Gli album del 2013

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Carlo Maria
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Gli album del 2013

Messaggio da Carlo Maria »

Il 2013 per me è stato un anno splendido e in cui ho ascoltato tantissimi dischi: ho apprezzato un sacco dei ritorni che si sono succeduti di nomi storicissimi (Bowie in particolare, ma non male neanche i Sabbath e i Purple) e un po' meno ma sempre di glorie già acquisite (Queen of the Stone Age, The Flaming Lips, Daft Punk, Pet Shop Boys, Sigur Ros) oltre ad aver conosciuto la carriera live di artisti che seguivo già come gruppi (Steven Wilson e Crash of Rinos) e aver scoperto alcuni gioielli di artisti che proprio non conoscevo (Jonathan Wilson).
Ecco i miei giudizi sugli album usciti nel 2013:


David Bowie - The Next Day
Mi piacerebbe un sacco avere il vostro parere su questo disco, perché a me sta piacendo davvero parecchio!
Sa di consuntivo d'una carriera ed anche la copertina e i due singoli estratti danno la stessa sensazione: una sorta di sguardo all'indietro sul percorso effettuato e di bilancio.
I brani sono quasi tutti accattivanti e se devo esser sincero, mi piange il cuore di non poter sentire il Duca Bianco eseguirli live, perché secondo me sono proprio convincenti.


Steven Wilson - The Raven That Refused to Sing and Other Stories(and Other Stories): Penso sia per ora l'album che m'ha appassionato di più di questo 2013, fatta eccezione probabilmente per quello di David Bowie, che oltre ad esser proprio bello, ha il vantaggio d'esser appunto un disco del Duca Bianco e, quindi, di procurarmi a priori emozioni antiche.

Steven Wilson è il leader dei Porcupine Tree, band che è partita da una psichedelia nostalgica, per approdare ad una rivisitazione in chiave moderna del progressive rock (sebbene lo stesso Wilson abbia più volte negato quest'appartenenza).
E parecchio prog vecchia maniera è presente anche su questo disco solista. Prog di quello buono, non stucchevole, non fine a se stesso. Il disco è ricchissimo e, a supportare l'autore nell'esecuzione, ci sono altri cinque musicisti fissi più alcuni addizionali, tra cui spicca il nome di Alan Parsons, che è anche produttore associato dell'album.
I brani sono estremamente dilatati: 5 su 6 superano i sette minuti e mezzo, tre dei quali vanno oltre i 10 minuti. Ciascuno di questi ultimi potrebbe esser considerato come una suite: le variazioni sono molte, legate ottimamente tra loro in un fluire coerente e delicato.
Qua e là fanno capolino allora i flauti, il sassofono, il clarinetto o intermezzi di piano. La produzione è patinata, sofisticata, ma è la musica a prevalere, in ogni momento.
I Porcupine Tree, fermi da qualche anno, si stanno dedicando di recente alle rispettive carriere soliste, ma la qualità che da esse emerge, e soprattutto da quella di Steven Wilson, mi dicono che la vena di tale artista sia ben lungi dall'essersi inaridita, anzi. E' un disco che mi rilassa e coinvolge, che mi fa viaggiare, e anche per questo ne ho postata l'esecuzione integrale che era presente su youtube.


Dopo mesi d'ascolto, confermo i giudizi ampiamente positivi per i dischi di David Bowie e Steven Wilson: il primo ha creato una serie di brani che forse non saranno innovativi, ma che suonano decisamente bene. Oltre ai due primi singoli estratti, che adoro, mi piacciono molto e ascolto a ripetizione anche "How Does the Grass Grow?" e "(You Will) Set the World On Fire". Proprio un bel disco!
Stesso discorso per Wilson: l'ascolto non perde di una virgola e non me ne stanco mai!

Deep Purple - Now What?!
Il disco si fa ascoltare. E' un disco mediocre, certo non paragonabile ai fasti del passato. Però, con le dovute proporzioni, io ci ho visto apprezzabili barlumi: intanto, suona più rock degli ultimi, già lontani 8-10 anni. La voce del grande Gillan è inascoltabile, non sembra lui, ma la tastiera di Don Airey è davvero in forma e regala i momenti più Purple di tutto il disco. Anche live Airey s'è ormai integrato appieno e anzi trascina la band, riuscendo nel duro compito di non far rimpiangere la dolorosissima mancanza di Jon Lord. Alcuni brani, anche a causa dell'influenza di Morse, virano proprio più verso un certo classic metal, eppure ci sono sprazzi anche di "sperimentazione", laddove con tale termine non intendo dire in termini assoluti di ricerca sonora innovativa, bensì in termini relativi: i cinque Purple cercano dopo 40 anni di suonare qualcosa che ancora non hanno provato. Si sente, secondo me, la mano di Bob Ezrin alla produzione.


The Flaming Lips - The Terror
Sono dei maledetti genietti e ogni volta riesco a entusiasmarmi per le loro evoluzioni musicali.
Anche questa volta imbastiscono un album psichedelico di ottima fattura, e non posso che esultare per la longevità dell'ispirazione di una band sempre controcorrente e personale, splendida live e suggestiva in studio.


Vampire Weekend - Modern Vampires of the City
Il terzo disco della band mi suona e convince più del secondo.
La voce assai riconoscibile di Ezra Koenig e la personalità del loro mix indie pop rock rende ancor più piacevole un ascolto su cui comunque ero abbastanza fiducioso. Un disco fresco e gradevole.


!!! - THR!!!ER
Gran disco per una grande band. Questi fanno parte delle "band brave che conoscono in pochi". I tre punti esclamativi che compongono il loro nome si leggono: "chk chk chk".
Il loro indie rock è solido e ritmato, rimanda agli anni ottanta, ma in realtà è molto coerente con la discografia di questa band e costituisce un nuovo mattone di un muro d'ottima fattura.
Se passeranno dall'Italia andrò a vederli.


Atoms For Peace - Amok
Ecco, e invece questi sono la delusione dell'anno: il disco risulta di una noia e monotonia incredibili, anche se a comporlo è un supergruppo che annovera Thom Yorke e Nigel Godrich dei Radiohead, Joey Waronker (che ha collaborato con Beck e i R.E.M.) e Flea dei Red Hot Chili Peppers. Peccato.


Black Sabbath - 13

Dopo aver letto la recensione dell'album su Ondarock, mi sono approcciato al disco con scarsa voglia, un po' come atto dovuto e nulla più. E invece eccoli lì... boh: a me è piaciuto! Anzi, mi viene spontaneo il confronto col disco dei Deep Purple uscito un mese fa e beh, mi sembra migliore questo. Qui ritrovo tutti i riffs pesanti di Tony Iommi laddove là il pur capace Steve Morse non riuscirà mai a cancellare traccia di Ritchie Blackmore e la voce d'oltretomba di Ozzy è un marchio di fabbrica mentre quella ormai davvero vecchia di Gillan è irriconoscibile. E' vero: quest'album non mostra nulla d'innovativo. Non ci prova neanche: mentre i Purple provano a muoversi tra AOR, blues, hard rock e altra roba, questi dannati Sabbath fanno doom da oltre 40 anni. Suona sempre allo stesso modo e posso capire se qualcuno ne sia stufo. Io no. E ha ragione il commentatore di Ondarock, allora, quando dice che il fan rock è nostalgico già a 13 anni, perché per me questo disco si ascolta piacevolmente e un paio di litanie mi sono già entrate in testa.



Darkstar - News From Nowhere
Questo è catalogato come soft-electro, ma per me ci starebbe benissimo anche "du palle così"! Ovviamente in rete ha ricevuto fior fior di voti, ma questa non è musica che fa per me. Non mi evoca mondi: m'addormenta; non mi fa volare e sognare, mi fa chiudere, mi distraggo e penso ad altro e i brani nel mentre scorrono senza che io mi accorga del loro passaggio.
Per me, insipido.


Eels - Wonderful, Glorious: Mister Everett inanella un altro disco ineccepibile e avvolgente.
Dietro al nome Eels, infatti, ci sta un solo signore: Mark Oliver Everett, che da quasi vent'anni propone musica cantautoriale e intimista, testi profondi, una voce riconoscibile, sussurrata e fumosa e una buona orchestrazione che l'accompagni. Come in quasi ogni disco, il ritmo è variabile: i brani hanno accelerazioni elettriche improvvise e bruschi rallentamenti. I brani mi sono sembrati coerenti tra loro, con l'eccezione del terzo, Accident Prone, che è più malinconico e monocorde. Dopo aver completato negli anni scorsi un triplice concept, questo disco potrebbe esser accolto in modo tiepido (che già gli Eels sono meno apprezzati di quanto meriterebbero), ma si tratta di un giudizio superficiale: l'amante di questo gruppo ci troverà tutte le atmosfere che ha imparato ad amare.


Queen of the Stone Age - ...Like Clockwork
Altro grande disco di quest'anno! Per ora, gli ascolti fatti devono essere mediamente fortunati, perché quest'annata mi sta regalando molte più soddisfazioni che delusioni!
Lo chiamano "alternative rock", ma tra questo e l'hard rock non manca tanto! Gran voce, grande ritmo e ottime soluzioni per un disco decisamente coinvolgente e trascinante!


Sigur Ros - Kveikur
Il settimo disco in studio dei Sigur Ros è un signor disco.
Il loro genere lo chiamano in molti modi: post-rock, dream pop, art rock, dark ambient... io lo chiamerei direttamente "Icelandic rock" perché sarò suggestionato, ma quando li sento suonare e ascolto Jón Þór Birgisson cantare, la mia mente vola con forza proprio alla loro terra natale e penso che non potrebbero venire da altra parte del globo. Le loro sonorità sono eteree come i vapori dei geyser e fredde come i ghiacciai che ricoprono l'Islanda. Eppure, con crescendo che sono ormai marchi di fabbrica, il gelo si scioglie e percepisco scorrer la lava dei loro impronunciabili vulcani. Quest'album, poi, è molto più spinto dei precedenti e ritmato ed il suo piglio davvero ti entra dentro.
I nomi dei loro brani contribuiscono a rinsaldare questa mia percezione: "Zolfo", "Iceberg", "Tempesta", "Filo sottile", "Rifugio"...


Ducktails - The Flower Lane
Questo, come gli altri che cito di seguito, è stato presentato in rete come un bel disco, convincente e appassionante.
A me ha frantumato i maroni fin dal primo brano. Il loro pop evocativo non riesce a sollevarsi dalla mediocrità, non trovo uno spunto che mi coinvolga e sarà uno dei primi album che dimenticherò. Un paio di brani interessanti, pienamente e abbondantemente sufficienti ci sono di sicuro (ne salvo 6 su 10), però la media del disco è 5,9.
Rischio sonno.


