di Taurus 1, variegata e assolutamente ispirata minisuite di 10 minuti. E’ soprattutto la seconda parte ad esaltare, da quando partono le percussioni africane di Mike Frye. Su questo pattern ripetuto, Oldfield sfoga il suo genio tra tastiere e chitarre varie. Nel mio vecchio vinile, i solchi in questa parte non esistevano più.
Nel secondo pezzo, Sheba, facciamo la conoscenza della valente vocalist Maggie Reilly. La quale probabilmente si starà ancora chiedendo cosa possa significare il testo:
Sa-Na Gha-E E-Goo Ga-Ka E-Ge Ga-Ka Wroo
E-Ge Ga-Ka Wroo-Goo Goo Goo
Sa-Na Gha-E E-Goo Ga-Ka E-Ge A-Ka Wroo
E-Ge Ga-Ka Wroo-Goo Ga-Ga
Sa-Ga Oo-Goo We Ga-Noo Sa-E-Ga
Oo-Goo Wa-Ga Ga-Ka We Sa-Noo Se-Ya
Wa-Ga Oo-Goo We Ga-Noo Sa-E-Ga
Oo-Ga Ga-Ga Wa-Ka We Sa-Noo Se-Va
Na Ga-Ka Oo-Goo We Ga-Noo Da-Ya
Ga Wa-Ga Ga Oo-Goo We Wa Na De-Ya ….

Conflict mescola un po’ di tutto, compresa una piccola citazione di Bach, su una base batteristica forsennata.
Arrival è una cover strumentale degli Abba, semplice ma efficace, ricordo che durante quell’estate si sentiva di continuo su radio e juke-box.
Altra impennata si ha nella seconda cover dell’album, Wonderful land degli Shadows, il cui chitarrista, lo spilungone occhialuto Hank Marvin, era uno dei miti giovanili di Oldfield. Il pezzo, già bellissimo di suo, non perde nulla del suo fascino nella rivisitazione.
Arrival e Wonderful land sono stati i due singoli estratti dall’album.
Mirage è un altro buon pezzo che inizia con una parte di vibrafono, che Oldfield provvede ad eseguire in prima persona, senza ricorrere al solito Moerlen.
Nell’ultima parte del disco il livello qualitativo cala vistosamente. La lunga title-track vive i suoi momenti migliori quando ripropone alcuni temi di Taurus 1, Celt è un folk veloce ancora con un testo nonsense (elemento che, oltre al frequente uso di percussioni, ci riporta ad Ommadawn), Molly è un breve e non particolarmente significativo bozzetto acustico dedicato alla primogenita di Mike e Sally Cooper.
Il rituale tour promozionale vede stavolta una band più ristretta, con Maggie Reilly, Mike Frye, Tim Cross alle tastiere, Rick Fenn al basso, Morris Pert alla batteria.
Dai bootlegs dell’epoca si può constatare l’abitudine del gruppo ad eseguire brani tradizionali del luogo dell’esibizione (In Italia O sole mio, altrove Il bel Danubio blu, ad esempio). Momento topico del tour, l’esibizione nell’81 alle celebrazioni per il matrimonio di Carlo e Diana, il che ci riporta a quella recente (dell’estate scorsa) all’inaugurazione dei Giochi Olimpici di Londra.
QE2 arriva in vetta alle charts in Germania, mentre in UK non va oltre il 27° posto.
I videi di Arrival e Wonderful land, ma raccomando vivamente di cercarsi Taurus 1.



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