Dal progressive al jazz il passo è breve?
Inviato: 08/04/2011, 10:17
Per coloro che hanno sempre ascoltato quasi solo Progressive ritengo sia difficile l’avvicinamento al jazz.
Quando si parla di Prog si intende, nelle maggior parte dei casi, di musica scritta, con regole e partiture precise, dove la spontaneità deve essere limitata, un po’ come nella musica classica. Nel jazz non è così. Ogni componente ha il suo canovaccio, proprio come nella commedia dell’arte: una traccia di base per dare poi sfogo all’improvvisazione in questo caso strumentale.
Ad un tema di introduzione e ad un finale che richiama solitamente il tema iniziale c’è l’improvvisazione. Il jazz è soprattutto questo.
Nel prog no, a parte qualche eccezione nel filone di Canterbury, sempre che di puro prog si possa parlare, vedi Soft Machine, Hatfield and the North, National Health, in parte Caravan eccetera, eccetera.
Più facile per un amante del blues avvicinarsi a questo genere, anche perché la derivazione del jazz è proprio questa, almeno a livello storico.
Può un ascoltatore di prog quindi amare il jazz?
Una certa difficoltà c’è, proprio per la mancanza di predisposizione e di abitudine a questo tipo di ascolto. Ciononostante un avvicinamento graduale si può anche tentare; a ritroso però.
Iniziando magari con la fusion (Chick Corea, Metheny, Weather Report, ecc) per poi esplorare il mondo dell’hard bop, bypassando, almeno per ora, il free jazz. (mettere sul piatto di botto gli Art Ensemble of Chicago può fare solo del male!
)
Tutto ciò è quello che parecchi lustri fa ho fatto io.
Poi il grande passo: A Love Supreme …si ascolta e ci si abbandona.
Che siate d’accordo o meno, questo è quello che mi è venuto in mente, tanto per dare inizio ad una sezione vergine.
Quando si parla di Prog si intende, nelle maggior parte dei casi, di musica scritta, con regole e partiture precise, dove la spontaneità deve essere limitata, un po’ come nella musica classica. Nel jazz non è così. Ogni componente ha il suo canovaccio, proprio come nella commedia dell’arte: una traccia di base per dare poi sfogo all’improvvisazione in questo caso strumentale.
Ad un tema di introduzione e ad un finale che richiama solitamente il tema iniziale c’è l’improvvisazione. Il jazz è soprattutto questo.
Nel prog no, a parte qualche eccezione nel filone di Canterbury, sempre che di puro prog si possa parlare, vedi Soft Machine, Hatfield and the North, National Health, in parte Caravan eccetera, eccetera.
Più facile per un amante del blues avvicinarsi a questo genere, anche perché la derivazione del jazz è proprio questa, almeno a livello storico.
Può un ascoltatore di prog quindi amare il jazz?
Una certa difficoltà c’è, proprio per la mancanza di predisposizione e di abitudine a questo tipo di ascolto. Ciononostante un avvicinamento graduale si può anche tentare; a ritroso però.
Iniziando magari con la fusion (Chick Corea, Metheny, Weather Report, ecc) per poi esplorare il mondo dell’hard bop, bypassando, almeno per ora, il free jazz. (mettere sul piatto di botto gli Art Ensemble of Chicago può fare solo del male!

Tutto ciò è quello che parecchi lustri fa ho fatto io.
Poi il grande passo: A Love Supreme …si ascolta e ci si abbandona.
Che siate d’accordo o meno, questo è quello che mi è venuto in mente, tanto per dare inizio ad una sezione vergine.
