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da tommy63 » 19/12/2011, 23:22
Allora di k.Moon, morto ricordiamolo a 32 anni,si conoscono certamente le sue follie:camere di albergo distrutte con esplosivi vari,party all'insegna del "tutto di più"ed altre follie che facevano parte della sua personalità disturbata (borderline diremmo oggi)ma Moon è stato anche un grande batterista,non dotato certo di una tecnica sopraffina (lui suonava solo nelle prove e concerti, mai da solo) eppure dotato di un drumming potente,esplosivo ed originale e grazie anche a queste sue caratteristiche il sound degli Who è diventato leggenda. Voglio farvi leggere questo articolo tratto da Drum Club che sintetizza in maniera ottimale il batterista Keith Moon: Keith Moon è passato alla storia per il suo stile unico ed indisciplinato, manifestazione della sua personalità deviata e non di tecnica batteristica. Un drumming istintivo, del tutto mancante di chiarezza e coesione, eppure esplosivo, energico e soprattutto inimitabile. Tanto che, dopo la sua scomparsa, neppure Kenny Jones, Simon Phillips e Zak Starkey (il figlio di Ringo Starr) riusciranno a rimpiazzarlo compiutamente.
Nella sua follia, è un incredibile precursore: già sul finire degli anni ’60, Keith inaugura la mania dei drum set customizzati e personalizzati, pieni di piatti e tamburi. Adotta la doppia cassa per ripicca nei confronti di un batterista che, in tournèe, esibisce un kit più grande del suo. Abolisce del tutto l’utilizzo dell’hi-hat (fatta eccezione per le registrazioni in studio) e, dal vivo, lo rimpiazza con un crash. Ogni cosa eseguita da Moon è rivolta al fine di divertire ed intrattenere: dal vivo cattura l’attenzione su di sé e, come un abile alchimista, trasforma la sua incontenibile energia in ottima musica. Suona in piedi, gira le bacchette nelle mani e le lancia in aria, oppure si piega all’indietro sul seggiolino fino a novanta gradi, ancorandosi con le gambe alle casse. I concerti degli Who sono il suo show personale. Il suo volto è una smorfia continua: linguacce, occhi sbarrati, espressioni da pazzo scatenato. E poi…entra in apnea e parte in uno di quei suoi irripetibili e continui rulli orchestrali. Nessuno sa ancora come riuscisse a suonare timpani, piatti, tom e rullante in un solo passaggio.
Quando, a metà degli anni settanta, Zak, il figlio di Ringo, gli chiede indicazioni su come suonare un tipico ed elaborato fill “alla Keith Moon” sul suo piccolo set con soli due tom, Keith rispose regalando al ragazzo uno dei suoi immensi drum set con mille tamburi, dicendo: “Suonali tutti in un passaggio e vedrai”. Zak Starkey ricorda così il suo eccezionale maestro: “Era assolutamente a corto di tecnica e suonava completamente ad orecchio. Non sapeva cosa fosse un paradiddle, ma quando era in forma lasciava tutti a bocca aperta. Normalmente devi prima conoscere le regole per poi poterle infrangere. Bhè, non credo che Keith abbia mai imparato le regole, ma continuava a farle a pezzi”.
Ricorda John Entwistle, bassista degli Who recentemente scomparso: “Keith non teneva il tempo particolarmente bene” - osservando come, suonando il basso accompagnato da lui - “dovessi spesso stabilire una media tra quel che suonava con la cassa e quello che faceva sul resto del kit per comprendere il suo tempo. Se si sentiva depresso le canzoni suonavano lente, se era eccitato le canzoni erano velocissime”. “Era eccezionale” - conclude Entwistle - “ma credo che lo sarebbe stato ancora di più se solo si fosse seduto dietro ai tamburi ed avesse dato più corda al suo talento. Ma lui non ha mai provato a chiedersi perché fosse così bravo. Era solo un batterista naturale”.
C’è una lezione che i batteristi possono assimilare dai vari aspetti della vita di Keith Moon? Possiamo forse azzardare un “elogio alla follia”, una lode alla travolgente carica di entusiasmo e talento che in Moon prendeva il sopravvento sulla tecnica e sulla disciplina. In un’era di drum machines, metodi didattici, batterie campionate e session man con caratteristiche seriali, la speranza è che qualche giovane drummer possa raccogliere anche solo un briciolo della sua eredità e, a distanza di quarant’anni, dimostri l’attitudine e la pazzia necessarie ad infrangere tutte le regole. Ancora una volta, nel nome di Keith Moon.
Tratto da Drum Club, dicembre 2004