Esben And The Witch - Wash The Sins Not Only The Face
Il loro è gothic pop. Non è affatto un brutto album, a differenza del noioso succitato. La voce di Rachel Davies è un pregio, lo è meno il senso di uniformità che dà all'ascolto: l'organicità, normalmente, è un pregio. Qui però il tutto appare monocorde e i brani già sono piuttosto dark e sepolcrali. Appare un evidente debito al post punk che magari potrebbe interessare il nostro Tak, ma nel complesso il disco, seppur in crescendo qualitativo, manca di un gioiello che risalti. L'ultimo brano, però, "Smashed To Pieces In The Still Of The Night", dura sette minuti e mezzo e a tratti m'ha esaltato e preso. Una valida conclusione. Media disco: 6,3.
Interessante.


Frontier Ruckus - Eternity of Dimming
DICIOTTO BRANI DI FOLK-ROCK. Per dio, 18, VENTI nella versione estesa.
Dopo i due dischi precedenti, l'ascolto di questo m'è sembrato una boccata d'ossigeno perché mi riportava sulle ali di un genere che apprezzo molto, il folk e questa band s'incanala nel filone degli Okkervil River che io amo tantissimo, ma non hanno la loro varietà e capacità stilistica. E non hanno neanche una voce particolare e subito identificabile come quella di Will Sheff. E inoltre, come detto, il disco (un doppio) è davvero troppo lungo, nonostante sia meritevole fino in fondo, beninteso! Molti brani tendono ad assomigliarsi e ciò è appiattente, ma restano qua e là emozioni. Il folk per me è un genere da viaggio mentale continuo e quindi mi perdo, torno indietro, riascolto con maggior attenzione un brano su tre, col risultato che alla fine ho sentito probabilmente 30-35 brani per ogni ascolto dedicatogli.
In totale, solo tre brani non mi convincono, ma la media del disco è comunque buona, vista la durata: 6,2.
Folk on the road.


Iggy Pop and The Stooges - Ready to Die
Puff... l'ultima fatica della sacra Iguana e dei suoi arrabbiati soci non mi convince per niente!
E' un peccato: nei suoi ultimi dischi da solista, secondo me Iggy ha fatto bene, qui invece stecca come aveva fatto con The Weirdness qualche anno fa. Alcuni brani sono parecchio sparati, hanno ritmi elevati, ma di cui non rimane traccia dopo vari ascolti, mentre altri sono dei lenti senza senso. Ne salvo 4 su 11 e solo un paio sono sufficienze abbondanti. Media: 5.
Meglio aspettarli dal vivo: lì conto che ancora spacchino culi come niente!



Iron And Wine - Ghost On Ghost
Come ogni disco di Samuel Beam (vero nome del cantautore che si fa chiamare Iron and Wine), il ritmo è lento, il cantato soul suadente e sofisticato e tutta la composizione è patinata. Ad un primo ascolto, però, m'aveva decisamente preso di più: la percezione che ne ho avuto è che dopo un po' subentri la noia e una certa sonnolenza. Nulla da dire sulla cura ed è anche un artista meritevole, ma per me questa è una sufficienza e basta.


Ocean Colour Scene - Painting
Un disco molto gradevole, per una band di cui avevo perso le tracce da secoli.
Il suo è un brit-pop stile anni novanta (da cui provengono), ma immerso nel folk, sporcato di rievocazioni psichedeliche e incanalato nelle sonorità alt-rock più contemporanee. Dalla mescolanza potrebbe fuoriuscire un disco senza tempo, capace di superare i limiti di un'epoca e la connotazione che gli è propria, oppure un semplice disco derivativo, che rimandi ad altri contenitori senza possedere un suo cuore. A mio parere, pur non giungendo al traguardo presupposto dalla prima strada, riesce ad evitare le pastoie della seconda: il disco suona molto bene e ci si lascia incantare dalla voce suadente, dal mix dei fiati e dagli arpeggi. La qualità media a me sembra elevata ed anche se non c'è nulla d'innovativo, a me piace sicuramente. Voto: 6,8.


Black Angels - Indigo Meadow
Di recente, i migliori dischi di rock psichedelico che potete trovare tra le novità, sono opera di autori contemporanei e non dei vecchi leoni del genere.
Questo per dire che i modelli anni sessanta/settanta/ottanta vengono continuamente saccheggiati e riadattati per nuove platee. E se il mio amato hard rock continua a latitare un po', dopo esser stato per decenni uno dei generi più longevi, la psichedelia invece va a gonfie vele.
Me ne resi conto qualche anno fa, quando ascoltai i dischi dei Black Mountain, ne trovo conferma nei tanti ascolti attuali che mi sto concedendo e in particolare per l'ultimo disco dei Black Angels (il nero va di moda, per i neopsichedelici).
Il disco è sicuramente apprezzabile: convince e a tratti trascina, ma certo non si può dire innovativo, anzi! E' davvero uno dei dischi più derivativi che io abbia ascoltato negli ultimi mesi. Nonostante i rimandi più o meno evidenti a tutti gli artisti del genere (esclusi i Pink Floyd perché qui non c'è l'ariosità di quei brani psycho-space), il gioco funziona per buoni tratti e solo alcuni brani convincono meno. Voto: 6,6.


Bell X1 - Chop Chop
E' uno dei dischi che ho ascoltato nelle ultime 3 settimane.
Mai sentiti prima, ho scoperto solo dopo che si tratta di una band che vanta già tredici anni di carriera e otto album!
Se sono tutti come questo, ho trovato una band interessante.
Nulla di clamoroso, ma il suo pop non sa di artificiale e preconfezionato; anzi: ha un certo piglio personale. Nonostante un calo verso metà disco, registro anche una chiusura adeguata e quindi non posso che esser abbastanza soddisfatto di quest'ascolto. Voto: 6,3.


Daft Punk - Random Access Memories
Tanta roba! Il quarto disco dei francesi Daft Punk è decisamente meritevole, con un sacco di brani di alto livello e una bella varietà di sonorità. L'elettronica, che non è mai stato il mio genere, qui mi convince appieno e a tratti mi trascina proprio: se il terzo brano, Giorgio by Moroder, insieme a Giorgio Moroder, è di una varietà spiazzante, il tredicesimo, Contact, è invece incentrato su un ritornello ossessivo e percussivo continuo che, mediante lievi variazioni ed un costante crescendo, innesca un vero trascinamento!
Voto: 7,1


Daughn Gibson - Me Moan
Gianfranco Marmoro s'è espresso così, nella sua recensione su Ondarock: "In definitiva, il secondo album di Daughn Gibson è destinato a trasfigurare il pop, grazie al suo fascino trasversale e alieno, una entusiasmante prova di originalità che rilegge con intelligenza molti luoghi comuni per scavare nella profondità del dolore senza versare nessuna lacrima, solo un lamento, un gemito ("moan", appunto), prima dell’avvento delle tenebre."
Con questi presupposti, mi sono approcciato all'album con aspettative piuttosto alte, ma ne sono rimasto un po' deluso. Sarei curioso di avere il vostro parere, su questo disco. Ammetto che io non ne ho apprezzato l'essenza fondamentale, cioè la voce baritonale dell'artista. E' piuttosto spiazzante: a differenza di quanto asserisce Marmoro, infatti, siamo in ambito alt-country, più che pop e questo cantato così basso dà sensazioni cupe, oscure, che m'hanno suggerito una vicinanza al post punk o a certa new wave (colti bene nella recensione cui faccio cenno). Il livello medio degli undici brani è altalenante: alcuni raggiungono una stentata sufficienza, altri una larga, altri ancora (diversi) non superano un'insufficienza piena. Voto: 5,9.


Gold Panda - Half of Where You Live
Che palle. Già il downtempo non fa per me. Se poi un artista che al primo album aveva comunque mostrato di saperci fare al secondo disco fa un mezzo passo falso, non ti viene più nemmeno voglia di proseguire nell'ascolto del genere.
Questo disco per me è nettamente sotto la sufficienza, eppure non posso definirlo TUTTO insoddisfacente: era partito decisamente bene, per esempio. Il primo brano è il migliore di tutti e m'aveva ben predisposto: variegato, interessante. Il secondo e il terzo li ritengo ampiamente sufficienti e già pregusto un bis del disco di 3 anni prima, quando ecco che la prima mazzata me la dà "My Father In Hong Kong 1961", quarta song e solenne presa per il culo. Io m'arrabbio subito di fronte al minimalismo che dovrebbe esser denso di significati: è chiaramente una mia limitazione, ma in questo brano, così come nei successivi trovo solo monocordi ripetizioni, piuttosto estenuanti. Il peggio lo individuo nel sesto brano, "S950", che invece, inspiegabilmente, tanto è piaciuto al recensore da cui ho preso spunto per questo suggerimento d'ascolto quasi tre settimane fa. Poi di colpo si risale e "We Work Nights" già mi è più congeniale e affine, ma subito dopo un altro uno-due terribile mi stronca definitivamente le speranze. C'è tempo ancora per un brano che ritengo apprezzabile, il decimo, e per uno di chiusura che ritengo pessimo.
Nel complesso, quindi, un disco altalenante, in cui ho dato la sufficienza a 5 brani su 11, ma che ha valli molto più profonde di quanto invece elevati siano i picchi e il voto complessivo non può che esser di conseguenza basso. Voto: 5,3.


Gregory Alan Isakov - The Weatherman: a me il folk piace ancora tantissimo. Il folk sa sempre di retrò, è vero, di già sentito; però quando mi capita di piazzare un disco ispirato, in cui un cantato soffice s'accompagna a ottime melodie e a testi interessanti, ecco che ci metto poco ad apprezzarlo e farlo girare con piacere per settimane. Voto: 6,5


Pet Shop Boys - Electric: l'elettro pop dei PSB è in grande spolvero, quest'anno! I loro brani mi sono risultati variegati, allegri, coinvolgenti. Validi. Ho saltellato e ballato da solo ed è quanto basta perché promuova il disco nettamente. Voto: 7.


Black Rebel Motorcycle Club - Specter At The Feast: uhm... speravo meglio! Il primo ascolto è stato distratto e m'aveva colpito per alcune accelerazioni che m'avevano fatto godere al pensiero d'aver trovato un altro disco hard rock nel 2013. Riascoltato più volte invece come si deve, il giudizio crolla e non poco. Il disco è altalenante: alcuni brani sono carini (cinque su quindici anche discreti o più: il 1°, 2°, 11°, 12° e 14°), mentre altri sono decisamente sotto tono se non addirittura brutti. Il disco è variegato ed è questo che frega la band: fintanto che percorrono terreni alt-rock possono risultare già ampiamente sentiti, ma dicono la loro e mi risultano anche interessanti, appena provano a metter un dito fuori dal proprio orticello, cadono miseramente. Nel complesso, il voto è appena sufficiente, ma è frutto anche del fatto che non li avevo mai sentiti prima e forse meriterebbe che sentissi i loro primi dischi per comprendere se siano sempre stati variopinti o se appaiano ambiziosi solo per motivazioni commerciali, perché davvero nell'ascoltarli ho storto un po' il naso. Voto: 6,2.


The National - Trouble Will Find Me: questo è un disco che ha ricevuto unanimemente una critica entusiasta, con voti che vanno dall'8 al 10. A me sembra invece un passabile 6 e qualcosa. Indie-rock del gruppo mi porta alla mente costantemente il post punk e a me non sembra che brilli particolarmente per inventiva, anzi. La seconda metà del disco m'è sembrata migliore, ma è una proposta che personalmente credo sarà dimenticata fra ben poco. Anzi, forse ho già iniziato...


