PROCOL HARUM - Shine On Brightly (1968)

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2Old2Rock2Young2Die
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PROCOL HARUM - Shine On Brightly (1968)

Messaggio da 2Old2Rock2Young2Die »

Uscito nell’anno di grazia 1968, “Shine on Brightly” non è solo uno degli album più riusciti dei Procol Harum ma anche uno dei cardini dell’Art Rock, ponendosi in un ideale crocevia stilistico fra la gloriosa scuola R&B inglese, i riverberi psichedelici della passata Summer of Love e la progressiva commistione con la classica che avrebbe poi caratterizzato il nascente progressive. In più, rispetto all’esordio dell’anno prima, rappresenta un deciso progresso a livello sonoro: è infatti il loro primo album in stereo e vanta la partecipazione produttiva di due calibri da 90 come Glyns Johns e Tony Visconti.
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Scaletta:
Quite Rightly So –Seppur di minor successo rispetto ad “A whiter shade of Pale” è comunque una bella canzone amaramente romantica con tutti i crismi del loro inconfondibile sound: il maestoso hammond di Fisher (che apre il pezzo), l’emozionante voce soul di Brooker, l’inventiva di ritmica di B.J. Wilson e l’acida Gibson di Tower che entra nel finale.
Shine on Brightly – Le elusive (e talvolta allusive) liriche di Reid disegnano un allucinante viaggio nella follia, più o meno indotta dagli stupefacenti, evidenziato dalla stridente chitarra di Tower sull’incedere sostenuto del piano di Brooker. Non manca l’usuale interludio bachiano dell’organo a cesellare uno dei loro classici.
Skip Softly, my Moonbeams – Altro brano che mostra palesi influenze psichedeliche, in particolare nella lenta decelerazione centale in cui, sul riverbero dell’organo, una breve cadenza spagnoleggiante al piano prelude ad un esplosione ritmica molto floydiana con la chitarra che urla sulle contorsioni dell’organo. Dubito però che i Pink Floyd avrebbero concluso con una rapidissima citazione della “Danza delle Spade”.
Wish Me Well - L’amato R&B torna con questo brano cantato in duo da Brooker e Trower in un’atmosfera da gioioso happening che i ricorda i primi Traffic (che infatti pare avessero partecipato alla registrazioni mentre erano negli stessi studi per registrare il loro secondo album). Peccato che il groove venga sfumato un po’ frettolosamente (ma così usavano fare allora...).
Rambling On –Ironico brano sulla mitomania di un ragazzino che, galvanizzato dalle gesta del suo super eroe preferito, decide di emularlo lanciandosi nel vuoto davanti di una folla attonita (“'Hey wait a minute! Don't you realize the danger? What do you think you are, some kind of angel?”). Sarcastico l’happy ending (“I went down, hit the ground faster than the speed of sound, Luckily I broke no bones only tore my underclothes”). Da notare gli inusuali accordi del piano e l’accenno ai “Pianeti” di Holst al momento del salto.
Magdalene (My Regal Zonophone) –I versi di Reid abbozzano un nostalgico ricordo su cui Brooker pennella una malinconica melodia al ritmo di un languido bolero. Il riferimento nel titolo è all’etichetta del gruppo che in passato aveva pubblicato una lunga serie di marce dell’Esercito della salvezza in 78 giri. Brano abbastanza disimpegnato che fa da prologo e da contrasto col successivo.
In Held 'Twas In I – E’ il brano che, a mio parere, pone i PH fra i grandissimi. Innanzitutto per l’importanza storica, essendo una delle prime suite rock, vagamente ispirata al Sgt. Pepper dei Beatles, ed a sua volta presa a modello, tra gli altri, dai Beatles per Abbey Road, dagli Who per Tommy e dai King Crimson per In the Court of the crimson King. In secondo luogo perchè, anche se oggi alcune sue parti possono apparire un po’ datate, non è difficile scorgere quì i semi di quello stile che verrà ripreso, e sviluppato, da molti gruppi progressive.
Il criptico titolo è costituito dall’incipit delle sue varie parti:
Glimpses of Nirvana: Introduzione composta da due recitativi inframezzati da un fulmineo break di chitarra elettrica e piano in 6/8 e da un contemplativo tema iniziale prima al sitar poi cantato da un coro a bocca chiusa; nel primo, in particolare, su di un brusio monacale e alcune erratiche note di arpa, la calda voce di Brooker racconta della visita al Dalai Lama di un pellegrino ansioso di conoscere il significato della vita.
Twas tea-time at the Circus – Data l’ispirazione buddista della suite, dovrebbe rappresentare la fase di disorientamento che precede la rinascita spirituale. Rintocchi di campane e rullate di tamburo introducono questa spiazzante parentesi circense (in cui viene citato anche “King Jimi” Hendrix) che si conclude fra risa e applausi.
In the Autumn of My Madness –La disperata melodia iniziale (“In the autumn of my madness when my hair is turning grey, for the milk has finally curdled and I've nothing left to say”) e l’inesorabile crescendo finale fra rumori di clacson e sirene è il principale contributo di Fisher alla suite. Dopo un secondo break di chitarra e organo, ritorna il tema iniziale questa volta a ritmo di una folle marcia.
Look to Your Soul – La suite si avvia a concludersi con Brooker che, accompagnato da piano e cembalo, ci conduce verso una finale risoluzione segnata da una nuova consapevolezza (“Some say that I'm a wise man, some think that I'm a fool; It doesn't matter either way: I'll be a wise man's fool; For the lesson lies in learning and by teaching I'll be taught; for there's nothing hidden anywhere, it's all there to be sought”). Particolarmente emozionante il momento in cui la sua voce raggiunge l’acuto al termine di ogni strofa.
Grand Finale – Chiusura corale sull’incedere trionfale del contrappunto di due pianoforti con due brillanti assoli di Trower che, per me, riassumono al meglio il senso di ricerca spirituale alla base di tutto.
Ecco la suite:

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Re: PROCOL HARUM - Shine On Brightly (1968)

Messaggio da Watcher »

Non lo conosco ... mi arrapa l'idea di una suite di 17 minuti.
Lo ascolterò con attenzione.
Sii te stesso; tutti gli altri sono già occupati. (Oscar Wilde)
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reallytongues
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Re: PROCOL HARUM - Shine On Brightly (1968)

Messaggio da reallytongues »

Grande album, grande classe, molto autunnale poi! Bellissimo l'intro chitarristico di Tower in "Shine on Brightly"
nel continente nero paraponzi ponzi bo
2Old2Rock2Young2Die
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Re: PROCOL HARUM - Shine On Brightly (1968)

Messaggio da 2Old2Rock2Young2Die »

Una cover dei Transatlantic (Neal Morse Mike Portney Roine Stolt Pete Trewavas) che sviluppa le potenzialità prog del brano:

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roberto63
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Re: PROCOL HARUM - Shine On Brightly (1968)

Messaggio da roberto63 »

Bellissima recensione che trasuda competenza e passione.
Sono d'accordo con i giudizi espressi e sulla natura autunnale da "foglie morte" di larga parte dell'album.
Fra l'altro, sono particolarmente contento di averlo sebbene in questo cofanetto piuttosto spartano, ma di grande sostanza con due bonus track comprese nel terzo cd di rarità: :)
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Teorema di Stockmayer:
Se sembra facile, è dura.
Se sembra difficile, è fottutamente impossibile.
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rim67
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Re: PROCOL HARUM - Shine On Brightly (1968)

Messaggio da rim67 »

Gran bell'album 2Old, l'ho ascoltato sul tubo e mi ha molto colpito: grazie ;)
"Ho lavorato nel settore musicale per un po'. Sì, in tournée con i Metallica. Facevo il tecnico del suono. Una manica di stronzi!" Drugo
2Old2Rock2Young2Die
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Re: PROCOL HARUM - Shine On Brightly (1968)

Messaggio da 2Old2Rock2Young2Die »

Grazie a tutti per i commenti! [happy]
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