John Coltrane, My Favorite Things

Una sezione dedicata a tutti gli appassionati del Jazz, nato nei primissimi anni del '900 negli Stati Uniti ma che influenza tutt'ora i più grandi musicisti.

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leoravera
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John Coltrane, My Favorite Things

Messaggio da leoravera »

Ho trascritto ed analizzato "My Favorite Things" di John Coltrane, un disco intenso e bellissimo in perfetto equilibrio tra innovazione e tradizione. Spero che la mia guida possa essere un utile approfondimento per appassionati e musicisti, o per lo meno un suggerimento di ascolto per chi non conoscesse questo album meraviglioso.
Ringrazio in anticipo chi vorrà leggere e commentare, buona estate a tutti.

Leo Ravera

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Ultima modifica di leoravera il 20/02/2016, 23:23, modificato 1 volta in totale.
2Old2Rock2Young2Die
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Re: John Coltrane, My Favorite Things

Messaggio da 2Old2Rock2Young2Die »

Wow, analisi molto competente di un classico di quel grande sodalizio creativo e spirituale che è stato il quartetto coltraniano. Da incorniciare quello che scrivi sul brano omonimo:
Questo brano è un esempio formidabile di interplay, la capacità dei quattro musicisti di comprendersi in ogni momento è notevole dal punto di vista musicale e formale, ma raggiunge un obiettivo assai più alto, quello di un'autentica comunione spirituale ed artistica che ha dato vita ad un'esecuzione unica, insuperabile ed irripetibile.
[suddito]
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roberto63
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Re: John Coltrane, My Favorite Things

Messaggio da roberto63 »

L'analisi di Leo Ravera è così ben dettagliata che nonostante io sia un mero appassionato privo di conoscenze musicali, sono riuscito a comprenderla perlomeno nelle sue linee essenziali. :)

Curioso, come in questo caposaldo dell'opera coltraniana non suonasse ancora Jimmy Garrison, il contrabbassista che entrò a far parte del quartetto e rimase con Coltrane dopo l'abbandono di Tyner e Jones fino all'ultima sua incisione live del 23 aprile 1967.

Due brevi considerazioni che esulano dal fantastico album in questione.

La prima riguarda Eric Dolphy che suonò per alcune fasi con il quartetto qualche tempo dopo dando vita ad un breve e meraviglioso sodalizio. Ricordo due eccellenti versioni in quintetto di My Favorite Things e Impressions a Stoccolma nel '61 da brividi edite su Affinity!
Ora, alla luce di quanto i due maestri seppero produrre nelle proprie carriere soliste, vi è tuttavia un certo rammarico per quanto avrebbero saputo realizzare insieme date le ottime capacità improvvisative e il perfetto affiatamento mostrato desumibile da quel poco che è stato pubblicato di comune.

La seconda riguarda il ruolo ricoperto dal pianista, compositore, direttore d'orchestra George Russell nell'elaborazione del linguaggio modale nell'ambito del jazz moderno ancne in rapporto a Bill Evans, Miles Davis ecc...

Mi piacerebbe conoscere il parere di Leo. :)
Teorema di Stockmayer:
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Se sembra difficile, è fottutamente impossibile.
elio77
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Re: John Coltrane, My Favorite Things

Messaggio da elio77 »

a prescindere dall'analisi tecnica che,vista la mia cultura mi spiazza un po' :D ,la recensione è fatta veramente benissimo e come semplice ascoltatore devo dire che è un disco veramente bellissimo,innovativo ma ancora godibilissimo,equilibrato ed emozionante. Ancora complimenti a Coltrane e a te per la bella super recensione
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leoravera
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Re: John Coltrane, My Favorite Things

Messaggio da leoravera »

roberto63 ha scritto:
Due brevi considerazioni che esulano dal fantastico album in questione...

...Mi piacerebbe conoscere il parere di Leo. :)
Grazie Roberto, purtroppo non sono affatto competente in materia, I miei ascolti si rivolgono soprattutto al periodo swing e bebop, non ho ancora approfondito a dovere l'opera di Eric Dolphy e George Russel, non abbastanza per darne un giudizio circostanziato.
Di George Russel lessi qualche anno fa "Lydian cromatic concept of tonal organization", un interessante saggio che si propone di mettere al centro del sistema tonale la dominante 7#11, in quanto più vicina alla scala naturale.

Questo saggio, insieme alla pregevole musica di questi artisti, testimonia come dietro sperimentazioni ardite e free jazz ci siano una prolungata ricerca musicale ed una robusta conoscenza del repertorio precedente, a differenza di alcuni penosi musicisti contemporanei che si danno al free jazz perchè non hanno la pazienza e l'interesse per approfondire ed imparare il jazz precedente.

Malgrado sia decisamente difficile, la musica di Dolphy e Russel ha il potere di incantare immediatamente anche chi non conosce bene le premesse artistiche e storiche del loro lavoro. Almeno è ciò che accade a me, quando mi avvicino alla loro opera.
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