Status Quo - Bula Quo: ehi, sorpresa! Gli Status Quo continuano ad essere attivissimi, ma soprattutto sono decisamente in forma! Il nuovo disco è un doppio, che vede un primo cd composto di inediti (nove) e un secondo cd in cui trova spazio la riproposizione di alcuni brani recenti della band rieditati e di alcune tracce live, prese da recenti concerti. L'energia che queste ultime trasmettono è tale da avermi convinto ad andarli a vedere live, quest'autunno nella data milanese. I brani nuovi, mostrano una band variegata, che certo ha qualche limitazione tecnica (non si scostano dal fare sempre 2-3 accordi), ma che variano stile e genere, passando con disinvoltura dall'hard rock al country al boogie. Sono sempre orecchiabili e piuttosto easy listening, ma tra i vecchi leoni che quest'anno si sono riproposti sono abbondamentemente tra quelli che ne escono meglio!


The Strokes - Comedown Machine: un album medio, una sufficienza e poco più. Gli Strokes sono tra le punte di diamante del più dimenticabile indie-rock presente sul mercato, una di quelle band che tendi a consumare in fretta e questo disco ce la mette tutta per non lasciare il segno: non c'è un picco che sia uno, bensì 4-5 canzoni oneste e piacevoli, altri 4-5 brani che hanno il sapore più di riempitivi, mentre solo un paio sono insufficienti. Voto: 6,2.


Waxahatchee - Cerulean Salt: questo si beccava un 8,4 su Pitchfork Media e ha catturato la mia attenzione, salvo poi, dopo l'ascolto, trovarsi ad esser ridimensionato ad album che definirei molto mediocre. Me lo sono ascoltato per mesi, non convinto dal primo impatto -pessimo- che m'ha dato, ma ritengo che non ci siano altri livelli d'ascolto o, in caso contrario, mi devono esser proprio sfuggiti. L'indie-rock di Katie Crutchfield, l'artista che si cela dietro l'impronunciabile nome del progetto solista, è quanto meno banale, a parer mio! La sua voce non è male ed è stato il motivo per il quale nei primi minuti mi sono pregustato un ascolto di sostanza, trovando da ricredermi fin da subito. Il punto cruciale, a parer mio, sta in accompagnamenti che per la prima volta, posso affermare senza errore che potrei concepire, comporre ed eseguire persino io. In un paio di brani, l'accompagnamento si fonda su un accordo solo, ripetuto fino allo sfinimento. Ho già visto applicata questa tecnica, ma con risultati infinitamente superiori: qui non siamo dinnanzi alla percussiva ossessività di certo post-punk, ma dinnanzi ad un'artista ancora a mio parere acerba dalle inflessioni folk. Voto: 5,1.


Editors - The Weight of Your Love
Un album sicuramente discreto, molto piacevole, in cui la band inglese cambia nuovamente veste. Gli Editors li ho visti live tre volte: in due casi come artisti unici presenti, nel terzo come spalle degli R.E.M.. Se live non m'hanno mai convinto fino in fondo (troppo brevi i loro spettacoli, poco emozionali), in studio sono bravini e sanno comporre. Il disco si compone di undici tracce, a cui la versione deluxe ne aggiunge altre cinque, due delle quali sono versioni acustiche di brani proposti nel disco 1. Il disco perde i toni cupi del precedente per assumere una certa ariosità: beneficia di un'orchestrazione puntuale. In mezzo c'è un po' di tutto: rallentamenti e cantato in falsetto, accelerazioni e sonore schitarrate (tra l'altro: il chitarrista è nuovo). Voto: 6,3.


The Builders And The Butchers - Western Medicine: si tratta decisamente di un bel disco! L'alt-folk è un genere che mi piace molto (vedasi i miei commenti sempre entusiastici per gli Okkervil River, di cui a breve uscirà il nuovo disco, o quelli positivi per gli Shearwater), ma qui è screziato da molteplici venature country western. La voce di Ryan Sollee è spigolosa, ma dotata di potenzialità e capacità adattive alle diverse corde che vuol toccare, mentre Kunkle e Baier scandiscono il ritmo, Tumbleson lo contrappunta col suono valido del suo banjo, del suo mandolino e della sua chitarra e Rude lo rende più pieno con suo lavorio da jolly multistrumentista. Ne escono 12 brani che ritengo tutti più o meno apprezzabili, in cui si va dalla ballata più lenta ed evocativa al ritmo più scatenato. Un buon risultato finale, tant'è vero che ho rimediato subito altri tre dischi di questa band. Voto: 6,9.


Golden Grrrls - Golden Grrrls: un indie pop dai ritmi accelerati, che in rete ha ricevuto ampi consensi, ma che ho trovato noioso e privo di personalità. L'alternarsi vocale tra un cantante ed una cantante cerca di dare un piglio più sostenuto e interessante, ma nel complesso il progetto è privo di personalità e i brani scorrono nel più totale anonimato: nulla di brutto, in realtà, tutto medio/mediocre e che non lascia traccia nella mia mente. Voto 5,9.


Iceage - You're Nothing: altro disco medio-mediocre. Questo è ricco di ritmo e ha un impatto sonoro davvero tosto e rabbioso, in perfetto stile punk old style, con una palese venatura cupa, oscura. Il suono risulta sporco, come registrato in modo casalingo e amplifica la percezione di spontaneità, ma in definitiva, è un album derivativo davvero come pochi e non aggiunge nulla su cui mi possa soffermare più di tanto. Voto: 6,2.


Jacco Gardner - Cabinet of Curiosities: Anche quest'album è palesemente derivativo, ma qui è moolto più vicino alla mia sensibilità musicale e allora l'autore per me fa centro pieno.
Al primo ascolto diresti di esserti calato pienamente nella stagione psichedelica del 1967; i coretti, le sonorità sono palesemente quelle ricercate di fine sixties e si fatica a capire che questo disco sia del 2013 e non il frutto di una collaborazione storica dell'autore con Syd Barrett o con gli Zombies, giustamente entrambi citati dall'autore della recensione che a suo tempo, qualche mesetto fa, m'aveva invogliato ad ascoltare questo bel disco. Ci sono orchestrazioni raffinate ed un lavoro di cesello accurato ed il risultato finale mi soddisfa parecchio. Voto: 6,9.


Run the Jewels - Run the Jewels: approdo all'hip hop e al rap con questo disco che segna la collaborazione tra due rapper: Killer Mike e EL-P. Il disco ha alti e bassi, con i brani migliori che per me si concentrano all'inizio ed alla fine del disco. I due stili sono differenti e si fondono piuttosto bene, ma è il beat di base non sempre soddisfa. E' un genere americano dai contorni molto definiti, ma, rammentando anche il recente torneo e alcune proposte citate da Tak, sono convinto che gli italiani delle scuole maggiori (romana, napoletana, torinese) abbiano saputo far meglio di questo. Il disco raggiunge la sufficienza e basta. Voto: 6.


The Electric Soft Parade - Idiots: questo disco me lo sono riascoltato per oltre un mese perché ero incredulo... mi faceva e tuttora mi fa letteralmente schifo. Non si dovrebbe dire, ma lo trovo il peggior ascolto dell'anno, di un piattume sconsolante, appoggiato su basi easy listening mortificanti. Ora. Se ci ho perso più tempo del dovuto è proprio perché la recensione da cui avevo tratto il consiglio d'ascolto prevedeva una tale reazione al primo impatto, avvisava che fosse solo apparente e suggeriva di evitare di caderci. Ho provato ad analizzarlo sotto più aspetti, ma mi arrendo: per me è proprio brutto e piatto e se c'è qualcuno che mi vuol spiegare dove stia una diversa chiave di lettura è libero di provare a spiegarmelo... Voto: 4,3.


Alela Diane - About Farewell: gran disco folk. La Diane ha una voce notevole e tutto l'album smuove qualcosa dentro. E' un disco cupo, piuttosto intimista, scritto bene e in cui la musica non soverchia le ottime doti della singer, ma anzi le accompagna e valorizza, con pennellate minimali e delicate. Un'artista da esplorare. Voto: 6,6.


Autechre - Exai: la musica che il duo compone è di genere electro-noise. Ed è difficile da sopportare. La partenza mi appassiona: non sono un sostenitore di questo genere, anzi, tuttavia trovo interessante le evoluzioni di brani di una decina di minuti che si basino sulla rappresentazione del rumore, con poco contorno. Il problema è che il disco annovera DICIASSETTE brani e alla fine l'effetto "interesse" scema e subentra una spossatezza interiore che tracima in fastidio fisico. Le basi elettroniche non sono così dissimili da render identificabili i vari brani e il valore delle composizioni tende a perdersi nel vortice di emozioni negative che il tutto suscita. Non fa per me. Voto: 5,3.


Camera Obscura - Desire Lines: una voce piacevole e un indie pop piuttosto lieve e pacato, permettono a questo disco di scorrere gradevole dall'inizio alla fine. Ci sono diverse variazioni di ritmo e, se la settima, "Cri Du Coeur" sembra un cha cha cha, l'undicesima canzone "Break It to You Gently" ha un ritmo un minimo più sostenuto. La sensazione è retrò, ma gradevole. Voto 6,2.


Santa Cruz - Screaming For Adrenaline: è l'album d'esordio di una band che fa hard rock in stile anni '80 pieni: componenti heavy, ritmo accelerato ma assenza di doppia cassa, cantato in coro, cantato con punte scream. Di nuovo stile derivativo, ma l'energia c'è tutta e sono divertenti. Il cantante trovo sia bravo, il batterista no e su alcuni brani imbastisce davvero un ritmo monocorde. Sulle pettinature non mi pronuncio! Voto: 6,5.


Arctic Monkeys - AM: il disco è ufficialmente disponibile da soli due giorni... diciamo che avrei dovuto almeno pazientare e far finta, quindi, visto che lo ascolto da settimane.
E' sancita qui la svolta pop del gruppo: molti brani hanno una matrice più soft, un cantato in falsetto che in realtà io ho trovato emozionante e molto nelle mie corde. Qui la fonte d'ispirazione è più beatlesiana, ma il disco suona bene e alcuni brani me li sto facendo girare da giorni ininterrottamente. Voto: 6,7.



Crash of Rhinos - Knots: questo è invece un disco di emo rock, con una più evidente personalità e che ho trovato molto valido, pur con un paio di cadute nel banale che dispiacciono perché vanno ad intaccare un valore medio che avrebbe potuto esser pure superiore. Il cantato è spesso gridato, è potente, aspro e tagliente. Ho trovato particolarmente valida la base ritmica: il batterista varia molto spesso e alla fine, negli ascolti successivi, mi sono ritrovato in più casi a seguire più la sua linea che il brano in sé, soffermandomi su qualche passaggio. Voto: 7.




