L'analisi di Leo Ravera è così ben dettagliata che nonostante io sia un mero appassionato privo di conoscenze musicali, sono riuscito a comprenderla perlomeno nelle sue linee essenziali.
Curioso, come in questo caposaldo dell'opera coltraniana non suonasse ancora Jimmy Garrison, il contrabbassista che entrò a far parte del quartetto e rimase con Coltrane dopo l'abbandono di Tyner e Jones fino all'ultima sua incisione live del 23 aprile 1967.
Due brevi considerazioni che esulano dal fantastico album in questione.
La prima riguarda Eric Dolphy che suonò per alcune fasi con il quartetto qualche tempo dopo dando vita ad un breve e meraviglioso sodalizio. Ricordo due eccellenti versioni in quintetto di
My Favorite Things e
Impressions a Stoccolma nel '61 da brividi edite su
Affinity!
Ora, alla luce di quanto i due maestri seppero produrre nelle proprie carriere soliste, vi è tuttavia un certo rammarico per quanto avrebbero saputo realizzare insieme date le ottime capacità improvvisative e il perfetto affiatamento mostrato desumibile da quel poco che è stato pubblicato di comune.
La seconda riguarda il ruolo ricoperto dal pianista, compositore, direttore d'orchestra George Russell nell'elaborazione del linguaggio modale nell'ambito del jazz moderno ancne in rapporto a Bill Evans, Miles Davis ecc...
Mi piacerebbe conoscere il parere di Leo.