Kate Bush - Hounds of Love (1985)
Inviato: 02/10/2014, 12:53
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Hounds of Love è il disco che mi ha fatto innamorare definitivamente di Kate Bush. Ammetto che prima di allora la conosceva per qualche pezzo (Wuthering Heights, Babooska), belli, ma non proprio il genere che ascoltavo al tempo. Insomma, non l'avevo mai presa molto sul serio come musicista. Col senno di poi, che stupido ero stato a trascurare un disco così innovativo come The Dreaming! Ma quando uscì Hounds rimasi stregato dalla sua voce sirenesca ed ammirato dalla sua abilità nel creare una musica così evocativa, distillando suoni avanguardistici ed arcaici richiami al folklore celtico.
Un pò di storia (non copiata da wikipedia): nel periodo tra l'uscita di The Dreaming nel 1982 e quello di Hounds of Love nel 1985, Kate Bush aveva terminato la realizzazione di un suo studio di registrazione in un vecchio fienile vicino alla sua magione nel Kent. Immersa nella quiete campestre, la Bush, mettendo a frutto le sperimentazioni dell'album precedente, prepara una potente miscela di programmazione al Fairlight (courtesy of Peter Gabriel) e di strumenti acustici, con sovraincisioni multiple dei vari elementi sulle tracce ritmiche esistenti (anch'esse ibridate dai ritimi robotici della drum machine): una miracolosa sintesi tra l'elettronico e l'acustico.
Anche se il diffuso utilizzo dell'allora avveneristico campionatore Fairlight (capace di riprodurre e modulare qualsiasi suono), caratterizza la paletta sonora di Hounds of love, Kate non rinuncia ai suoi collaboratori abituali: in primis Del Palmer, Stuart Elliott, Morris Pert ed il fratello Paddy. Ad essi si aggiungono poi gli importanti contributi degli arrangiatori Michael Kamen e Bill Whelan, dei chitarristi Brian Bath e Alan Murphy, dei bassisti Eberhard Weber e Danny Thompson e del batterista Charlie Morgan.
Hounds of love viene pubblicato nel mese di settembre del 1985, raggiungendo subito il primo posto nelle classifiche inglesi e "sfondando" il mercato USA entrando nella Top 30 di Billboard.
Nonostante presenti un'impressionante sequenza di hits nel lato A (incluse due killers da dance-floor come "Running up that hill" e "The Big Sky"), il nuovo lavoro, nel complesso, è tutt'altro che un sell-out, presentando anche la sua opera più ambiziosa nel lato B: una lunga suite in sette movimenti, misterioso viaggio metaforico dal buio abissale verso la nebbiosa luce del mattino.
Running up that Hill (A Deal With God)
Il brano di apertura, ‘Running up that Hill (A Deal With God)’ tratta dei problemi derivanti dalla mancanza di comprensione tra i sessi che potrebbero essere risolti chiedendo a Dio di scambiarci di posto.
La tanto vituperata drum machine (programmata da Del Palmer) fa subito la sua comparsa in apertura complementata dall’apporto “umano” ai tom tom di Stuart Elliott (che entrano prepotentemente al min. 2:48).
Certo è un suono di batteria freddo, privo di eco o riverbero, che suona un pò datato, ma che risulta molto efficace nel combinarsi con le trame del sinth come quell’effetto sirena che apre e chiude il brano.
Le tracce vocali sono filtrate al Fairlight per aumentare l’impatto emozionale del pezzo in cui la linea melodica è accompagnata dalle ardite contorsioni armoniche dei cori. In particolare l’invocazione finale vede il timbro vocale della cantante spostarsi in un registro maschile più grave, come ad indicare che la trasformazione è oramai compiuta.
Aiutato da un ancor più radicale mix da 12 pollici, il singolo è stato un grande successo, raggiungendo il numero 3 nelle classifiche inglesi, e un inedito (per l'artista) 21 nelle classifiche americane.
https://www.youtube.com/watch?v=wp43OdtAAkM
Hounds of love
La Title track dell'album (in parte ispirata da un film intitolato Night of the Demon, da cui deriva il dialogo che si sente all’inizio (‘It’s in the trees … it’s coming!’)) vede l'artista stabilire un avvincente parallelismo tra l'essere braccato dai cani e l’esser inseguito da una forma di amore così forte da farti a pezzi.