Daughter - If You Leave: una valida proposta, decisamente. Oltre a possedere una cantante dalla bella voce, in grado di toccare diverse corde e di trasformarsi all'occorrenza in eterea, anche il gruppo di supporto è meritevole. Molti brani sono in crescendo, partono da accenni minimali, per poi espandersi. Il risultato è un album tra i migliori dell'alt pop che io abbia sentito quest'anno: equilibrato, tenue eppure intenso. Voto: 6,6.


Hookworms - Pearl Mystic:
Un gradevole disco dai profumi di psychedelic rock, magari senza spunti che siano davvero originali, ma comunque ben più che godibile: voce gridata, chitarre in loop, un ritmo che varia di brano in brano e sa essere accelerato.
Le influenze sono palesi e rimandano agli anni sessanta-primi settanta, ma il risultato è interessante. Voto: 6,2.


Franz Ferdinand - Right Thoughts, Right Words, Right Action: a me i FF piacciono proprio! Anche questo loro disco conserva appieno tutti i meriti e i demeriti dei precedenti. Sono palesi le influenze, il loro genere alternativo lo è solo di nome, eppure riescono sempre a dare ai loro brani un tocco di evidente riconoscibilità che ad altri gruppi rivali (tipo gli Strokes o gli Arctic Monkeys) non riesce. Ho sentito la versione deluxe, con un secondo cd contenente 13 tracce aggiuntive, in cui sono raccolte prove live e comunque brani già editi. Il risultato è un disco doppio di 23 pezzi che mi passa davvero con piacere e coinvolgendomi. Non è un gruppo che ascolterei una settimana di fila da flippato, però è un gruppo che ascolto con piacere e non deludono neanche questa volta. Voto: 7 (media tra il 6,7 del primo disco e il 7,2 del secondo).


MGMT - MGMT: ne ho letto online recensioni contrastanti. A me è piaciuto: questo è uno dei gruppi che gradisco maggiormente degli ultimi 10 anni e al terzo disco per me non deludono affatto. Il disco è più semplice e immediato del precedente, si riavvicinano alla forma canzone, ma nel mix psichedelico di rock, elettronica ed effetti vari, si ritrova il tocco riconoscibile del gruppo, oltre a tutte le influenze cui fanno riferimento che, manco a dirlo, anche in questo caso sono quelle degli anni sessanta. Voto: 6,6.


Okkervil River - The Silver Gymnasium: ancora una volta sono davanti ad un album di Will Sheff che promuovo appieno. E' e rimane il mio complesso preferito degli anni duemila: il loro è un alt-country dalla forma canzone sempre ben delineata, in cui gli strumenti fanno da perfetto corollario alla voce spigolosa, ma molto espressiva del cantante. In questo disco trovo temi più solari rispetto ai precedenti e una vena molto più intimista. Si tratta di un concept, e ormai gli Okkervil River ce ne hanno abituato. Non vedo l'ora che vengano in tournée in Italia. Voto: 7.


Pixies - EP1: i Pixies escono con qualcosa di nuovo dopo 17 anni, proprio negli stessi giorni in cui anche i Mazzy Star fanno lo stesso, dopo identico periodo di tempo. I due gruppi non hanno nulla in comune, tranne il fatto che mi piacciono molto e le loro nuove sortite non possono che farmi piacere. Anche se in questo caso non è che ci si trovi davanti a granché: i 4 brani che compongono l'ep sono gradevoli, ma mancano della forza che sapeva dare il gruppo, anche se un paio hanno il ritmo giusto. Manca Kim Deal, intanto, la storica bassista (che ho fatto in tempo a vedere live, a Ferrara, manca forse anche qualcos'altro, ma un EP è una distanza troppo breve per valutare. Per novembre uscirà il secondo ep... a questo punto aspetto il disco. Voto: 6, va'.


Gogol Bordello - Pura Vida Conspiracy: un altro album molto divertente, in stile di questa band così colorita. Si passa dal folk rock al punk rock, con spruzzate gitane qua e là e un'inaspettata virata nu metal nel brano aggiuntivo e nascosto. E' un disco che dà grinta, che fa venir voglia di saltare e ballare e cantare, di far cagnara. Un disco decisamente piacevole! Voto: 7.


Haken - The Mountain: una band sorpresa. Il loro è progressive metal, con spruzzate crossover qua e là, un piano jazzante a far da elemento "alternativo" e altri spunti. La tecnica c'è e si percepisce, ma come in ogni progetto prog che si rispetti ci sono pure un po' di ambizione e molta saccenza: sono bravi, ma si prendono sul serio e risultano a mio avviso un po' stucchevoli in diversi passaggi, specie quando la musica cede il passo alla voce (indubbiamente bella, per carità) del cantante. Resta un signor album, anche se alla lunga potrebbe debilitare. Voto: 6,6.



Mazzy Star - Seasons of Your Day: teoricamente uscirà domani. E però circola in rete già da una decina di giorni. Troppo pochi per aver fatto un numero di passaggi adeguato a questi artisti, ma abbastanza perché io raccolga le mie prime impressioni: uhm... non assomiglia ai loro dischi precedenti... eppure il suono dei Mazzy Star è riconoscibilissimo e perfettamente identificabile. E quella voce...


Mogway - Les Revenants: è una colonna sonora, un disco quasi totalmente strumentale, fatta eccezione per la bella tredicesima -e penultima traccia-. Dà un senso d'incompiuto che forse trova però la sua giustificazione proprio nel fatto d'essere lo sfondo sonoro di una serie tv. Sembrano tante intro, come se il pezzo non arrivasse mai a completamento e ci trovassimo ad ascoltare continui climax ascendenti che non trovano soddisfazione. E' un album suggestivo comunque, ricco di sonorità particolari, perso tra campanelle ed elettronica, toni minimali e momenti in crescendo. Un disco che non mi soddisfa appieno, ma che ha alcuni buoni spunti. Voto: 5,9.


Mum - Smilewound: è un altro gruppo islandese (vanno per la maggiore, sembra) ed è un altro gruppo che mostra qualità e idee. La loro è un'elettronica sperimentale, decisamente meritevole. La vocalist ha una voce davvero sensuale. Voto: 6,5.


A Life [Divided] - Space: E' un disco di electro-alt rock. I coretti di supporto al cantante danno spesso un senso di retrò anni ottanta. Il disco non si alza oltre una sufficienza stiracchiata e ha scarsi picchi -per altro non elevati-, che saggiamente vengono distribuiti in modo più o meno equo lungo tutto il disco. Voto: 6.


Autre Ne Veut - Anxiety: Un bel disco in cui si fondono influenze r&b, cori, orchestrazioni e un pizzico di elettronica.
Parte forte, con un paio di brani che ritengo molto piacevoli e validi, per per adagiarsi su livelli di piena sufficienza, ma inferiori. Voto: 6,4.


Belle and Sebastian - The Third Eye Centre: è una compilation di b-sides e di rarità che però lascia davvero un po' il tempo che trova in quanto la qualità media dei brani scelti non supera un livello medio/mediocre, fatta eccezione per gli ultimi brani, qualcosina meglio. La parte centrale del disco è davvero piuttosto inconsistente e bisogna anche tener conto che la lunghezza dell'opera, 68 minuti, strema l'ascoltatore, che si ritrova ben presto a stufarsi della patinata arte di questo gruppo, in grado di sfornare di molto meglio. Voto: 5,8.


Bon Jovi - What About Now: i Bon Jovi festeggiano i 30 anni di carriera con un disco che non aggiunge nulla alla loro carriera, se non ulteriori allori commerciali. Ancora una volta, infatti, questo disco è finito al numero 1 delle classifiche americane e di mezzo mondo, non allontanandosi troppo dalla top ten in nessuna nazione. Erano 20 anni che non ascoltavo un disco di John Bon Jovi e della sua band: avevo già fatto coming out riguardo al fatto che in gioventù era uno degli artisti che con maggior piacere piazzavo per ballare i lenti... trovo la voce del cantante sostanzialmente immutata nonostante i 50 anni suonati, in grado ancora di fare acuti (supportati nella versione studio da qualche accorgimento). La band ha impostato una carriera su basi ben precise, qui perfettamente riscontrabili: una voce ammiccante, qualche riff di chitarra ben piazzato ma che non sia troppo duro e che resti orecchiabile, qualche ballata lenta e magari nostalgica. Il mix qui si rivela davvero deludente, con i brani più lenti francamente intollerabili. Quando si alza il ritmo, invece, qualcosina di gradevole esce, segno della professionalità da classifica del buon italo-americano. Voto: 5.


Elio e le Storie Tese - L'album Biango: non mi è dispiaciuto, ma è un po' altalenante.
La maestria del grande gruppo prog-rock-demenziale emerge solo a tratti, ma a mio parere sono pochi i brani che meritano d'esser inseriti nel repertorio principale, anche se invece, live, sono stato smentito e i molti brani di quest'album proposti mi sono piaciuti parecchio, a dimostrazione che la musica la si deve sentire dal vivo.
Su tutti, per me, la sanremese La Canzone Mononota, davvero esilarante, ricchissima di spunti e gag. Molto bella anche Complesso del Primo Maggio e convincenti anche Televisione Russa, Come gli Area e Reggia (Base per Altezza), mentre altri sono siparietti e brani meno simpatici, graffianti e coinvolgenti.
Elio gigioneggia da suo pari, supportato da un gruppo cui si vuol bene. Voto: 6,3.


The Duckworth Lewis Method - Sticky Wickets: è uno degli album che aspettavo con maggior impazienza, quest'anno! Il primo lavoro di questa sgangherata e ironica band dedita al cricket m'era proprio piaciuto tanto, al punto che devo verificare ma sono certo d'averlo citato nel torneo che abbiamo fatto questa primavera. A quattro anni di distanza da quel lavoro, esce il loro secondo disco, che è meno originale del suo precursore, ma conserva brillantezza e piacevolezza. Come la volta precedente, la band ama variare e quindi i brani, pur rappresentando un'unità omogenea, saltellano goliardicamente variabili tra più generi. Ci sono influenze beatlesiane, ma si ritrovano anche gli XTC e la vena cialtrona di Zappa: per quanto il loro sia pop, è di buona fattura ed ha un piglio personale e riconoscibile che manca a molti artisti. Voto: 6,5.


65daysofstatic - Wild Light: è un disco di post rock, dalle ricche orchestrazioni in crescendo mescolate a rumorismo e all'utilizzo di sinth.
Il risultato è gradevole e in più punti anche discreto. Voto: 6,7.




Babyshambles - Sequel To The Prequel: Pete Doherty è personaggio sopra le righe da anni. Autolesionista, eccessivo, spesso presente sui rotocalchi, si crede un genietto e si sopravvaluta di parecchio, ma l'antipatia che spesso suscita per la sua sovraesposizione tende a ridimensionare ingiustamente doti che comunque gli riconosco.
Questo disco io lo trovo divertente e poliedrico: spazia in più direzioni, introducendo elementi punk, rock, noise, jazz, folk, reggae e canzonetta. Il risultato è di qualità variabile, ma il disco presenta parecchi spunti meritevoli. Voto: 6,4.


Dream Theater - Dream Theater: il dodicesimo album in studio degli ottimi Dream Theater, alfieri del progressive metal, è un album che mi è piaciuto più dei precedenti tre.
Osservato speciale: Mangini, che da un paio d'anni ha sostituito il grande Portnoy alla batteria. Risulta alla fine promosso: da un gruppo prog non m'aspettavo comunque una caduta di stile, anche se rimpiazzare un colosso non è facile.
I brani presentano una complessa orchestrazione che si avvale di un quintetto d'archi (due violini) per impreziosire il tutto.
Non ogni brano mi lascia soddisfatto, ma mediamente l'album è denso e coinvolgente. Voto: 6,6.


The Answer - New Horizon: viva l'hard rock!
Non siamo di fronte a un capolavoro, ma è un album che diverte dall'inizio alla fine e che coinvolge. Mantiene quasi sempre ritmi elevati, ma quando rallenta riesce anche a farlo bene. Un buon disco per una band di cui ora punto a scoprire la discografia precedente! Voto: 6,8.





Burning Rain - Epic Obsession: secondo album hard rock di fila e tutto contento mi sono lasciato trascinare anche qui fino in fondo. Rispetto al precedente che ho citato, trovo che i The Answer abbiano maggior coerenza e una qualità media più costante, mentre i Burning Rain hanno alcuni picchi più elevati (tra cui una discreta cover zeppeliniana), ma cedono poi anche ad irritanti compromessi commerciali che li fanno scadere al livello di un Bon Jovi, senza aver comunque la sua esperienza nel creare il singolo da classifica. E' comunque un disco che presenta brani divertenti.
Peccato per gli ultimi brani, decisamente i meno convincenti. Voto: 6,5.


Anna Calvi - One Breath: il secondo disco della brava (e discretamente caruccia) artista italo londinese era tra i più attesi dell'anno e, appena uscito, ha ricevuto fin da subito la massima attenzione della critica, che l'ha osannato. A me piaciucchia, in verità, ma non l'ho trovato ai livelli del precedente. In termini assoluti è dunque per me un disco valido; in termini relativi, un'attesa parzialmente disattesa. Le doti canore di Anna restano evidenti, così come quelle compositive, mentre la particolarità della sua voce si conferma piuttosto riconoscibile e personale. Ci sono comunque almeno 2-3 picchi meritevoli. Voto: 6,4.


Ef- Ceremonies: è una band di post rock dalle componenti ambient. I brani sono dilatati: solo due hanno durata inferiore ai 6 minuti, e uno di appena 7 secondi. Si fa utilizzo di cori in controcanto, gli arrangiamenti contemplano strumenti come lo xilofono, archi e fiati. Il risultati è di qualità, anche se si discosta dagli altri dischi che ho proposto oggi, mostrando atmosfere più eteree, contemplative. Solo a tratti, però: l'incedere della chitarra su ritmi ripetuti e la percussività della sezione ritmica portano a crescendo che trovo trascinanti. Un solo brano, il quarto, che per altro è l'unico corto, m'è sembrato palesemente sotto la media e riempitivo. Voto: 6,8.


God Is An Astronaut - Origins: il loro è definito post rock, ma a tratti sembrano ambient: voci in coro, eteree, utilizzo di sinth e creazione di musiche d'atmosfera. Un disco gradevole, ma che scorre lasciando poca traccia di sé. Un paio di brani sono discreti, ma non si va mai oltre. Voto: 6,2.


Goldfrapp - Tales of Us: questo è un duo, che prende il nome dalla vocalist Alison Goldfrapp. Le loro composizioni sono sospese tra la delicatezza di una voce sensuale e avvolgente, i crescendo dell'orchestrazione ed i sinth di accompagnamento. Il disco è molto piacevole, si sposta tra il dream pop e il pop barocco, ma i musicisti non sovrastano mai la cantante, che è sempre il fulcro. Voto: 6,7.


Paul McCartney - New: Sir Paul fa pop, questo lo si sa, eppure non mancano ballate folk, in questa nuova composizione, e neanche chitarre distorte, qualche buon assolo e diversi brani convincenti. Il Macca ci regala una prova convincente e di gran spolvero, con cui ci fa sapere che è decisamente in forma. Tutta roba old school: Paul non è stato granché innovativo neanche a suo tempo, ma il disco suona decisamente bene. Ecco, questa recensione ampiamente positiva tiene conto solo della prima metà del disco, che trovo abbia un solo brano minore. La seconda metà del disco è invece a mio avviso decisamente più debole, meno brillante e meno curata.
Voto: 6,2.
Questo brano mi piace parecchio, nella sua semplicità nostalgica:




Robyn Hitchckock - Love From London: di questo brano m'ha colpito il primo brano, ampiamente il migliore. Voce vagamente androgina, un accompagnamento sobrio e perfetto. Poi tanto piattume che s'attesta su valori mediocri, fino ad un ultimo brano che inaspettatamente invece è di qualità decisamente superiore, pur senza raggiungere il valore del primo. Tutto sommato, un disco che dimenticherò subito. Voto: 6,1.


Washed Out - Paracosm: dream pop pieno, tra crescendo di sinth e chitarre. Qualche sonorità è campionata e collocata perfettamente a caso e gli stacchi tra un brano e l'altro sono alle volte bruschi e spiazzanti. Voto: 6.


Motorhead - Aftershock: ma sempre viva i Motorhead, per diana! Il loro disco non è nulla più, ma anche nulla meno di quanto t'aspetti da una band che ha alle spalle 35 anni di carriera e continua a macinare più o meno sempre le stesse sonorità! Riffs potenti, un cantato raschiante, di chi ha vissuto al limite ogni singolo giorno (Lemmy, è pura icona in materia, con tanto di mitologia sempre fiorente). I dischi dei Motorhead sono più o meno simili, eppure trovo piacere nel continuare a sentire rabbia e rock sano, senza particolari mediazioni o ripensamenti. Voto: 7.


Pearl Jam - Lightning Bolt: per gruppo di cui tesso le lodi, eccone un altro che invece critico... se i Pearl Jam sono tuttora una grande live band, restano invece un gruppo che in studio ha smesso di esser determinante quasi 20 anni fa. Non che sia un album brutto, per carità: qualche pezzo gradevole c'è, ma nel mezzo ci sono tanti intermezzi inutili. Vedremo cosa ne sapranno trarre dal vivo... Voto: 6 (stiracchiato).


Arcade Fire - Reflektor: sulla pagina facebook di Ondarock ho suscitato diverse critiche aspre sminuendo questo disco. Il parere della maggioranza dei presenti è che si tratti del disco dell'anno; molti affermano sia addiritturare il disco del decennio. Per me è un disco appena passabile e nettamente il peggiore della band, per quanto sufficiente.
Mancano le hit del passato e il disco, pur essendo omogeneo e internamente coerente, non brilla in nessun punto. Sul mio cartellino registro tre brani indubbiamente discreti, compreso il primo singolo estratto, ma anche più di un brano che reputo insufficiente e ne devo tenere conto. Voto: 6,2.
Questo è l'album integrale... attendo nel caso il vostro giudizio.


Basia Bulat - Tall Tall Shadow: un bell'album, che segna la ripartenza di Basia dopo lo stop del precedente disco, assai sottotono.
Il primo lavoro continua ad essere il migliore anche per lei, il più ricco e il più zeppo di brani riusciti (praticamente tutti), ma questo è un passo avanti. Diversi brani risultano discreti, solo un'insufficienza su dieci canzoni mostrano una buona media, però. Tornano quegli arpeggi folk che me l'hanno fatta conoscere e apprezzare, mentre qua e là fa capolino a sorpresa un sinth a far da accompagnamento al piano come sfondo per la voce. Voto: 6,6.


The Fratellis - We Need Medicine: ma viva i The Fratellis, che portano una ventata di gioia scatenata nel panorama dell'indie rock, che alle volte si prende troppo sul serio! La loro musica è spesso a un passo direttamente dal rock&roll, è ritmata, non cede in nessun punto e il loro disco finisce per essere un divertissement molto più appassionante di tanti altri progetti indubbiamente più ambiziosi o impegnativi. Voto: 6,9.


The Safety Fire - Mouth of Swords: secondo disco per questa band londinese di progressive metal decisamente in gamba. Tanto gli Haken sono stati celebrati in giro, tanto dei Safety Fire non ho sentito parlare, eppure a me quest'album è piaciuto quanto quello degli Haken: laddove questi ultimi sono ancora più tecnici e variegati, i Safety Fire però non fanno compromessi e non corrompono l'intensità del disco con brani lenti e presuntuosi finalizzati a far risaltare la voce del cantante. Il disco picchia tutto quanto o quasi e ha un paio di picchi niente male, purtroppo entrambi ad inizio album. Poi va però parecchio in calando, pur restando su valori accettabili. Voto: 6,4.


Scorpion Child - Scorpion Child: tra gli album di hard rock che ho ascoltato quest'anno, è quello che mi è piaciuto meno. Pesta abbastanza, ma nei rallentamenti doom non intravedo un'ispirazione sabbathiana quanto limiti tecnici. C'è scarso spazio per gli assoli di chitarra, in quest'album, anche se sono percepibili tracce che devono non poco ai Deep Purple. Quasi in ogni brano manca appena un "qualcosa", quel non so che che potrebbe trasformare il brano in un divertente gioiellino hard rock. Voto: 6,2.


Skid Row - United World Rebellion: Chapter One: dopo anni, fanno capolino con un EP gli Skid Row.
L'ho sempre trovata una band commerciale, una specie di Bon Jovi in salsa metal.
L'EP è deludente, ma non in toto. Presenta 5 brani (+2 bonus nell'edizione inglese), di cui i primi due anche divertenti e godibili, mentre poi si svacca, con rallentamenti ammiccanti e autolimitazioni che guardano all'orecchiabilità del prodotto.
Voto: 5,8.


Snakecharmer - Snakecharmer: è definito blues rock, ma non so da chi. Un album decisamente scarso, con svariati sguardi voluti al mercato. Ne escono suoni per lo più piatti e banali: solo quattro o cinque brani ritengo che possano ambire alla sufficienza, ma nessuno va molto oltre. Voto: 5,4.


Speedy Ortiz - Major Arcana: il loro genere è definito noise-rock, ma io ci vedo influenze grunge, nonostante un cantato femminile limpido e obiettivamente indistinguibile da cento altri. Il disco ha ricevuto on line valide recensioni, anche molto generose, ma per me non s'alza oltre un valore mediocre, e non raggiunge la sufficienza perché la proposta m'annoia, non ha picchi, e sa di gradevole, ma dimenticabile. Voto: 5,6.