Il brano è costruito su di un sincopato ritmo tribale di batteria (sulla scia di Sat in your lap su The Dreaming), che presenta il tipico gated reverb collinsiano senza alcuna linea di basso.
Tutti gli elementi strumentali (tastiere e violoncello) uniti al concitato e rapsodico canto della Bush pennellano uno stato d'animo che integra perfettamente la narrazione lirica, con tutte le sue evocazioni della caccia, dei cani che rincorrono la loro preda e della forza travolgente dell’amore.
Nonostante sia stata la terza traccia dell'album pubblicata come singolo, circa sei mesi dopo data di uscita dell'album, 'Hounds of Love' è stato un sorprendente successo, raggiungendo una lodevole 18° posizione nelle classifiche britanniche.
‘The Big Sky’
'The Big Sky' è un tuffo nell’infanzia ed al tempo passato ad immaginare quali forme potessero celarsi nelle nuvole vaganti nel cielo d’Irlanda. Senza dubbio il brano più leggero e popparolo del disco, presenta una base musicale un pò troppo simile al primo brano, ma vanta comunque una solida melodia ed uno squillante refrain. Significativamente nel video tratto dal brano la Bush non si esibisce nell’elegante danza concettuale del video di “Running on that Hill” ma si lascia andare ad un ballo spontaneo e divertito.
‘Mother Stands for Comfort’
Questo brano esemplifica bene la pratica di lavoro adottata in questo album.
Un pattern di batteria scheletrica e piatta, solo cassa e rullante, fornisce la fredda base metronomica
(arricchita da tutta una serie di campioni percussivi) su cui si posa il calore acustico offerto da alcuni accordi di piano ed una sinuosa melodia al contrabbasso di Eberhard Weber. Tutti gli altri suoni "acustici" in contrapponto all’armonia vocale sono forniti dall'inseparabile Fairlight.
Tematicamente è un altro dei tanti racconti in cui la dolce Kate si cala nei panni di un uomo - in questo caso un assassino – per indagare gli effetti del cieco amore di sua madre.
La melodia vocale, mentre decisamente e volutamente intimista e 'low key' rispetto agli up-tempo precedenti, è di una semplicità disarmante, un’oasi di calma in mezzo ai stranianti lamenti ed ai battiti sintetici in background.
‘Cloudbusting’
Dal rapporto con la madre si passa a quello con il padre. Il testo di 'Cloudbusting', che conclude il primo lato, è infatti ispirato direttamente al libro dei sogni (1973) di Peter Reich, in cui lo scrittore riflette sulla sua infanzia. Uno dei suoi più potenti ricordi si riferisce ai tempi trascorsi con suo padre, il controverso psicoanalista Wilhelm Reich, che aveva progettato una macchina che, secondo lui, avrebbe sfruttato la potenza delle nuvole per provocare la pioggia.
In un primo tempo il brano ha un arrangiamento sintetico alla Running, poi la Bush ha la felice intuizione di inserire l’accompagnamento barocco di un sestetto d’archi. Particolarmente bella è la transizione dagli accordi in staccato all’estatica contro-melodia discendente che si ascolta al min. 1: 16.
A partire dal min. 2: 28 la traccia inizia una graduale risalita in termini di intensità, con l’aggiunta ben dosata del violoncello, fino al coro finale su di un tempo marziale.
Una vera e propria esplosione di energia orgonica che però non si risolve in un vero finale ma termina con il suono di un motore a vapore che si ferma, sbuffando.
Bellissimo il pezzo, assolutamente straordinario il video (anche molto curato, quasi un vero e proprio film) che vede la partecipazione di Donald Sutherland, nei panni del padre, e della Bush in quelli del figlio. Di sicuro uno dei video pop di maggior successo dell'artista, esso fornisce anche una dimensione 'visiva' al brano (n° 20 in Uk) a conferma della vocazione multimediale della musicista inglese.
http://www.youtube.com/watch?v=pllRW9wETzw
a breve la seconda parte