Stryper - Second Coming: questo è un gruppo storico, con più di trent'anni di carriera e una dozzina di dischi sulle spalle. E sta piuttosto bene, visto che quest'anno ha pubblicato due dischi, di cui l'ultimo 5 giorni fa (non l'ho ancora ascoltato).
Fanno un genere tra l'hard rock e l'heavy metal, a loro dire dai profondi contenuti religiosi cristiani (arrivarono a distribuire bibbie durante i loro concerti), ma che ha subito molte e variegate critiche e accuse nel corso degli anni, soprattutto da ambienti proprio cristiani.
Il disco in questione ha una gran bella partenza, con un 1-2-3 potente e martellante, ma posi cala alla distanza ed avvicina brani validi ad altri decisamente meno riusciti. Colpa anche della durata, visto che 67 minuti e 16 brani li ho percepiti come troppi.
Buoni assoli di chitarra, che non si limitano a semplici scale (anche queste ultime sono comunque presenti). I coretti fanno tanto anni ottanta, ma nel complesso il disco è divertente. Voto: 6,3.
Carlo Maria
Grande Rocker
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Iscritto il: 03/06/2015, 22:34

Re: Gli album del 2013

Messaggio da Carlo Maria »

The Dangerous Summer - Golden Record: un piacevole gruppo energico, il cui alternative rock è "sporcato" da influenze punk e da un cantato rabbioso e raschiante. La band costruisce sonorità piuttosto coese e, seppur non innovative, risultano convincenti.
Voto: 6,5.


Marlene Kuntz - Nella tua luce: io l'ho trovato un disco orribile, per nulla interessante nonostante le recensioni positive che ne avevo letto on line. Gli arrangiamenti che qua e là avevo letto definire "sontuosi" a me sono sembrati tali sono in rari momenti, mentre la voce è talmente monocorde da rendermi difficile la comprensione dei testi e innervosirmi di conseguenza. Voto: 4.


Sting - The Last Ship: me lo sono ascoltato qualche settimana in più, perché il primo passaggio m'aveva convinto che io fossi davanti ad un album di più difficile comprensione rispetto alla media. Io non ho mai seguito la sua carriera solista e così mi sono trovato qui di fronte ad un artista che ha preso una strada diversa rispetto al rock, all' r&b, al reggae. Un artista che ha imboccato la strada più semplice del pop, seppur a tratti jazzato o sporcato da venature folk.
Nel complesso, mi sono soffermato sui testi più che nell'ascolto di altri dischi: ne ho colto la matrice autobiografica e ho apprezzato la bellezza di alcune canzoni, segno che come paroliere Sting ancora ci sa fare, mentre a livello musicale il disco m'è piaciuto solo a tratti: rispetto alle recensioni che ne avevo letto in giro, io ho preferito la prima parte, più ricca di spunti jazz, rispetto alla seconda. Il cantato è pacato, con pochi -assai apprezzati- acuti, molto tenue e in linea col delicato affresco che si vuol dare in questo concept. Alcuni brani, però, nonostante i numerosi ascolti, restano semplicemente un po' piatti, privi di ritmo sufficiente per emozionare. Voto: 6,5.


Mikal Cronin - Mcii: un disco molto piacevole e divertente, che presenta un variegato numero di influenze e di generi: qua brilla un pop ricco e un po' barocco; là fa capolino un pop rock debitore degli anni sessanta, in cui si possono ascoltare validi assoli chitarristici di contorno. Un brano presenta un cantato raschiante dalle influenze quasi punkeggianti, un altro è la classica ballata in stile folk. Nel complesso, un disco che ho apprezzato. Voto: 6,7.


My Chemical Romance - Conventional Weapons: il rock di questo gruppo, m'ha sempre convinto poco. Lo paragono e pongo sullo stesso piano di quello dei gruppi più "tamarri" del decennio, artisti tipo i Muse, per intenderci. Anche questo disco presenta una serie di brani assolutamente godibili, ma privi di originalità, di personalità. I ritmi sono spesso elevati e live avrebbero potuto risultare l'elemento vincente, se in effetti la band non si fosse sciolta, tuttavia in studio non convincono quasi mai e nessuna canzone risulta spiccare o giungere almeno ad un valore discreto. Voto: 6,2.


Neko Case - The Worse Things Get, The Harder I Fight, The Harder I Fight, The More I Love You: m'aspettavo qualcosa di più, visto che il suo precedente disco m'era piaciuto abbastanza, ma Neko va forse giustificata. Il numero di tragedie che ha colpito l'artista in questi anni l'ha certamente influenzata e certo motiva il ritardo con cui arriva alle stampe questo disco, su cui comunque fanno una comparsata diversi artisti di supporto.
Il pop rock della cantante è gradevole, ma tarda a decollare: ritengo che la parte migliore del disco sia proprio il finale, in cui sono inanellati i tre brani migliori. Per arrivarci, però, gli ascoltatori ne devono superare altri nove, di cui solo uno -il terzo- mi è stato gradito. Voto: 6 (d'incoraggiamento).


Nine Inch Nails - Hesitation Marks: per me è una gran band, in ogni sua espressione. Lo stile del gruppo (o per meglio dire, imposto da Trent Reznor) ha variato pelle più volte nel corso degli anni, ma i risultati sono sempre stati quanto meno professionali. Qui mi sono trovato a cospetto di un industrial rock decisamente affascinante, in cui i brani poco efficaci sono davvero in numero ridotto, circondati da una serie di canzoni invece di livello alto, ricche, variegate, multiformi. I brani non sono monocordi e tendono a cambiare stile e genere più volte. Un gran bel disco! Voto: 6,7.


Spiritual Beggars - Earth Blues: e ancora un disco hard rock! E pure bello! Il 2013 mi sta ributtando nei seventies, godo! :eheh:
L'ultimo album di questa band, nata vent'anni fa come side project dell'ex chitarrista dei Carcass e strutturata inizialmente per fare stoner metal, già fin dal titolo evoca un certo percorso di ritorno alle origini, iniziato già col precedente disco.
Il nuovo cantante della band, il greco Apollo Papathanasio, si cala perfettamente nel nuovo corso e dà il suo meglio, ma sono i fraseggi di chitarra e tutto il sound la parte migliore del disco, in cui a più riprese vengono riportati a galla i Purple e i Sabbath (e non solo). Soprattutto i primi, a causa anche dell'innesto di tastiere che fanno tanto "Jon Lord", perché pochi altri gruppi hard rock le usavano. In certi punti, invece, esce anche la matrice heavy che è l'imprinting originale della combo svedese. Al disco, nel formato deluxe, ne è associato un secondo che riporta 8 brani live, facendoci comprendere come dal vivo la formazione acceleri di brutto, risultando più metal. Voto: 6,7.


The Maine - Forever Halloween: il loro è un alt rock che però sfora a volte nel pop ed altre nel punk.
L'album è gradevole, presenta buone linee di chitarra, ma anche, piuttosto spesso, chiusure brusche e spiazzanti.
Un disco gradevole, che rallenta e accelera più volte, dosando il grado di furbizia di cui sono impregnati i brani.
Voto: 6,3.



The Poodles - Tour De Force: è una band svedese il cui genere spazia tra l'hard rock, il glam metal e l'heavy metal vero e proprio, old school.
I ritmi sono serrati, sono presenti diverse sfuriate di chitarra come si deve, mentre la voce rimanda più al power metal e al symphonic metal. Voto: 6,7.


The Rides - Can't Get Enough: dietro il nome di questa band neonata c'è il grande Stephen Stills! :clap:
Oltre a lui, un gruppo d'artisti affermati di tutto rispetto. L'album presenta un'impostazione blues, ma è variegato e contiene anche anime southern (come il primo brano) e un paio di scatenati anthem rock.
Alla voce e alla chitarra alla grande leggenda, s'affianca e s'alterna un valido Kenny Wayne Shepherd.
Il disco è sicuramente meritevole e diverte. Voto: 6,8.


Dr. Dog - B-Room: uhm... poco riuscito questo disco della band indie americana: a fronte di un paio di brani, nella parte centrale, decisamente discreti, mi trovo dinnanzi però a una serie di canzoni decisamente piattine. Un paio sono nenie lente e pallosissime, scarsamente ritmate e che non mi danno davvero nessuna emozione. Voto: 5,9.


Yamantaka Sonic Titan - Uzu: decisamente una delle delusioni dell'anno, per me. Aspettavo il secondo album della band riponendovi grandi aspettative. Ricorderete che il primo disco ve l'ho riproposto in tutte le salse, sia nella sezione dedicata al post rock sia come disco della settimana... ritengo tuttora che sia uno dei dischi più belli usciti negli ultimi 15 anni, anche se alla maggioranza di voi non è piaciuto. Uzu è in se un disco a tratti gradevole, con due picchi che salvano baracca e burattini, ma che per il resto è totalmente privo di mordente e della genialità compositiva e di trovate a cui la band m'aveva abituato. La stranezza persino urtante della loro psichedelia perde brio e potenza visiva, probabilmente a favore di una rappresentazione scenica a cui farà da supporto e sfondo, visto che la band è in realtà una sorta di comune che fa fusion tra arti teatrali e musicali. Il risultato però non cambia e l'ascolto della parte musicale del progetto non è paragonabile al primo disco. Spero che in futuro sappiano risollevarsi. Voto: 5,8. Preciso che il voto matematico esatto dei brani sarebbe 6 spaccato, ma che tolgo due decimi di punto in quanto sono solo due brani su 10 a sostenere l'impalcatura. Il voto matematico conteggiando solo gli altri 8 è 5,7.


Harem Scarem - Mood Swings II: altro gruppo definito di hard rock, ma disco brutto. La band si era già sciolta da anni e si è riunita per tirar fuori questo disco decisamente poco riuscito, fatta eccezione forse per un brano. Pensate che on-line circola una recensione che assegna a questo disco un 8,5! :emo_pic_105:
Avrete notato che io sono assai stretto di voti: raramente assegno insufficienze, ma di solito i miei voti stanno tra il 6 e il 7. Che per me è la media qualitativa della proposta attuale, laddove il 7 l'hanno raggiunto in totale meno di dieci dischi sugli oltre 150 che ho ascoltato, se non erro. Beh, fatto sta che colei che ha scritto quella recensione l'avevo già definita totalmente inaffidabile in passato perché il suo voto medio è otto, ma ora ci si aggiunge la goccia che fa traboccare il vaso, cioè un disco a cui assegno, a esser buono, un 5.
Si tratta della riproposizione, rimusicata in chiave più contemporanea, di un loro disco di 20 anni fa. Sì, avete letto bene: è un disco di autocover che prova a rinverdire i fasti della band aggiornandone il sound. Detto che il disco originale è al massimo passabile e che l'autrice della recensione lo definisce "perfetto e ingiustamente passato sotto silenzio", chiudo riportandovi un brano. Se questo è hard rock, io a Natale passerò dal camino per portarvi personalmente i regali.




Midlake - Antiphon: si tratta del quarto album di questa folk band. Ho apprezzato le parti strumentali, che ho trovato variegate; discreta la batteria. Il cantato, al contrario, tra il dream e rimandi alla psichedelia, non m'ha convinto. Nel complesso, un disco con un solo picco e diversi brani sotto tono. Voto: 6,2.


Rhapsody of Fire - Dark Wings of Steel: il decimo album della band "hollywood metal" italiana è un disco più che sufficiente e che mostra incoraggianti spunti su cui non avrei scommesso, visto che è il primo scritto e composto da quando uno dei due leader (il chitarrista Luca Turilli) ha lasciato la band. L'album singolo di quest'ultimo era uscito un anno fa circa, anch'esso di discreta fattura, e aveva fatto pensare che la mente principale della band avesse preso il largo. Gli risponde invece qui Alex Staropoli, come sempre compositore delle musiche, e, a sorpresa, Fabio Lione (il cantante), scrittore dei testi. Vengono meno quelle parti parlate che avevano contraddistinto la produzione dell'ultimo decennio della band. Le orchestrazioni sono sempre ricche ed il nuovo chitarrista si fa apprezzare per le sue capacità e per come s'è calato nel sound della band. Voto: 6,5.



Willis Earl Beal - Nobody Knows.: è un disco che fonde il soul con l'alternative blues. Beal possiede una bella voce, di cui cerca di valorizzare le varie corde, tuttavia ciò gli riesce solo in parte: troppo scarno il supporto strumentale. Nel probabile tentativo di non soffocare il cantato e di non ingabbiarlo, si finisce però per renderlo pretenzioso e di trasformare i brani in monocordi, privi di ritmo. Un paio di spunti meritevoli ci sono eccome, ma anche una qualità media altalenante. Voto: 6.


Money - The Shadow of Heaven: un disco etereo, dai molteplici accenni psichedelici, ma che, nonostante buone recensioni on line, non riesce a sollevarsi dalla massa di produzioni contemporanee e ricadrà rapidamente come dimenticato. Il disco, per la verità, parte molto bene, con un uno-due decisamente di qualità, tuttavia trovo che il livello cada appena il disco prova a rallentare. Un paio di brani non sono che barbosissime litanie e solo il finale alza nuovamente la qualità. Nel complesso, l'album ha una parte centrale appesantita e noiosa e ciò non può che influire. Voto: 5,9.


Primal Scream - More Light: un bel disco di alternative psychedelic rock, dai ritmi scatenati, ma che sa anche rallentare, guadagnandoci in varietà. Si sentono influenze sia beatlesiane si rollingstoniane e il sound è pieno, ricco. Il disco due, presente nell'edizione deluxe, abbassa un poco la qualità e presenta gli unici due brani insufficienti (su 19 totali). Il decimo disco della band è comunque una prova decisamente convincente. Voto: 6,8.


Red Fang - Whales and Leeches: il gruppo fa stoner rock, anche se, nella pratica, la musica spazia tra l'heavy metal e l'industrial. Il disco ha tre brani che ritengo maggiori e portanti, ben distribuiti, ma ne presenta anche 5 in tono minore, sulla sufficienza stentata o persino meno. Nel complesso, un disco carino e poco più. Voto: 6,1.


Suede - Bloodsports: è un disco di alternative rock, ultimo frutto di una band che è ormai al venticinquennale di carriera (seppur con uno iato in mezzo).
Il disco è bellino e suona fresco, riuscendo a ritagliarsi un suo angolo in un ambiente stra-affollato e in un genere iper-abusato. Buona la voce e discreta la parte musicale, il disco punta sulla compattezza e sulla solidità proposta, in cui solo un brano si può dire che faccia cilecca. Voto: 6,5.


Suuns - Images Du Futur: è una band canadese che afferma di fare neo-psichedelia e kraut rock. Un po' ambiziosa, come dichiarazione. Nel complesso, il disco si può dividere in due parti: i primi 4 brani sono meritevoli e di qualità e costituiscono l'asse portante e la piattaforma di lancio dell'album, che ha avuto molti pareri critici favorevoli. La seconda parte del disco, invece, a fronte di un paio di canzoni gradevoli e poco più, ne elenca quattro invece decisamente deludenti, tra il noioso e il brutto forte.
Voto: 5,8.


Jonathan Wilson - Fanfare: senza alcun dubbio uno dei dischi più belli dell'anno. E se non fosse un po' calato nella seconda parte starei ora parlando del mattatore assoluto. Ozy, questo te lo invio di fisso.
Un disco che unisce il folk rock dei singer songwriter alle influenze psichedeliche dei Pink Floyd, passa dal calipso, introduce un piano blues e uno splendido sax nevrotico per poi tornare a sussurrarti con una voce che sembra arrivare dai sixties. Un disco proprio bello!!
Voto: 7,2.


Fanfarlo - The Sea EP: i Fanfarlo fanno un piacevole indie rock esile e gradevole. Li ho visti live due-tre anni fa, a Bologna, alla Festa dell'unità, nel sottoclou di una giornata musicale che in serata avrebbe culminato negli Arcade Fire.
Quattro brani gradevoli, ma senza mordente, che presto saranno dimenticati. Voto: 6,3.


Charles Bradley - Victim of Love: un album mooolto derivativo, ma assai gustoso, che mescola r&b, funk e soul. Ci sono echi di Otis Redding, ma anche di James Brown. Il disco, copertina compresa, sembra esser sceso dritto dritto dagli anni sessanta-settanta, ma d'altra parte Bradley (al secondo disco, dopo l'esordio di due anni fa) è del 1948.
Voto: 6,7.


James Cotton - Cotton Mouth Man: Cotton è invece un grande bluesman, ormai ottantenne, armonicista d'ottima fattura. Questo disco non può risultare innovativo, ma ci si trova una sfilza di brani decisamente meritevoli di blues old school, in cui Cotton si fa affiancare da una sfilza di ottimi artisti, a cui presta -più che la sua voce segnata- il fiato che possiede per scandire sfuriate d'armonica a contrappunto ad una coralità d'ensemble davvero ben coniugata.
Voto: 6,8.


Eminem - The Marshall Mathers LP 2: accidenti, Eminem è tornato! Il disco si presenta come un deciso passo avanti, dopo un paio di dischi che non m'erano piaciuti per niente. Qui, oltre alle liriche di livello alto che da sempre può vantare il più grande rapper in circolazione, ci sono beat che prendono, brani che ti restano. L'album è decisamente ben fatto e anche se ha dei cali e un paio di brani poco riusciti, ha anche diversi picchi, ben distribuiti lungo il corso del disco. Voto: 6,5.


These New Puritans - Field of Reeds: è definito post rock, ma è più corretta la definizione di musica "neoclassica". E' il disco dell'anno per parecchi, che elogiano le sue partiture ricche e sfarzose (il trio s'avvale di 43 musicisti di supporto...)... eppure a me ingenera solo noia profonda. Fatta eccezione doverosa per un paio di brani, davvero è un disco che ho ascoltato per settimane cercando di farmelo piacere senza riuscirci. Voto: 6.


John Grant - Pale Green Ghosts: qualche disonesto me lo spacciava per un disco affine a quello -fantastico- di Jonathan Wilson e me lo sono ascoltato a pesce subito dopo, non potendo far altro che risultarne deluso. Il dub step, come ho già avuto modo di dire, mi fa due palle così. Quell'elettronica minimal mi annoia e mi risulta pesantissima da digerire. Figuratevi in un disco doppio! Per fortuna, però, il secondo cd è in realtà un contenitore di remix fatti da altri artisti. Ed è proprio in questo secondo disco che trovo il meglio: una volta che altri musicisti implementano il ritmo dei brani, ne riscopro il piacere di un ascolto più pieno e partecipe. Peccato per tutti i brani che mi sono dovuto subire per arrivare qui. Voto: 6,1.


King Krule - 6 Feet Beneath The Moon: è l'album d'esordio di questo ragazzino del '94, dato alle stampe lo scorso agosto proprio il giorno del suo diciannovesimo compleanno. Prima i lati positivi: un disco che non t'aspetti da un pischello. Non s'incanala nell'indie-rock easy listening che va per la maggiore, ma presenta al pubblico una prova alla ricerca di maturità e un genere decisamente di non facile comprensione, cioè un mix post rock dai ritmi minimalisti e beat dubstep. Dalla voce lo diresti un trentenne scafato perché la sfrutta con sapienza. E però qualcosa non funziona: quattordici brani sono troppi, molti non riesci neanche a distinguerli tra loro e diversi suscitano noia. Qualche spunto qua e là c'è, ma sono pochi e il gioco per me alla fine non funziona. Ne boccio la prova, ma come nome me lo tengo a mente perché vorrò dargli una seconda chance. Voto: 5,5.


Carcass - Surgical Steel: io sto continuando ad ascoltare album del 2013 e ne ho ancora per qualche mese. Questo è stato uno dei migliori album metal dell'anno scorso: la band picchia sodo e mostra compattezza, ma anche una buona varietà di soluzioni. Voto: 6,5.

Gamma Ray - Master of Confusion: lo storico gruppo power metal esce con un ep, dopo tre anni circa di silenzio. Il risultato è di discreto livello; la spinta è ancora presente e per quanto nel metal l'originalità sia scarsa, riescono comunque a mostrare le qualità che li fecero emergere tra tante band simili. Voto: 6,3.

Stratovarius - Nemesis: quindici anni fa era uno dei gruppi che ascoltavo di più, fratelli poveri dei miei amati Rhapsody. Da quando hanno perduto per strada anche l'ottimo Timo Tolki non trovavo più ragione di sentirli, ma non ne avevo ragione: il nuovo chitarrista mostra buon livello e si è integrato nel sound. Il disco sarebbe anche meritevole, ma i brani conclusivi sono ampiamente inferiori, ammazzano la qualità media e sarebbe stato meglio evitarli. Nel complesso, comunque un ascolto gradevole. Voto: 5,9.

Boy George - This Is What I Do: non sentivo il leader dei Culture Club da trent'anni e avrei preferito soprassedere! Mamma mia come il tempo ha rovinato la voce, rendendola raschiante...e vecchia. Il disco mostra una varietà un po' spiazzante: passa dal pop all'hip pop al reggae con una certa disinvoltura. Le recensioni online sono state generose, ma io l'ho trovato un miscuglio non omogeneo, con qualche picco, ma discontinuo. Voto: 6,1.

Of Montreal - Lousy With Sylvianbriar: un disco alt rock di matrice psichedelica molto pompato dalla critica e di cui già sento che non mi è rimasto nulla. Qualche buon brano, molta fuffa passata per genialità d'autore. Voto: 5,7.

Obits - Bed and Bugs: altro disco su cui soffermarsi solo rapidamente e che mostra la corda in pochi minuti. Voto: 5,9.

Tripwires - Spacehopper: e tre. Questo è un album alt rock con impostazione shoegaze per il quale fioccano in rete i 7 e gli 8, mentre a me sembra un disco gradevole e dimenticabile. Questo mi fa riflettere anche sulla qualità dei recensori a cui mi affido: tutti i siti maggiori, con eccezione di Scaruffi, piazzano almeno una ventina di dischi da "8" all'anno e un numero elevato di "7". Non ne capisco il motivo. In annate meritevoli (tipo, a mio avviso, il 2009), ho trovato 7-8 dischi di qualità. Anche meno. Incensare oltre i meriti tanta roba tra il mediocre e, al massimo, il discreto comporta che la scala dei valori sia falsata. Manca memoria storica, in certi casi, mentre in altri semplicemente si cerca di esaltare ciò che c'è. Che ci siano gusti personali mi pare ovvio, ma se si fa recensire cento dischi a venti recensori diversi perché ciascuno ha un campo di competenza si finisce per essere disomogenei e per creare molti fanatismi diversi. La realtà ci mostra che ogni anno viene stampato un numero impressionante di dischi. Il consumo è tale che, se al primo ascolto non ti piace, probabilmente quell'album non lo riascolterai. E così la musica sta smettendo di sperimentare, sedendosi su quanto già fatto e "reinterpretando" i generi passati di maggior successo per attualizzarli. Boh.

Yo La Tengo - Fade: non che sia chissà che, ma almeno è un disco superiore agli ascolti di cui ho appena parlato. Voto: 6,2.
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da reallytongues »

e gli Horrors, i Temples? :lol:
ah no forse erano del 2014
ma li hai ascoltati?
gli Horrors stra sopravvalutati
e gli Artic Monkeys? [spock]
di tutto l'elenco ho ascoltato poco i Suuns (noia), i New Puritans (non male, ma freddi)
e mi sono scaricato quello di Eminem (alcune belle e old style come piace a me)
interessante l'uscita di Cotton!!! me lo vado ad ascolatare
nel continente nero paraponzi ponzi bo
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da MrMuschiato »

Dei 675 dischi da te riportati ho ascoltato quelli dei Deep Purple (promosso), Queens of the Stone Age (bello), Haken e Dream Theater (buoni).

Ti manca The Theory of Everything degli Ayreon... [fisc]
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da Carlo Maria »

MrMuschiato ha scritto:Dei 675 dischi da te riportati ho ascoltato quelli dei Deep Purple (promosso), Queens of the Stone Age (bello), Haken e Dream Theater (buoni).

Ti manca The Theory of Everything degli Ayreon... [fisc]


Sbircerò! Grazie! [bop]
Quell'anno ne ho ascoltati veramente tanti: fate conto che su ogni disco sto almeno 3 settimane, prima di emettere un giudizio, e faccio almeno tre ascolti, con voti e qualche breve appunto. Poi mi scrivo i voti definitivi su un quaderno, brano per brano, evidenziano in verde quelli dal 6/7 al 7,5 e in viola quelli dal 7/8 in su. :lol:
Questo perché ho veramente una memoria pessima. [smile]
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da MrMuschiato »

Carlo Maria ha scritto: Sbircerò! Grazie! [bop]
Ho scritto un piccolo thread riguardo all'album, lo trovi nella sezione Neo Prog/Prog Metal, volevo farci una recensione completa ma è un'impresa per un disco del genere...li comunque trovi anche i link per ascoltarlo e seguirne la storia!
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da Carlo Maria »

MrMuschiato ha scritto:
Carlo Maria ha scritto: Sbircerò! Grazie! [bop]
Ho scritto un piccolo thread riguardo all'album, lo trovi nella sezione Neo Prog/Prog Metal, volevo farci una recensione completa ma è un'impresa per un disco del genere...li comunque trovi anche i link per ascoltarlo e seguirne la storia!
Perfetto!!
Ho appena fatto lo stesso con l'album del 2013 che mi è rimasto maggiormente dentro, ossia quello di Jonathan Wilson, per il quale ho creato un topic pochi minuti fa. :)
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da rim67 »

:shock: :o accidenti ma dove trovi il tempo per ascoltare tutta 'sta musica? :lol: :lol:
"Ho lavorato nel settore musicale per un po'. Sì, in tournée con i Metallica. Facevo il tecnico del suono. Una manica di stronzi!" Drugo
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da Carlo Maria »

rim67 ha scritto::shock: :o accidenti ma dove trovi il tempo per ascoltare tutta 'sta musica? :lol: :lol:
E quelli sono solo gli album del 2013: nel mentre ascoltavo anche discografie di autori classici! Quest'anno ho ascoltato pochissima musica contemporanea solo perché sto impazzendo per preparare l'esame di stato da assistente sociale, altrimenti questa stagione sarebbe perfetta per dedicarmi un sacco alla musica! :)
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theNemesis
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da theNemesis »

Purtroppo non ho tutto il tempo di Carlo Maria per ascoltare montagne di CD e andare a decine di concerti, e quindi sono costretto a essere selettivo.
Molti degli autori descritti non li conosco neppure, ma d'altro canto fanno generi musicali che non apprezzo e quindi non approfondisco.
Tra l'altro, Carlo ha un approccio molto "tecnico" all'ascolto, più da giornalista musicale che da semplice appassionato di musica, io non riuscirei mai a mettermi in poltrona per ascoltare un nuoco CD armato di penna e blocco degli appunti, è già tanto se riesco ad ascoltare qualcosa in auto durante le, purtroppo, frequenti e spesso lunghe trasferte di lavoro... [wall]
In ogni caso, qualche commento alle "recensioni" degli artisti che conosco:

Davido Bowie: bell'album, "solito" Bowie, raffinato, infingardo, autoreferente, intelligente.
Steven Wilson: ho già scritto di Wilson in un post dedicato al dvd live che ho avuto la sventatezza di acquistare.
Deep Purple: gran bel disco, energico e raffinato, mi è piaciuto molto e lo ascolto spesso e volentieri.
Sting: disco deludente, mi aspettavo molto di più dopo tutto questo tempo di silenzio, invece... pop a piene mani.
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da Carlo Maria »

theNemesis ha scritto:Molti degli autori descritti non li conosco neppure, ma d'altro canto fanno generi musicali che non apprezzo e quindi non approfondisco.
Anche io ascolto un sacco di musica di generi che non apprezzo e so di non apprezzare, ma mi forzo ad ascoltare gli album completi apposta per vedere se mi dicano qualcosa o se i miei giudizi mutino in proposito. Solo qualche anno fa, per esempio, mi sarebbe sembrato impossibile dare voti così alti ad album elettronici come quelli di Daft Punk e Pet Shop Boys. Eppure... i gusti cambiano davvero. [happy]

Tra l'altro, Carlo ha un approccio molto "tecnico" all'ascolto, più da giornalista musicale che da semplice appassionato di musica, io non riuscirei mai a mettermi in poltrona per ascoltare un nuoco CD armato di penna e blocco degli appunti, è già tanto se riesco ad ascoltare qualcosa in auto durante le, purtroppo, frequenti e spesso lunghe trasferte di lavoro... [wall]
Anche uno dei miei ascolti lo faccio in auto, perché cambiare l'ambiente d'ascolto ti cambia la percezione della musica. Un ascolto in auto, uno al pc e uno, dopo aver passato su cd l'album in questione, me lo faccio dallo stereo.
E infatti ho tonnellate di cd, anche se ho le copie in formato mp3 su hard disk. [smile]
Alcuni brani e alcuni artisti danno il loro meglio quando li ascolto in auto. Ti faccio un esempio:



Se ascolterai questo brano da pc (inevitabile, credo), coglierai solo una parte minima della potenza che ha il crescendo del brano. Zio fa', quando lo ascolto in auto invece, premo a tavoletta l'acceleratore in modo involontario e quando lo piazzo sull'mp3 per andare a correre con questo aumento proprio il ritmo della mia falcata. Conoscendo il brano, ti viene proprio da tagliare il traguardo prima che il decollo techno crolli (al minuto 4:49), nel finale, come se fosse (mi si passi l'ardito paragone) il momento dell'appagamento sessuale dopo il culmine del coito. Ogni musica ha quindi i suoi momenti, secondo me. [hearts]

In ogni caso, qualche commento alle "recensioni" degli artisti che conosco:
Steven Wilson: ho già scritto di Wilson in un post dedicato al dvd live che ho avuto la sventatezza di acquistare.
Non ti piace Steven WIlson? :shock: [chin]
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da Carlo Maria »

Ecco io mi organizzo così: oltre alla copia su hard disk, ne ho una fisica, su cd mp3, come dicevo.
Ecco la foto:

Immagine

"Ok" sta ad indicare che il disco è funzionante, i numeri in alto a sinistra, sono quelli progressivi che mi aiutano a rintracciare la tal discografia nella mia collezione (ho un file excel apposito e un elenco in forma cartacea in cui preciso per ordine alfabetico i nomi di artisti e band e accanto il numero, ad es.: Alice In Chains 599-600). In basso c'è il nome della band e l'ordine del disco all'interno della discografia della singola band. Le discografie sono organizzate rigorosamente per anni, quindi se voglio ascoltarmi i primi dischi di Joe Satriani prenderò il disco 601 e così via.
Visto che ho iniziato così, prendo solo dischi Verbatim bianchi, tutti identici, perché la mia collezione sia omogenea. :lol: [smile] [smile] [smile]
Voi invece come vi organizzate? [happy]
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da MrMuschiato »

Carlo Maria ha scritto: Voi invece come vi organizzate? [happy]

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Re: Gli album del 2013

Messaggio da theNemesis »

Carlo Maria ha scritto: Non ti piace Steven WIlson? :shock: [chin]
In un altro post, ho scritto:

"Ho comprato il DVD "Get all you deserve" che riporta l'intero concerto del 2012 di Mexico City.
Avevo già sentito "Luminol" e "Raider II" e avevo pensato: "Insomma... non eccelso, ma qualcosa di interessante c'è", e quindi ho preso il DVD.
Massima delusione... i brani sembrano messi insieme con lo scotch (non whisky purtroppo), cambi di ritmo e atmosfera senza nessun filo conduttore, voce scialba.... insomma... negativo. Nonostante l'alto livello degli strumentisti, davvero bravi, soprattutto Nick Beggs al basso e Theo Travis ai fiati. Invece il chitarrista Niko Tsonev non mi ha affatto impressionato.
La musica di Wilson mi è parsa un collage di deja-vu messi insieme senz'anima e senza un vero senso. Lo ritengo un "furbetto" che, per chi non conosce i grandi musicisti degli anni 70 di questo genere, può risultare una novità, ma sinceramente mi ha davvero deluso.
Voto: 4"

Ho provato recentemente a riascoltarlo, ma nulla da fare...
Confermo tutto.
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Re: Gli album del 2013

Messaggio da Carlo Maria »

theNemesis ha scritto:
Carlo Maria ha scritto: Non ti piace Steven WIlson? :shock: [chin]
In un altro post, ho scritto:

"Ho comprato il DVD "Get all you deserve" che riporta l'intero concerto del 2012 di Mexico City.
...
Ho provato recentemente a riascoltarlo, ma nulla da fare...
Confermo tutto.

Non conosco questo live. Posso dire che l'ho visto dal vivo il 30 marzo e mi ha soddisfatto solo in parte: ho provato almeno in parte le tue stesse sensazioni. Musicisti di livello, ma a livello emozionale non è riuscito a trascinarmi e la musica non mi ha convinto come su disco. L'album del 2013, però, lo reputo una cosa differente: fra quello di suo che ho sentito, compresi i Porcupine Tree, è decisamente la cosa migliore e come dicevo mi ha convinto appieno.

Se ti va di sentirlo, qui trovi l'album completo:

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